Berrettini, avanti un altro inseguendo il re Federer (Cocchi, Azzolini, Grilli, Clerici)

Rassegna stampa

Berrettini, avanti un altro inseguendo il re Federer (Cocchi, Azzolini, Grilli, Clerici)

La rassegna stampa del 22 giugno 2019

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Berrettini, avanti un altro inseguendo il re Federer (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Come si diverte questo Matteo Berrettini erbivoro. Ama il veloce, vince sulla terra e, adesso, dopo il primo titolo sui prati di Stoccarda, conquista a Halle la prima semifinale di un Atp 500 in carriera. Ieri, nei quarti di finale, ha spedito a casa (per la terza volta) Karen Khachanov in due set e oggi, in semifinale, lo aspetta David Goffin. Il folletto belga ha battuto un Sascha Zverev ancora in fase di ricostruzione dopo la lunga crisi che l’ha colpito da inizio stagione. Ora nel suo box è tornato anche Ivan Lendl pronto a risollevare il suo giocatore in prospettiva Wimbledon. Pericoli. Non sarà un match facile quello di Matteo contro il belga, veloce in risposta e pericoloso con le sue traiettorie incrociate, ma il romano ha già dimostrato di farsi trovare pronto nei momenti che contano: «E’ quello su cui stiamo lavorando e che per me fa davvero la differenza – ha detto Vincenzo Santopadre, coach di Berrettini fin da quando era un bambino -. A questo livello è ovvio che ogni rivale è pericoloso e ha qualità che possono metterti in difficoltà, ma Matteo sa bene che per prima cosa deve essere pronto lui. Se tu scendi in campo preparato e consapevole, allora puoi giocartela». Se l’è giocata eccome Berrettini: sesta semifinale in carriera, la quarta nelle ultime otto settimane, nove vittorie su nove sull’erba, compresi i match di Davis. Insomma, un exploit sui prati che pochi avrebbero immaginato: «Per fortuna o purtroppo, Matteo ci sta abituando a continue sorprese in positivo – spiega ancora Santopadre -. Su questa superficie si è trovato benissimo fin dai match a Calcutta in Davis. […] Un atteggiamento completamente diverso rispetto allo scorso anno quando aveva giocato qualche partita sull’erba prima di Wimbledon». Salta Eastbourne. Intanto, proprio in vista dell’appuntamento Slam, Berrettini si è cancellato dal torneo di Eastbourne della settimana prossima: «Bisogna preservare le energie, diciamo che l’erba adesso l’abbiamo testata, a Wimbledon bisogna arrivare freschi». Intanto, dopo la vittoria in tre set contro Bautista Agut, Roger Federer, all’inseguimento della vittoria numero 10 sull’erba tedesca, conquista la semifinale contro Herbert. Il francese ieri ha superato il campione in carica Borna Coric vittima di un infortunio alla schiena. All’orizzonte, per Berrettini, il sogno di una finale sull’erba con Roger: «Sì, sogno è la parola esatta – conclude Santopadre -. Non si sono mai incontrati, sarebbe un privilegio, un premio per tutti i bei risultati fatti fino a ora».

Matteo, erba d’oro (Massimo Grilli, Il Corriere dello Sport)

Koshmar: Incubo, nella lingua russa. E un autentico koshmar è diventato il sempre più strabiliante Berrettini per il moscovita Karen Khachanov, testa di serie numero 3 di Halle e 9 del mondo, battuto per la terza volta quest’anno, la seconda sull’erba tedesca in due settimane. Dopo aver dominato l’avversario negli ottavi di Stoccarda (6-4 6-2 il punteggio) ieri Matteo si è praticamente ripetuto (6-2 7-6): dopo un primo set mai in discussione, nella seconda partita c’è stato maggiore equilibrio, per merito soprattutto di Khachanov che ha alzato molto il suo livello di gioco. il ragazzo romano però non è stato mai in serio pericolo, se sorvoliamo sulle tre palle break annullate nel secondo gioco, trovando regolarmente nei momenti difficili la giusta contromossa, fosse l’ennesima bastonata da fondocampo o la smorzata di dritto che ormai esegue a memoria. Nel tie break, poi, ha sfruttato l’unico passaggio a vuoto del russo per chiudere sotto rete con un paio di ricami da Top Ten. Ecco, è difficile non esagerare con le iperboli nel descrivere il momento di questo ragazzo romano di 23 anni che si disimpegna sempre meglio sull’erba – 9 partite vinte su 9 nel 2019 su questa superficie – che nelle ultime due settimane ha perso solo un set e che nell’anno vanta un interessante bottino di 31 vittorie in 43 partite (percentuale del 72%; Fognini, il nostro numero 1, ha vinto il 59% delle gare disputate). «Sono soddisfatto perché nel secondo set Khachanov era rientrato bene in partita – ha detto Berrettini, alla prima semifinale in un Atp 500 – ma non ho mollato e ho portato a casa la partita Come mi sento? Tutto sta andando molto veloce, devo ancora rendermi bene conto di cosa sta succedendo, ma credo di star giocando un buon tennis, e giocare sull’erba mi piace tanto…». QUINTA FINALE. Berrettini – 22° nel ranking ma già sicuro della 20° posizione – insegue oggi la sua quinta finale stagionale (ha vinto il Challenger di Phoenix, poi a Budapest e Stoccarda, mentre a Monaco di Baviera è stato respinto dal cileno Garin) ma non sarà facile sbarazzarsi di Goffin (prima sfida tra i due), che ieri ha rimontato da 2-4 nel terzo set contro il sempre altalenante Z.verev. Il belga, numero 33 del mondo ma 7° due anni fa, è in ripresa dopo una serie di infortuni anche bizzarri: nel 2017, al Roland Garros, si storse una caviglia, impigliatasi nel telone a bordo campo in un tentativo di recupero, mentre nel 2018 ha perso un mese di gioco dopo che a Marsiglia una pallina lo aveva ferito all’occhio in seguito ad una volée steccata. Questa di Halle è la terza semifinale stagionale (dopo Marsiglia ed Estoril) e non arriva in finale dal Masters del 2017, il picco della sua carriera. […] David, 28 anni, risponde bene, è agile e veloce. Insomma, sarà un test probante per il Berrettini ispirato di questi giorni. Certo, all’orizzonte c’è la finale con un certo Federer.

Matteo sogna Roger (Daniele Azzolini, Tuttosport)

E’ diventato oggetto di studio, Matteo Berrettini. Non ancora per i colpi che porta, per i gesti che fa, per ciò che dice, e nemmeno per i salti sulla panca cui obbliga coach Rianna, che in queste giornate di Halle sta dando il cambio a Vincenzo Santopadre e segue Beretta con lo stesso trasporto di un vecchio rockettaro quando gli Ac/Dc indicano l’autostrada più sulfurea. Certe attenzioni, forse, verranno più in là, quando la rincorsa di Matteo ai piani alti sarà conclusa. […] L’Atp fa sapere, a titolo di esempio, che Matteo è fra i 13 tennisti che negli ultimi 20 anni hanno chiuso un torneo senza cedere il servizio. In tredici per ventuno occasioni in cui l’evento ha preso forma, con Federer a quattro tornei confezionati senza concessioni e Matteo secondo (non da solo) con due tornei, Gstaad 2018 e Stoccarda quest’anno. A questi si aggiungono altri dati significativi, più personali e non meno incoraggianti. La seconda vittoria su un Top Ten, i 69 servizi consecutivi incamerati prima del break comminato da Seppi nel derby poi risolto al terzo set, e una posizione molto vicina alla Top 20, seppure minacciata dall’incalzare di Auger-Aliassime (ieri vittorioso al Queen’s su Tsitsipas) e David Goflin, che ad Halle ha risposto eliminando Sascha Zverev, il quale quando la potenza non basta più, non sa quale strada intraprendere. I due Top Ten, si diceva. In realtà uno, battuto due volte, Karen Khachanov, alla terza disavventura con Berrettini (la prima, se non altro, in posizione esterna ai primi 10). Fatti i conti, si potrebbe dire che il russo abbia un problema con Berrettini, oppure, più semplicemente, che sia meno forte. Non è il caso di generalizzare, ma se vogliamo restare all’erba, allora sì, la risposta è affermativa, Karen è meno forte, anche perché continua ad affrontarla come fosse una superficie come le altre. Discorso inverso per Beretta, che match dopo match mostra un’attitudine sempre più vicina agli standard richiesti dai prati tennistici, usa benissimo i due colpi principali del repertorio, e non si fa stuzzicare troppo sul rovescio, che a tratti usa d’attesa, altre in approccio per andare a rete, e il più delle volte per confezionare smorzate a misura d’avversario. Con questi presupposti, Khachanov, pure sospinto dalla volontà di vendicare l’offesa di Stoccarda, non poteva pensare di avere strada facile. In più se l’è complicata non poco con un lento ingresso in partita, subito tramutato da Matteo in un violento 4-0. Nel secondo set i due si sono concessi qualche regalo. Palla break per l’italiano nel primo game, tre per il russo nel secondo, due per Berrettini nel terzo e nel quinto e una per Khachanov nell’ottavo. Tutte disinnescate, in un’atmosfera sempre più calda. Tutto risolto dal tie break, che Matteo ha giocato senza errori. Subito 3-1, ha retto all’urto disperato di Khachanov portandosi 5-2 per chiudere 7-4. Ora Goffin (ore 13, diretta Supertennis TV), studioso dei rivali mai incontrato prima, mentre dall’altra Federer ha faticato il suo per la nona vittoria (a zero) su BautistaAgut, sollevato però dal non doversi misurare contro Coric (ritiratosi contro Herbert) che lo superò ad Halle in finale 2018. L’idea di una finale Federer-Berrettini comincia a prendere forma.

Berrettini a rete ricorda Panatta e Budge Patty (Gianni Clerici, La Repubblica)

Il ragazzo che vorrebbe diventare giornalista sportivo, al quale suggerisco spesso buoni scrittori che si occupano di sport (l’ultimo è Martin Amis), nel momento in cui Matteo Berrettini batte Karen Khachanov sull’erba di Halle mi domanda, «ma lei, dottore, non ha mai visto un giocatore simile?». Per una volta m’illumina la mente il ricordo di Budge Patty, quando assistetti alla finale di Wimbledon del 1950 e vidi l’amico battervi un altro amico, Jaroslav Drobny. […] Ai tornei Budge si allenava sempre tre o quattro ore, e avendo trovato in me un ragazzo servizievole capace di tirargli decine di palle mentre volleava , mi assuefaceva ad un ruolo di allenatore, perché il termine coach ancora non era diffuso, se non negli Usa. Berrettini mi ricorda Patty, per quel suo diritto abbreviato – ma non impugnato tanto chiuso – per un colpo dal gesto limitato, un rovescio brevissimo e un conseguente drop. Budge potrebbe essere suo nonno, è nato nel 1924 e vinse solo nel ’50 realizzando una doppietta col Roland Garros. Berrettini non ha ancora la sua manina a rete, ma, nel terzo successo su Khachanov (già battuto a Stoccarda e Sofia) ha dimostrato grandi capacità offensive. A parte il primo set, la difficoltà maggiore è stata sul 2-5 nel tie-break del secondo. È solo il secondo italiano, dopo Panatta, che vada a rete istintivamente, Berrettini. Così, come l’americano di Parigi – dove era andato ad abitare – Budge Patty, non è difficile chiamare Berrettini Panatta jr augurandogli altrettanta fortuna, certo maggiore di quella che aveva avuto il fratello di Adriano, Claudio.

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