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Wimbledon rifiuta lo slot olimpico e va verso la cancellazione?

I dirigenti dello Slam londinese avrebbero deciso di mantenere le date consuete, anche a costo della cancellazione, che pare ormai probabile

Last updated: 14/05/2020 13:17
By Tommaso Villa Published 26/03/2020
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8 Min Read


📣 Guarda il torneo ATP di Shanghai in streaming su NOW! 

Dopo il Roland Garros, il piano inclinato che è diventata la stagione tennistica non poteva che far scivolare la pallina dei rinvii verso Wimbledon, ma, mentre lo Slam francese ha deciso di muoversi d’anticipo precettando le due settimane di fine settembre, il più antico torneo del mondo non ha ancora voluto prendere una decisione definitiva (in maniera non dissimile dal suo governo), ma le cose potrebbero cambiare presto.

Negli ultimi giorni, diverse fonti hanno riportato che dei paletti decisionali sono stati fissati, e che settimana prossima avrà luogo una riunione di emergenza del Board of Governors del torneo, come confermato ufficialmente dal torneo:

The AELTC is continuing a detailed evaluation of all scenarios for The Championships 2020, including postponement and cancellation, as a result of the COVID-19 outbreak.https://t.co/BjlPiyuTtf

— Wimbledon (@Wimbledon) March 25, 2020

Il Daily Mail, in particolare, ha scritto ieri che l’All England Club vuole giocare il torneo nelle date prestabilite (inizio il 29 giugno), e che qualora non fosse possibile il torneo verrebbe semplicemente cancellato. Addirittura, il quotidiano inglese sostiene, da fonti interne, che Wimbledon avrebbe rifiutato il periodo olimpico (ormai vacante) come nuova data, ritenendolo troppo vicino a quella originale e quindi non sufficiente per organizzare lo spostamento – questa voce è stata confermata anche da Jon Wertheim di Sports Illustrated su Tennis Channel.

La finestra per il torneo è in ogni caso ridotta da quella stessa superficie che ha contribuito ad alimentarne la leggenda: da metà agosto in poi, infatti, le ore di luce non sono più sufficienti per l’erba. Inoltre, l’organizzazione ha già fatto sapere che l’opzione porte chiuse è già stata formalmente scartata, riducendo la questione al punto di cui sopra – o le solite date o niente.

L’articolo riporta anche delle discrasie all’interno dell’ATP sull’approccio da assumere nei confronti delle potenziali cancellazioni che potrebbero avvenire (anche se, diciamocelo, il Daily Mail è poco sopra un tabloid, quindi i fatti riportati vanno presi con le pinze; tuttavia Mike Dickson è un giornalista quasi sempre ben informato e di riconosciuta credibilità): da un lato, Djokovic propenderebbe per uno stop deciso e intransigente, mentre Federer e Nadal sarebbero i cunctatores della situazione, predicando pazienza su quelli che potrebbero essere gli sviluppi della pandemia.

Ma quali sono le ragioni di questo temporeggiamento? In primis, c’è l’aspetto governativo: Boris Johnson ha affermato in più occasioni che in 12 settimane le cose potrebbero iniziare a tornare alla normalità, e questa scadenza cadrebbe esattamente all’inizio della stagione su erba. Il problema, in quest’ottica, è che i preparativi per Wimbledon iniziano a fine aprile, e, come si è visto per i lavori di costruzione del tetto a Parigi, se la fase organizzativa venisse impossibilitata dal lockdown, non ci sarebbe la possibilità di rispettare le scadenze, e questo inevitabilmente affosserebbe l’evento – questo significa anche che una decisione inevitabilmente andrà presa entro un mese.

Un’altra ragione riguarda le TV, in particolare quelle americane: un insider anonimo ha detto al Guardian che il ciclo delle varie stagioni sportive americane (football in autunno e inizio inverno, college basketball a marzo, playoff NBA da aprile a giugno, ecc) rende molto difficile spostare un evento, perché il Djenga rischierebbe di crollare con eccessive sovrapposizioni – va da sé che senza televisioni il torneo sarebbe destinato a perdere soldi, quindi tanto varrebbe non farlo.

Novak Djokovic e Roger Federer – Wimbledon 2019 (via Twitter, @ATP_Tour)

Un terzo motivo è logistico: l’AELTC ha acquistato un golf club limitrofo a fine 2018, quadruplicando l’area dei propri terreni, e, come riporta il Guardian, la sospensione della preparazione del torneo consentirebbe di concentrare i propri sforzi (ancorché solo sulla carta per via delle restrizioni sui cantieri) sull’utilizzo dei 73 acri.

Un corollario dell’ultimo punto è che la dirigenza di Wimbledon ritenga che ci sia più da perderci a fare l’elefante in cristalleria come i loro dirimpettai francesi. Da un lato, l’impatto economico non sarebbe così catastrofico, e, pur soffrendo, il torneo potrebbe probabilmente permettersi di saltare un giro: Forbes lo classificava come lo Slam con più utili netti nel 2014, e questo prima della costruzione del museo, della trasformazione del Court N.1, e dell’espansione ancora in corso, e come il secondo per utili lordi dopo lo US Open nel 2017, mentre il Roland Garros, schiacciato in 21 acri di terreni, è sempre il più in difficoltà in termini economici, e ci ha messo anni a decidersi prima di costruire un tetto, nonostante sia per certi versi lo Slam con il maggior bisogno di coperture.

L’articolo sopracitato di Forbes, infine, ci aiuta a chiosare sull’ultimo punto, e cioè quello riguardante il branding di Wimbledon. Quel pezzo (in maniera tipicamente liberista) si interroga sul perché il torneo dello Slam con i maggiori incassi da diritti televisivi non aumenti i prezzi dei biglietti per colmare il gap con Flushing Meadows, e si risponde, o meglio gli rispondono i dirigenti dell’AELTC, che per il torneo è molto più rilevante mantenere sponsor di lungo corso (vedi Slazenger, Rolex, ecc) e tradizioni, in quella che viene definita la loro “clean court philosophy“, vale a dire la mitopoiesi con cui hanno occupato l’immaginario popolare, rendendo il torneo sostanzialmente immortale e più forte delle oscillazioni del momento.

E in effetti, quale torneo ha una dialettica, per non dire una mitopoiesi, superiore a quella di Wimbledon? Il vestirsi di bianco, fragole e panna, Henman Hill, e chi più ne ha più ne metta, Wimbledon vuole sempre essere la reificazione del concetto espresso dalla pubblicità della Rolex, “It doesn’t tell time, it tells history“, e questo è un aspetto che è passato fra i giocatori, perché, se andiamo a vedere una lista delle più grandi partite di sempre, Wimbledon ne avrà viste la maggior parte, segno che i giocatori sentono di dover esprimere il proprio meglio lì – e anche segno del fatto che se è più difficile breakkarsi (come succede sull’erba) si ballerà su pochi punti e la partita diventerà più epica.

Ecco perché si può pensare che alla base delle decisioni del Board mantenere la data a costo della cancellazione ci possa anche essere l’ennesima affermazione della propria eccezionalità percepita, anche se altre ragioni più materiali sono altrettanto importanti, e anche se potremmo essere tutti smentiti la settimana prossima – non sarebbe la più grande sorpresa dell’ultimo periodo.


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