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Personaggi

Alexander Bublik, il funambolo alla ricerca di un equilibrio (im)possibile

L'unicità del kazako con un occhio ai suoi modelli di riferimento: Kyrgios e Monfils

Last updated: 22/08/2020 9:04
By Michelangelo Sottili Published 18/08/2020
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6 Min Read
Alexander Bublik - Chengdu 2019 (foto via Twitter, @ChengduOpen)


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A modo suo, Alexander Bublik è un tennista prevedibile. No, non nel senso che adotta sempre i soliti schemi magari anche noiosi, bensì perché possiamo prevedere che ogni suo incontro riserverà sorprese. Come ci sorprende l’evoluzione nell’approccio al tennis che emerge dall’intervista rilasciata ad AtpTour.com; un lieve cambio di mentalità che, senza soffocare la sua natura, potrebbe riservargli soddisfazioni in termini di risultati. Senza dubbio, questo ventitreenne kazako nato in Russia può essere annoverato tra i giocatori atipici dell’ATP, uno di quelli che si distinguono per la loro unicità. Allenato dal padre Stanislav e, ripresa del tennis permettendo, alla ricerca del suo primo titolo, l’anno scorso Alexander ha raggiunto la sua prima finale sull’erba di Newport che ha poi bissato sul duro di Chengdu.

“Sono un giocatore d’azzardo” racconta. “Mi piace la sensazione quando le probabilità sono 50 e 50. Quando tiro a tutta una seconda di servizio sulla parità, sento la paura, sento il gioco, mi sento bene. Quando piazzo un ace di seconda nel tie-break del terzo sul 5 pari, ho quella scarica di adrenalina in corpo ed è grandioso. Questo è il tipo di persona che sono”.

Se una determinata situazione tattica “consiglia” una certa scelta – che è poi quella di (almeno) nove tennisti su dieci – il nostro fa il contrario. Perché è fatto così e la locuzione “giocala in sicurezza” non ha molto senso per lui. Sulle seconde di servizio da tirare come prime in allenamento è già stato abbondantemente chiaro nella sua dichiarazione di apertura, ma nel suo arsenale ci sono anche le smorzate toccate da zone del campo improbabili, i servizi da sotto e altro ancora. Come il pallonetto vincente in tweener frontale contro Viktor Troicki a Newport: certo, trovandosi un po’ in anticipo rispetto alla palla, avrebbe potuto (dovuto?) rallentare la corsa e posizionarsi per il passante di dritto, ma perché imbrigliare la creatività? Senza contare la spinta che si riceve da un colpo del genere: “Dopo questo numero, non posso perdere” potrebbe aver giustamente pensato.

L’attuale n. 51 del ranking con un best al 47° posto poco prima del congelamento prosegue raccontando che “se qualcosa è noioso, abbi il coraggio di tirare la seconda sul 5 pari e farcela. Qualcuno può dire che è stupido. Sì, è stupido. Ma ho le palle per farlo. A volte funziona, a volte no, ma questo è il modo in cui voglio giocare”. Inevitabilmente, talvolta capita che vada proprio male. E ripetutamente. Se lanci 15 volte una moneta, nulla vieta che esca croce altrettante volte, numero non casuale bensì quello delle sue sconfitte all’esordio nel 2019. Diverso è invece quanto successo nella semifinale di doppio all’ultimo Australian Open contro Ram/Salisbury, che avrebbero poi alzato il trofeo: avanti 3-1 nel set decisivo in coppia con Mikhail Kukushkin, per due volte Alexander ha perso il servizio con un numero spropositato di doppi falli non per aver rischiato come ama fare, anzi, per essersi “bloccato” intravedendo il prestigioso traguardo. In quell’occasione, è purtroppo evaporato il fondamento del tennis di Bublik: la ricerca di una felice via di mezzo tra l’audacia e l’indifferenza.

“Se sai unire la regolarità al buon talento e colpire qualche colpo fantastico con giocate ad alto rischio, allora diventi un buon giocatore” dice. Non può mancare il riferimento a Nick Kyrgios, ma anche a Gael Monfils, “solido, ma una volta ogni tanto ti sorprende e magari lo fa sul 6 pari al tie-break”. Vincere più incontri lasciando sbalorditi gli avversari: un obiettivo ambizioso. Per ottenerlo e diventare un top 20 o, chissà, un top 10, nei mesi di stop del circuito il kazako ha lavorato particolarmente sulla seconda di servizio perché “non puoi forzarla ogni volta”. Durante il lockdown, ha avuto modo di riflettere e ha capito di non voler essere uno che brilla per un solo match e per riuscirci deve essere più solido. Mentre si aspetta al 100% un nuovo vincitore Slam, più probabilmente a New York, “immaginando che Nadal si concentrerà sul Roland Garros”, è ormai giunto per lui il momento del suo ritorno in campo con le qualificazioni del Western&Southern Open.

“Non sarò nervoso” assicura, “però altri saranno parecchio tesi all’inizio”. Ma Bublik conferma la sua ricetta: “L’importante è avere il giusto equilibrio tra l’essere super-rilassati e super-tesi”. Vedremo se saprà darci un motivo in più – non che ce ne sia assoluto bisogno – per goderci l’ormai prossima ripartenza dell’agognato Tour maggiore.


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