Intervista a Sinner: "Il mio tennis, il Milan, le ragazze" (Piccardi). Turbo Thiem, la vendetta, ora è in pole (Crivelli). Intervista a Bertolucci: "Sinner come Tomba e Rossi" (Mastroluca)

Rassegna stampa

Intervista a Sinner: “Il mio tennis, il Milan, le ragazze” (Piccardi). Turbo Thiem, la vendetta, ora è in pole (Crivelli). Intervista a Bertolucci: “Sinner come Tomba e Rossi” (Mastroluca)

La rassegna stampa di lunedì 16 novembre 2020

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Intervista a Jannik Sinner: “Il mio tennis, il Milan, le ragazze” (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Adesso che la palla di neve rotolata giù dall’Alto Adige è diventata una stella, sul carro dei vincitori non c’è più posto. Tutti avevano pronosticato Jannik Sinner da Sesto Pusteria, classe 2001, vincitore del primo titolo Atp (sabato a Sofia) a 19 anni, 2 mesi e 29 giorni, molti ne avevano annusato le qualità, parecchi sapevano. La verita è che all’intuizione di Massimo Sartori, che ne aveva intercettato il talento a Ortisei, nel 2016 credette solo Riccardo Piatti, coach navigato (lago di Como), al punto da invitare lo spilungone ad allenarsi a Bordighera, convincendolo a dimenticarsi lo slalom gigante. II resto l’hanno fatto talento, lavoro, destino E Jannik, che vedendo sfilare via l’ultimo rovescio di Pospisil, ha festeggiato come Buster Keaton, ma rosso di capelli. Tennis ed emozioni, tutto a modo suo.

Sinner la prima vittoria nel circuito è stata come l’aveva immaginata? «Mi sono emozionato, sono umano, anche se le emozioni le vivo più dentro che fuori. Bello, poi ho pensato: ora comincia il lavoro duro».

Perché era così corrucciato mentre aspettava la coppa? «Eh… stavo cercando di capire perché avevo perso il secondo set della finale».

Ci è riuscito? «Si: mi sono messo a pensare troppo e Pospisil è salito di livello. Dopo una partita, vinta o persa, mi piace comprendere quello che e successo. Solo con Medvedev, a Marsiglia, non ho capito: a un certo punto ha cambiato gioco e io non mi sono accorto. Strano, perché di solito in campo sono sveglio. Sono andato a dormire senza sapere. Non ho chiuso occhio».

Con II titolo di Sofia è fluito un anno felice per lei nonostante la pandemia, iniziato al n.78 e concluso al n.37 del ranking. Si dà un bel voto? «E stata una stagione stranissima: avrei voluto giocare di più, imparare di più e più velocemente». Imparare cosa? «Come stare dentro il circuito, come allenarmi con i big, come non sprecare energie inutili. Ora mi sento più a mio agio, l’anno scorso no».

Apprezza tutto della vita del tennista professionista? «Le interviste poco». Beh, grazie: acceleriamo? «No, no, so che le devo fare. Anche stare nella bolla con i tamponi e le quarantene è dura. Ma va fatto. Punto».

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Riccardo Piatti cos’è per lei, a questo punto? «Un allenatore, ma anche un grande amico. Parliamo tutto il tempo di tennis: durante il lockdown, con suo figlio Rocco e la moglie Gaia, ci siamo abbuffati di match alla televisione. Un secondo padre? Si, ci può stare».

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Piatti dice che la sua forma è la normalità. Ma cosa signiflca «normale»? «Che sono un tipo semplice: non mi faccio tanti problemi né perdo tempo con cose che non mi interessano». E cosa le interessa? «Mi diverto sui go-kart, a tirare calci a un pallone. Tifo Milan perché a Bordighera il mio primo compagno di casa era un milanista sfegatato. Mi sono appassionato».

Le ragazze, ora che è noto, hanno iniziato a tarie II filo? (lungo silenzio) «Si». E una buona notizia? (lungo silenzio) «Si». Non è che fugge con una sventola e perde il tocco magico sulla palla? «No, tranquilla. So bene quai è la mia priorità». Cos’ha Rafa Nadal, affrontato nel quarti a Parigi, più degli altri? «È superiore di testa. Tira pesante come tutti però capi sce i momenti, sa esattamente cosa deve fare, come e quando. E un’altra cosa». E a lei cosa manca per arrivare lì? «I colpi, la testa, il fisico. Tutto. Il dottore ha detto che non ho ancora finito di crescere e svilupparmi. Che so tirare il dritto e il rovescio lo sappiamo, però devo migliorare in ogni aspetto, assestarmi fisicamente. Ci vuole tempo. Parte tutto dalla mente». Sasha Zverev non le sta simpatico, confessi. «Perché me lo chiede?». Perché a Parigi, quando ha vinto lei, e Colonia, quando ha vinto lui, facevate scintille. «Ha vinto più di me, ha più esperienza, lo rispetto però quello che ha detto al Roland Garros per spiegare la sua sconfitta è un controsenso: aveva la febbre ma nel terzo e quarto set correva più di prima? Boh. Questi discorsi Nadal e Federer non li fanno».

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Turbo Thiem, la vendetta: ora è in pole (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La vittoria non è mai totale, la sconfitta non è mai definitiva: più che una guerra, è semplicemente il Masters. Dove la formula a gironi, anacronistica ma sempre affascinante, ti permette di risalire sulla giostra anche se ti hanno buttato giù al giro iniziale. Lo sa bene Thiem, alla quinta partecipazione consecutiva,

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Thiem aveva compiuto la sua missione alle cinque della sera. Con il dolce retrogusto della vendetta: l’amico Titsiatpas lo aveva battuto nella finale di un anno fa, impedendogli dl assurgere a Maestro dopo che l’austriaco si era sbarazzato di Djokovic, Federer e del campione uscente Zverev.

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Entrambi sono arrivati a Londra dopo qualche settimana dl grigiore causa infortuni e stanchezza, e alla fine Thiem l’ha spuntata perdi un paio di soluzioni di gran classe nel tie break del primo set, la paziente ragnatela da fondo campo,il micidiale servizio slice da destra alla fine hanno scardinato la rese dei greco, comunque to risalita. Dunque, Dominic si mette in pole almeno per un posto in semifinale.

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Tra l’altro l’austriaco è ancora in corsa per sorpassare proprio Nadal al numero 2 dei ranking, purché vinca il torneo e al tempo stesso il maiorchino non vinca più una partita: un’impresa quasi impossibile, indubbiamente, ma che gli regalerebbe un posto che dal 2005 è occupato solamente dal Fab Four (Federer, Rafa, Nole e Murray).

[…] Dopo la vittoria agli Us Open e l’eliminazione al quarti al Roland Garros, il numero 3 del mondo ha giocato solo un torneo sul veloce indoor, nella sua Vienna, dove ha sbattuto contro Rublev alla terza partita, prima di saltare Bercy per un problema (risolto) al piede destro […]

“Dopo íl trionfo di New York ho avvertito la stanchezza soprattutto mentale di 18 mesi tirati al massimo, e i giorni di riposo prima del Masters sono stati importanti per recuperare la forma. Peccato solo per la pizza: sono a dieta stretta, non posso neanche avvicinarmi» . Ma Londra val bene una Margherita.

Intervista a Bertolucci: “Sinner come Tomba e Rossi” (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Per arrivare tra i primi tre del mondo a fine anno, «devi essere da Giro d’Italia, non da Parigi-Roubaix. E Jannik Sinner è attrezzato per il Giro d’Italia». Paolo Bertolucci, che ha vissuto da protagonista il boom del tennis italiano negli anni Settanta, vede un grande futuro per l’azzurro.

Da ex giocatore, cosa ti colpisce di più di Sinner? «Sta in campo come uno che ha già giocato finali Slam o Masters 1000. Si vede che sotto i riflettori sta comodo. Mi piace anche quando la racchetta gli scivola di mano, ha un po’ di italiano da questo punto di vista. Tecnicamente, il rovescio è fenomenale. Deve ritoccare qualcosa sul dritto. Migliorerà anche con il servizio e la risposta.

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Nel percorso a Sofia, si sono viste diverse tracce della sua maturità in campo, anche in finale: qual è stato il fattore chiave? «Ero molto interessato alla finale perché, a parte il mancino Mannarino, aveva affrontato avversari che un po’ si somigliavano. Pospisil, invece, è un giocatore molto verticale, che si basa tanto sul servizio. E Jannik ha vinto, pur non giocando il match perfetto. Lui ha bisogno di scambiare, di sentire la palla, di parlarci. Quello che conforta è la classe: il miglior tennis l’ha riservato al tie-break del terzo».

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“Era venuto via dalla montagna da giovane, la mentalità mezza italiana e mezza tedesca per me era una bella garanzia. I racconti di chi gli sta vicino completano il quadro. Sappiamo che è un ragazzo serio, che vuole migliorarsi, non si pone obiettivi immediati e guarda al futuro. Poi se, come sembra, riesce a bruciare le tappe tanto meglio. Però, il predestinato, il campione, il fenomeno è Nadal che vince 13 volte Parigi».

Negli anni ’70, grazie ai risultati del quartetto magico della Nazionale di Coppa Davis, con Panatta, Barazzutti e Zugarelli, hai vissuto una stagione di grande popolarità per il tennis. Sta succedendo qualcosa di paragonabile? «Non ci piove. C’è un sottobosco di appassionati di tennis che poi si erano dati al golf. Ma nel momento in cui viene fuori qualche italiano che ti fa tornare bambino la fiammella si riaccende. Poi quando emerge che ha firmato per Lavazza o Rolex, i genitori diranno: Allora anche mio figlio giocherà a tennis. E i ragazzi vorranno giocare. Come tutti volevano sciare quando c’era Tomba, Sinner, in prospettiva, è il Tomba, il Valentino Rossi della situazione, uno che potrà smuovere le montagne a livello sportivo».

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«Se, facendo le corna, non avrà problemi fisici, se regge tirando questo elastico che è la preparazione atletica, arriva molto, molto, molto in alto. Prima o poi, i tre grandi smetteranno. In una ciassifica ipotetica fra tre-quattro anni vedo Tsitsipas, Zverev, Thiem e Sinner. Forse uno tra Shapovalov e Auger-Aliassime. Però su di loro ho dei dubbi. Già adesso Sinner è più continuo.

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