Eclisse di Djokovic (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
Quando alla vigilia del suo ritorno in campo Novak Djokovic dichiarò di non aspettarsi di essere subito competitivo, augurandosi di ritrovare la forma migliore partita dopo partita, evidentemente aveva fatto male i suoi calcoli. Il primo riguardava se stesso; il secondo il livello di competitività media del circuito con cui sarebbe tornato a misurarsi. La sconfitta subita al primo turno del Masters 1000 di Montecarlo contro Alejandro Davidovich-Fokina in questo senso è stata per lui la classica doccia fredda. Assente da quasi due mesi e con tre sole partite giocate nel 2022, l’immagine offerta dal n.1 del mondo, da tiranno qual era, è al momento più simile a quella di un monarca precario, incerto, sorretto solo dalla classe e dall’orgoglio. Non fosse stato per i tanti acciacchi che li hanno costretti a dare forfait nel Principato, i pretendenti al trono non si sarebbero lasciati sfuggire un’occasione simile. Meno normale che a sfruttarla siano oggi attori marginali del circuito – Vesely a Dubai, lo spagnolo ieri – giocatori che Nole un tempo avrebbe ridotto a sparring partner e die oggi invece se ne tornano a casa con la loro storia da raccontare. Perso subito il servizio al suo primo turno di battuta, Djokovic ha intuito come il rodaggio che lo attendeva sarebbe stato più complicato del previsto. A corto di risposte (in tutti i sensi, visto che chiuderà il match con un modesto 36% di punti ottenuti sulla prima del rivale), il secondo break concesso al suo avversario ha confermato le difficoltà di una giornata tutta in salita. Il terzo era quello che dopo 45 minuti di gioco consegnava il primo set a Dovidovich-Fokina. Gli 80 minuti del secondo set sono stati per Djokovic una rincorsa continua verso qualcosa che sentiva ogni volta avvicinarsi e che lo spagnolo spostava regolarmente un po’ più in là. Davidovich-Fokina è stato bravo a non tremare e non sciupare più del necessario. Come una formica ha costruito il suo gioco costringendo Nole a prolungati scambi puntualmente premiati dagli errori del serbo. Costretto a faticare e a lottare su ogni punto, i vincerti dello spagnolo si sono rivelati delle vere e proprie stilettate per il morale del serbo. Giunti a un tie-break giocato punto a punto, Nole è riuscito a vincere gli ultimi tre portando così la partita al terzo. E’ stato il momento di maggiore sforzo per Nole. Il ruggito con cui ha incamerato il set, chiamando a raccolta il pubblico, è stato il tentativo di ricaricarsi mentalmente per sopperire al logico calo fisico cui l’inattività l’ha costretto. Ma è stato uno sforzo che è durato appena cinque game: perso l’ennesimo servizio, Nole, ancor prima che allo spagnolo, ha finito con l’arrendersi all’evidenza.
Djokovic fatica ed è subito fuori (Roberto Bertellino, Tuttosport)
La sorpresa è maturata dopo 2 ore e 54 minuti di gioco, quando sul Centrale scoccavano le 18.30 e ha portato il nome di Alejandro Davidovich Fokina, spagnolo che ama il rosso ma sa districarsi bene anche su altre superfici. Ieri ha colto il risultato più importante in carriera superando Novak Djokovic, lontano dalla miglior condizione avendo giocato solo 4 match in stagione e in difficoltà con i suoi colpi tradizionali, diritto su tutti. L’iberico ha vinto il prima set, perso il secondo al tie-break dopo essere stato avanti di un break in due occasioni, ma nel terzo ha nuovamente fatto la differenza, dopo aver evitato di essere ripreso sul 2-2. A quel punto Djokovic si è di fatto consegnato al giovane rivale: «Una vittoria speciale per me – ha detto Davidovich Fokina al termine – perché sono un fan di Nole e sono cresciuto guardandolo. Ho iniziato bene, lui non ha tanta fiducia avendo giocato poco. Ce l’ho fatta pensando la sfida punto a punto. Lavoro tanto per rimanere concentrato e alla fine del secondo parziale mi sono detto:… pazienza hai perso solo un set ed il match è ancora aperto». […] Oggi occhi del pubblico puntati in apertura di programma sul match tra Sebastian Korda e Carlos Alcaraz, 18enne murciano che dopo aver vinto a Miami si presenta sulla terra rossa del Principato tra i candidati al titolo.
Sinner: «Mi serviva uno scatto» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Si può, si deve avere coraggio anche a vent’anni. A Jannik Sinner è una dote che non è mai mancata: ha scelto il tennis e non lo sci e quando lo ha fatto ha lasciato casa quand’era ancora un ragazzino. Approdato alla top ten, cioè nel gotha, si è reso conto che gli occorreva qualcos’altro e ha cambiato coach, separandosi da Riccardo Piatti che lo seguiva dal 2014. Dunque, ci ha messo la faccia. E conta più dei risultati che verranno. Jannik, ci racconta la verità sul divorzio da Piatti? «Nessuna verità scabrosa, nessuna sveglia al mattino con la voglia improvvisa di cambiare tutto. Semplicemente, era venuto il momento di prendere una decisione per provare a diventare un giocatore ancora migliore. È stata una scelta unicamente personale, senza influenze esterne, come tutte quelle che ho assunto nella mia vita. C’era l’esigenza di un passo avanti. Quando sei un giocatore professionista, devi tenere conto di tutti gli aspetti. Tecnico, fisico e mentale: conta l’insieme. Io non dimentico i sette anni con Riccardo, dove mi hanno portato. Ma avevo bisogno di uno scatto. E sono convinto che non tutti avrebbero avuto il coraggio di prendere una decisione come la mia».
Dal punto di vista umano, qual è la qualità migliore del nuovo coach Simone Vagnozzi?
Mi capisce al volo. Ci confrontiamo su ogni cosa e quando gli dico cosa mi servirebbe, lui sembra conoscere già la risposta. Ovviamente dobbiamo conoscerci molto più a fondo, ma il nostro rapporto già mi tranquillizza.
Qual è il dettaglio tecnico più difficile da apprendere del nuovo corso?
Su alcune cose stavo già lavorando prima, si tratta di concentrarsi su determinati aspetti. In questo momento, ovviamente, non sento ancora il feeling con le scelte in campo, ma un giorno verrà naturale giocare uno slice di rovescio oppure scendere a rete: sarà domani, tra due mesi o tra un anno, ma arriverà il momento. Fermo restando che io resto un giocatore aggressivo da fondo campo.
Alcaraz ha appena detto che la vostra sarà la rivalità del prossimo decennio.
Purtroppo non possiamo leggere il futuro e ci sono tanti altri giocatori fortissimi. Sicuramente fenomeni come lui li noti a prima vista. Ma è bello che sia arrivato uno come Carlos, protagonisti nuovi danno grandi stimoli. […]
Ma guarda le partite di tennis degli altri?
Sempre. Anche quando ho il televisore acceso, da parte c’è il tablet sintonizzato sul tennis. Mi piace studiare come gli altri giocatori trovano soluzioni per uscire dalle difficoltà.