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Tennis e cittadinanza: fuga per la vittoria

Last updated: 10/08/2014 16:21
By Cesare Alfieri Published 10/08/2014
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5 Min Read

TENNIS – La scelta di Ajla Tomljanovic di cambiare cittadinanza riapre il dibattito su un fenomeno in crescita. Tra ragioni economiche, possibilità di carriera e legami sentimentali. E fa riflettere sulla situazione italiana.

“Giocando per l’Australia, i miei sogni possono diventare realtà”. Così Ajla Tomljanovic, la promettente tennista già croata, ora numero 56 del ranking, ha deciso di cambiare bandiera in vista del prossimo US Open. Una scelta che certo non sarà dispiaciuta al suo coach australiano, in precedenza allenatore di Sam Stosur. Preparata dal suo agente Max Eisenbud che, curando gli interessi di giocatrici come Maria Sharapova e Li Na, ha la capacità di vederci lungo. E che, probabilmente, è risultata essere più semplice visto il rapporto – si dice – non idialliaco tra la giocatrice e la capitana croata di Fed Cup. Al limite, ciò che può sorprendere è la scelta per l’Australia, visto che Ajla vive negli Stati Uniti da quando di anni ne aveva tredici, e lì si è formata tennisticamente. Il supporto logistico e finanziario offerti dalla Federazione Australiana, con le facilities del centro di Brisbane, hanno rappresentato un potente fattore di attrazione. Un approaccio molto diverso da quello adottato dalla Federazione croata,  su cui Ajla dice di non aver mai nutrito molte aspettative – “ciò che ho raggiunto nella mia carriera l’ho raggiunto da sola, ovviamente con l’aiuto della mia famiglia”.

In uno sport oneroso come il tennis, il supporto di una federazione può fare la differenza. In un contesto internazionale di crescente mobilità, gli sportivi non fanno eccezione e possono spostarsi alla ricerca delle migliori opportunità, in ciò talvolta assecondati da precise strategie politiche, o da una legislazione favorevole. Un caso paradigmatico è quello del Kazakistan, approdato nel mondo del tennis che conta con una aggressiva campagna acquisti (generosamente finanziata), soprattutto nei confronti della vicina Russia. Della squadra che è stata quasi capace di battere la Svizzera di Federer e Wawrinka in Coppa Davis, nessun giocatore è autoctono: Kukushkin e Golubev sono nati in Russia ed il doppista Nedovyesov in Ucraina.

Anche in Italia si è molto discusso, soprattutto quando Josefa Idem (nata in Germania ed Italiana per matrimonio) venne nominata Ministro per le Pari Opportunità e lo Sport, di attribuire la cittadinanza italiana agli atleti stranieri distintisi per alti meriti sportivi. Poco o nulla ne è venuto fuori, ma alcune federazioni (ad esempio, l’hockey su prato) hanno riformato i propri regolamenti, riconoscendo lo ius soli per i propri tesserati. In poche parole, la federazione considera italiani a tutti gli effetti i giocatori stranieri nati in Italia. Giocatori a cui, però, è preclusa la nazionale: lo ius soli non è applicato (ancora per quanto?) dallo Stato italiano.

Così, per restare in Italia, il modo più comune per acquisire la cittadinanza è ricostruire l’albero genealogico e dimostrare le origini ‘di sangue’ italiano. Pratica molto diffusa nel calcio (basta pensare a Paletta, Ledesma, Thiago Motta, Amauri…), e talvolta anche nel tennis. Ad esempio, Martin Mulligan, australiano di nascita e italiano di origine (i nonni materni erano emigrati dal Veneto) che, nel 1968 acquisisce la cittadinanza italiana e disputa otto incontri di Coppa Davis. Oppure si può trovare l’anima gemella in Italia, come appunto Josefa Idem, o la campionessa del salto in lungo Fiona May o, più recentemente, la pallavolista cubana Tai Aguero. Per chi arriva, c’è però chi parte. “Amo l’Italia, ma devo pensare al mio futuro” è stata la dichiarazione che ha accompagnato nel 2012 la scelta di Romina Oprandi di optare per il passaporto svizzero (oltre alle opportunità di giocare in Fed Cup, precluse nel fortissimo team italiano). Un paio di anni fa, rumors su un possibile cambio di bandiera si fecero insistenti su Camila Giorgi. Poi, però, arrivò l’accordo con la Federazione Italiana.
Per Romina, la realtà ha forse tradito le aspettive: niente Olimpiadi, e poca Fed Cup. Per Anja, da cui eravamo partiti, si vedrà. Dopo l’annuncio del cambio di cittadinanza, è stata sconfitta due volte al primo turno, a Stanford e alla Rogers Cup. Ma, se son rose, fioriranno. E questo è il senso della scommessa australiana.


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