Si scivola, fermi tutti (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Attenzione, manto scivoloso. Pericolo smottamenti! La segnaletica tennistica subirà dalla Napoli Cup una riscrittura completa. È allo studio una cartellonistica che faccia riferimento ai camosci, per i tornei in zone montane. Il segnale di stop, o di passaggio a livello, per i match proibitivi. E il divieto di sorpasso quando il vantaggio del preferito dal pubblico diventa esiguo. Intanto, il torneo fa i conti con il manto scivoloso, ed è quantomeno curioso come si sia giunti a questo, dopo gli inizi sdrucciolevoli della prima giornata di qualificazioni, con i campi che si sbriciolavano sotto le scarpe dei giocatori. Il pronto recupero di un campo in greenset, rimediato a Firenze e rapidamente montato, aveva spinto il barometro della manifestazione verso il bel tempo fisso, ma anche la nuova superficie ha registrato problematiche tali da decretare la sospensione dell’ultimo match, e una riflessione urgente da parte dell’organizzazione su come portare a termine l’evento. L’aspetto incredibile, infatti, è che il campo non sembra “reggere” l’umidità napoletana, che c’è, ed è inamovibile. […] Basta questo a fermare un torneo? I campi in cemento di New York sorgono tra l’Oceano da una parte, l’Hudson River dall’altra e i laghetti di Flushing Meadows di fianco, ma non soffrono di umidità. Cosa che a Napoli succede al punto da obbligare i giocatori, Moutet e Nardi, a chiedere la sospensione dell’incontro sin dal primo game. Allibito, l’arbitro del match ha pensato che i due si riferissero alle scritte laterali, fatte appena l’altro giorno e non ancora penetrate nel cemento. Ha consigliato di girare al largo, ma quei due insistevano, e con l’andare del tempo è apparso chiaro a tutti che il match si stava trasformando in una prova di pattinaggio artistico, dove l’unica arte accertata era quella di rimanere in piedi. Così, sul 2-2 del primo set è arrivato lo stop. Trentotto minuti e tutti a casa con tante scuse al pubblico. Si riprende domani, se non piove. Se non è troppo umido. E magari ancora in due sedi, come ieri, quella di Pozzuoli e quella sul lungomare di fianco a Mergellina. Oppure? Gli organizzatori proveranno a inventarsi qualcosa, ma cosa è difficile dirlo visto le toppe prese sinora. Sarà difficile organizzare un programma notturno. Le condizioni di ieri sera si potrebbero replicare anche nei prossimi appuntamenti serali. Ma se sarà possibile giocare solo di giorno, ce la farà il torneo ad arrivare fino in fondo? E con che animo giocheranno i tennisti dalle caviglie più fragili? […]
Cocciaretto vola, ora sfida la Gauff (Gianluca Strocchi, Tuttosport)
Esordio vincente per Elisabetta Cocciaretto nel tabellone principale del “Guadalajara Open Akron”, torneo Wta 1000 che si sta disputando sui campi in cemento della capitale dello stato di Jalisco, in Messico. La21enne di Fermo, n.92 della classifica mondiale, proveniente dalle qualificazioni, si è imposta per 6-1 6-2, in poco più di un’ora di gioco, sulla russa Anastasia Potapova, n.44 del ranking. L’azzurra sfiderà al 2° turno la statunitense Coco Gauff, n.7 del mondo e quinta favorita del seeding. Debutto positivo anche per l’elvetica Belinda Bencic, 10° testa di serie, che ha superato con il punteggio di 7-5 6-7 (10) 6-3 la canadese Leylah Fernandez. Resta così in corsa per le Finals al femminile (a Fort Worth dal 31 ottobre) la svizzera, 12a nella Race (si qualificherà per il Masters in rosa raggiungendo le semifinali): prossima avversaria la statunitense Sloane Stephens, che in febbraio sempre a Guadalajara si è aggiudicata il titolo nel Wta 250. Avanza pure la ceca Petra Kvitova, n.16 del tabellone, che si è imposta 6-3 7-5 sulla statunitense Bernarda Pera.
Musetti: «Sì, sono io il tennista più vintage» (Davide Palliggiano, Corriere dello Sport)
Il best ranking, la vista del Golfo, una giornata di sole quasi estivo e un’accoglienza da superstar. Lorenzo Musetti non poteva desiderare di meglio per il suo primo giorno a Napoli. Ieri è arrivato sul Lungomare per allenarsi, per respirare l’aria di un torneo che se lo sta coccolando, che si aspetta tanto da lui. Si spera che faccia meglio di Firenze, dove la sua corsa si è fermata in semifinale contro Auger-Aliassime. Musetti, ha sempre detto che crede nei colpi di fulmine. È una sensazione che ha già provato arrivando in città? «Certo! L’Arena a due passi dal mare è un posto che solo una città come Napoli può offrire. Anche in allenamento ho sentito il calore degli appassionati, dei tifosi che ci supportano non solo in questa settimana ma durante tutto l’anno. Per me è la prima volta qui: non avevo ancora avuto il piacere di visitare la città e me la sto già godendo. Questa settimana festeggio il mio best ranking, una cosa che mi inorgoglisce».
S’immaginava di essere a ottobre 2022 tra i primi 30, addirittura al numero 24 dal mondo?
No. Immaginarlo no, ma una speranza c’era. Il lavoro che sto facendo sta dando i suoi frutti e sono contento. Mi fa ben sperare per il futuro.
II suo coach, Simone Tartarini, ha parlato di un attacco d’ansia avuto a Firenze durante la semifinale, ma anche di come tra di voi ci sia un rapporto speciale. Conferma?
Molto probabilmente ho sentito un po’ di pressione che mi sono posto inconsapevolmente e sono stato preso alla sprovvista. La cosa più bella del nostro rapporto è che c’è molta onestà, purezza, trasparenza. Se qualcosa non va ne discutiamo, ne parliamo immediatamente. Non ho mai avuto alcun rimpianto con Simone e credo che anche lui possa dire lo stesso. Questa è la cosa bella che condividiamo e credo sia anche la nostra forza. Stiamo insieme da quando avevo 9 anni, l’ho sempre definito il mio secondo padre, il mio padre tennistico. A volte abbiamo entrambi dovuto superare degli step di crescita: da bambino, ragazzo, ora uomo. Lui si deve adattare alla figura di Lorenzo che cambia, che matura, che non è più il bambino di 10 anni fa. […]
È lei II tennista italiano più bello da vedere?
Il più bello non lo so, è un discorso abbastanza soggettivo. Sicuramente sono diverso dai tennisti moderni. Il mio è un tennis ispirato al retrò, un po’ vintage: sto cercando di semplificarlo, di aggiungere cose in maniera consapevole e concreta, che funzionino tutte insieme, legate. Con Simone scherziamo spesso sul fatto di dover creare una torta e poi aggiungerci la ciliegina: che sia la palla corta, la variazione, quella cosa che faccia strappare gli applausi del pubblico. Insomma, non mi definisco il più bello, ma sicuramente il più retrò.
Qual è dunque il passo avanti che deve fare per entrare tra i primi 20 del mondo?
Devo continuare su questa strada, poi aggiungere esperienza e consapevolezze. Ho sempre alternato buonissime prestazioni a partite perse senza senso. La continuità che mi è sempre mancata sia da junior che da pro’ ora la sto trovando: può essere la rampa di lancio per quel famoso step. […]
Seppi: «Fiero della mia longevità» (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Andreas Seppi, è sorpreso di tanto affetto dei tennis per il suo addio?
Mi ha fatto enormemente piacere, soprattutto da parte di tanti colleghi, il messaggio comune è che sono stato d’esempio.
Per lei comportarsi bene è naturale.
E’ vero: non ho fatto sforzi, sono stato cresciuto con questi valori dai miei genitori. E vorrei dare gli stessi insegnamenti ai miei figli anche se oggi l’influenza dei social e di tante informazioni on line rendono tutto più difficile.
Ha avuto anche un secondo papà: coach Massimo Sartori.
Dagli 11 anni sono stato più tempo assieme a lui che col mio vero papà, pure Max mi ha trasmesso tanti valori anche fuori del campo e abbiamo una relazione molto forte.
Ce l’ha anche con Jannik Sinner che ha fatto una strada simile, dai monti a Sartori, a Riccardo Piatti.
All’inizio per Jannik sono stato d’ispirazione: venivamo della stessa zona e siamo diventati tennisti professionisti. Lui ha già fatto tanto di più, più di chiunque altro nel nostro sport in Italia a così giovane età. E’ sempre difficile da dire, ma per me può diventare numero 1 del mondo. Quest’anno è stato solo sfortunato con gli infortuni, sennò era stabile top ten. Io invece sono arrivato al n. 18 del mondo. Per fortuna non c’è solo dritto, rovescio e servizio, io avevo altre qualità: ho sempre creduto di poter arrivare, mi sono allenato tanto, ho guardato tante partite per capire e in campo avevo l’intelligenza per trovare le soluzioni. Poi ho anche trovato specialisti come Daribor Sirola e Massimiliano Pinducciu, che ha usato il suo sistema per fare il lavoro fisico giusto, anche di prevenzione.
Qual è il risultato di cui va più orgoglioso, come tennista?
La longevità della carriera, i 18 anni fra i top 100, perché poi tutto era migliorabile: i 3 titoli su 3 superfici diverse, le 66 partecipazioni di fila negli Slam, le vittorie, ma stare per tanto tempo a quel livello è la cosa più importante. Anche perché non avevo un colpo incredibile ma non avevo debolezze evidenti, e giocando più vicino alla riga di fondo anticipavo la palla e dettavo il gioco con quello che avevo.
Dieci anni fa a Roma, contro Wawrinka, si sciolse davanti al pubblico del Foro.
Fu una settimana speciale, l’atmosfera più bella di sempre: i sei match point che salvai contro Wawrinka li fanno ancora rivedere. Quelle sensazioni sono state anche più forti di altre di coppa Davis, che pure sono state forti.
Più forti delle vittorie su Federer e Nadal?
Con tutto il rispetto per gli altri che l’hanno superato come Slam, Roger per me resterà inarrivabile come classe, batterlo in uno Slam mi lasciò la sensazione della partita perfetta.
Quegli Australian Open 2015 furono anche il rimpianto più grosso negli Slam.
Vinsi con Roger al terzo turno e negli ottavi persi con Kyrgios da 2 set a zero e con match point al quarto. Mi fece molto male. Poi non sono più andato più avanti del quarto turno nei Majors anche perché all’epoca con Federer, Nadal, Djokovic, Murray, più Wawrinka, del Potro che ho incrociato io non era facile. Era bello affrontare quei giocatori così forti ma oggi vedi anche un Carreno Busta che vince un “1000” sul cemento… […]
Fra i problemi all’anca e i 38 anni, da un anno non è più competitivo, però si è arrabbiato per la mancata wild card a Firenze e Napoli che è andata ai giovani come succedeva a lei a quell’età. E il capitano di Davis, Volandri, le propone di diventare allenatore FIT.
In Spagna hanno dato la wild card a Robredo che non giocava da 3 anni, è una consuetudine salutare così un giocatore di casa che si ritira. Un giorno, allenare mi piacerebbe, anche come nuova sfida con me stesso, non andrei però mai in giro 30 settimane l’anno, l’ho promesso alla mia famiglia. Al momento mi vedo nel mio ranch in Colorado dove c’è un campo da tennis, e dove i miei figli se vorranno potranno giocare.