Stefanos Tsitsipas sta vivendo il momento più delicato – e forse più decisivo – della sua carriera. Dopo anni trascorsi con regolarità ai vertici del tennis mondiale, il 2025 del tennista ateniese si sta rivelando un percorso a ostacoli, costellato da problemi fisici, crisi di fiducia, relazioni personali complicate e una concorrenza sempre più spietata. Una combinazione di fattori che ha rallentato bruscamente quella corsa verso la vetta che fino a qualche stagione fa sembrava a portata di mano. L’ultima edizione di Wimbledon ha rappresentato un nuovo punto di rottura. Non tanto per il risultato in sé, ma per le modalità: Tsitsipas si è ritirato dopo due set (contro il francese Valentin Royer (attuale numero 111 ATP, che aveva vinto facilmente i primi due parziali), confermando i soliti problemi fisici che lo tormentano ormai da anni: la schiena non regge più, e il problema rischia di trasformarsi da fastidio ricorrente a spartiacque della carriera.
Il ranking, intanto, lo ha punito. Dal terzo posto mondiale che occupava pochi anni or sono, Tsitsipas è oggi scivolato fino alla 30ª posizione, con un’unica consolazione rappresentata dalla vittoria in quel di Dubai a inizio stagione (12esimo titolo della carriera, il secondo su cemento outdoor, nonché la prima vittoria di un Atp 500 dopo aver perso 11 finali). Ma quel successo, col senno di poi, sembra appartenere a un altro giocatore, a un’altra fase. A un’altra era. A gettare ulteriori ombre sul momento del greco ci ha pensato Goran Ivanisevic, colui che era subentrato per dare manforte al buon Stefanos e che dopo il ko sull’erba londinese non ha lesinato critiche nei suoi confronti, anche feroci: “Non ho mai visto un giocatore in un peggior stato di forma in vita mia”. Parole dure, dette da uno che di campioni ne ha visti (e affrontati) tanti, ma che forse nascondevano anche un tentativo di scossa.
Il problema, però, sembra più ampio. Tsitsipas si trova oggi a combattere su più fronti: quello fisico, ovviamente, ma anche quello identitario. È come se non sapesse più chi è, o chi vuole diventare. In un circuito che negli ultimi anni ha alzato ulteriormente l’asticella – basti pensare all’irruzione di Sinner e Alcaraz – Stefanos non riesce a tenere il passo. Il suo tennis, basato su variazioni, creatività e colpi d’istinto, sembra arrancare in mezzo a un gioco sempre più fisico, veloce, matematico. E lui, che dovrebbe essere nel pieno della maturità tennistica, appare spesso indeciso, prigioniero di scelte tattiche rivedibili e di un linguaggio del corpo che raramente trasmette fiducia.
E i segnali di instabilità arrivano anche dal suo entourage. Dopo la rottura col sunnominato Goran Ivanisevic, durato appena qualche mese, è tornato clamorosamente al fianco del padre Apostolos, figura centrale e controversa della sua carriera. Un rapporto, quello tra i due, interrotto bruscamente l’anno scorso ma ora riattivato quasi per necessità. Eppure, ogni crisi contiene in sé un’opportunità. E forse, per Stefanos, questo è il momento di fermarsi e riflettere. Di tornare a chiedersi perché gioca, per chi, e con quali obiettivi. Non bastano i continui cambi di coach, non basta stringere i denti: serve una ricostruzione profonda, che parta dal recupero del proprio corpo ma anche dalla riscoperta del piacere di giocare.
Il tennis, oggi, gli chiede di evolversi. Ma prima ancora, gli chiede di ritrovarsi. Il suo prossimo banco di prova sarà il Masters 1000 di Toronto, torneo che in passato gli ha regalato buone sensazioni. Ma al di là del risultato, sarà importante capire con quale spirito scenderà in campo. Perché il tennis di Tsitsipas – brillante, creativo, mai banale – ha sempre avuto bisogno di spensierata leggerezza per esprimersi. E oggi più che mai, quella leggerezza sembra soffocata da un corpo che non risponde, da voci che lo hanno un po’ disorientato e da una pressione che sembra non dargli tregua.
Il 2025 si sta rivelando l’anno della verità per Stefanos. Non solo come atleta, ma come uomo. Soprattutto come uomo. Il talento non è mai stato in discussione. Perché se Tsitsipas tornasse a essere davvero Tsitsipas, con il suo tennis istintivo, luminoso, capace di unire potenza e grazia, il circuito ritroverebbe uno dei suoi interpreti più visionari. Una sorta di Pegasus de i Cavalieri dello Zodiaco, capace di rialzarsi quando tutti lo credevano sconfitto, trascinato dalla forza del proprio spirito, per ricordare al tennis ciò che potrebbe ancora essere, quando talento e cuore viaggiano nella stessa direzione. Ma il tempo inizia a stringere, e il circuito non aspetta nessuno. Sarà fondamentale per lui fermarsi a capire chi vuole essere davvero. Forse questo passaggio obbligato attraverso la crisi è anche una possibilità: quella di riscrivere sé stesso, con nuove consapevolezze, nuove priorità e – si spera – un corpo finalmente alleato.