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Interviste

Alcaraz: “Il tennis ha sempre avuto grandi rivalità, ma con Sinner non abbiamo l’obbligo di replicare il passato”

Il numero 2 del mondo Carlos Alcaraz si racconta al Financial Times tra il tennis e la vita fuori dal campo: "Se non ti prendi una pausa, l'entusiasmo svanisce"

Last updated: 02/08/2025 9:34
By Beatrice Becattini Published 02/08/2025
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9 Min Read
Carlos Alcaraz - Queen's 2025 (foto X @ATPTour_ES)


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Carlos Alcaraz è quasi pronto per tornare in campo. Si è preso il suo tempo per smaltire le fatiche accumulate tra la primavera e le prime settimane di luglio. E anche per cancellare quel pizzico di delusione – forse è un eufemismo – che la sconfitta contro Jannik Sinner nella finale di Wimbledon ha portato con sé, quando ha cullato il sogno di mezza estate del terzo titolo consecutivo.  

“Mi piace davvero giocare a tennis. È la mia passione, è ciò che ho scelto, è ciò che amo”, dice Alcaraz. “Ma alla fine, è come tutto il resto. Se giochi ogni giorno e non ti prendi una pausa per te stesso, per disconnetterti, quell’entusiasmo un po’ svanisce. Quindi cerco sempre di trovare momenti di divertimento – di voglia di vivere”.

Il Financial Times ha avuto l’opportunità di incontrare il numero 2 al mondo proprio a Londra, appena dopo l’amaro epilogo dei Championships, per un’intervista che prescinde i confini tennistici e racconta Carlos, il ragazzo di El Palmar, una cittadina di meno di 25 mila persona, divenuto campione in una disciplina in cui la Spagna è abituata a primeggiare da 20 anni. “Non voglio essere chiamato l’erede di Nadal” sottolinea, ricordando a tutti che Rafa, Roger Federer e Novak Djokovic sono stati quanto di più magnificente lo sport possa offrire, ma che adesso c’è una nuova generazione di tennisti che sta cercando di scrivere la propria storia. I classici della letteratura sono capolavori senza tempo, ma ciò non toglie che si possa trovare la bellezza anche nei libri contemporanei.

“Il tennis ha sempre avuto grandi rivalità e grandi giocatori. È un privilegio che la gente guardi le nostre partite in quel modo, con tanto entusiasmo, ma alla fine non abbiamo alcun obbligo di fare ciò che hanno fatto loro, tutt’altro” tiene a precisare Carlitos. “Se non resti saldo nei tuoi ideali, in ciò che vuoi davvero, quella pressione può divorarti. Bisogna saper distinguere. Cerchiamo di non pensare alla pressione, e men che meno al dover replicare ciò che hanno fatto loro”.

I ragazzi nati nel Terzo Millennio sanno che sostenere il termine di paragone con i Big three è un compito assai arduo – chiedere ai figli degli anni ’90, che non solo hanno subito il confronto, ma con loro si sono sfidati su campi, con risultati poco edificanti (qui due approfondimenti su Stefanos Tsitsipas e Daniil Medvedev). Ma non c’è solo l’ombra dei fenomeni che rischia di offuscare la loro luce. Quella pressione di cui parla Alcaraz è acutizzata anche da una nuova realtà che ormai si affianca al mondo in cui viviamo: la rete.

“Uso molto i social media e non sono un ambiente molto sano – per non dire orribile” confessa Carlos, che ha 7,5 milioni di follower su Instagram e 1,1 milioni su TikTok, attestandosi come il secondo tennista in attività più seguito, alle spalle di Nole Djokovic. “Sono diventati uno strumento molto importante per il lavoro, ma a livello personale sono un mondo davvero brutto. Alla fine lì non c’è niente di reale. Le persone mostrano una vita che non è davvero la loro, un volto che non è il loro. E poi, al di là di questo, ci sono tante persone che possono raggiungerti con un semplice commento e ferirti. Penso che non esista arma peggiore delle parole”.

Una tensione continua, dunque, che proviene dall’esterno, dagli stimoli che gli utenti del web non risparmiano di fornire. Anche gettando benzina sul fuoco nel grande falò delle nemesi sportive. “Il trash-talking attira molta attenzione. Alla gente piace davvero l’idea che ci siano frizioni tra di noi, è quello che vende” dice, spingendosi in un’analisi più profonda. “Io e Jannik, che abbiamo avuto grandi battaglie in campo, ci vediamo spesso anche fuori. Parliamo, a volte ci alleniamo insieme. E alla fine si crea un bel rapporto, un bel legame. Vogliamo vincere e batterci l’un l’altro, ma fuori dal campo, essere brave persone e andare d’accordo è un’altra cosa. Per me questa è una delle virtù e dei valori dello sport”.

E proprio Sinner non poteva mancare in questa conversazione. I primi due giocatori del ranking e della race si stanno spartendo i grandi tornei da circa due stagioni. Sono sette, infatti, gli Slam conquistati in serie da uno di loro. E all’orizzonte non si vede chi possa rompere la diade. Anche se si sa che per ogni Olimpo c’è sempre un Prometeo pronto a rubare il fuoco sacro, ancora il terzo incomodo, al di là delle congetture giornalistiche, non è neppure vicino al livello di Jannik e Carlos.

“Questa rivalità sta diventando sempre più bella e ne sono davvero grato, perché mi dà l’opportunità di dare il 100% in ogni allenamento, ogni giorno, per migliorare” confessa lo spagnolo, che non ha ancora dimenticato, nonostante la sconfitta di Wimbledon, quanto di incredibile ha fatto in questo 2025. Cinque titoli, una stagione sulla terra letteralmente dominata e la qualificazione per le Finals di Torino già conquistata. E quel Roland Garros vinto con una rimonta pazzesca come apice di un anno brillante.

A pagina 2: i match point annullati a Sinner a Parigi, il calendario e gli hobby

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