Andrey Rublev, piano piano, sta tornando. Dopo un periodo complicato in cui è uscito dalla top 15, il 27enne russo sta risalendo la corrente nelle ultime settimane. Al National Bank Open Presented by Rogers l’attuale n. 11 ATP sta cercando di difendere il secondo posto raggiunto nel 2024, quando si arrese in quel di Montreal alla sorpresa Alexei Popyrin. L’evento maschile quest’anno sta andando in scena, come da tradizione, nell’altra città canadese: Toronto. ‘Rublo’ è ancora in corsa nel torneo, dove si è qualificato ai quarti di finale grazie al successo su Alejandro Davidovich Fokina, ritiratosi al terzo set dopo quasi due ore e mezzo di lotta.
In conferenza stampa post-vittoria il campione del 500 di Doha ha riflettuto sul suo livello attuale, migliorato considerevolmente rispetto a quello mostrato durante la primavera. “Ho iniziato a giocare veramente bene. A Wimbledon ho sentito che il mio livello c’era. Sento che mi sto allenando bene, che sto migliorando e che nei match ho iniziato a mostrare il mio livello. Quando è così, non si sa mai. Puoi ancora perdere, ma più riesci a mantenere quel livello, più hai chance che quella settimana possa diventare la tua. Ma puoi anche giocare in maniera incredibile e comunque continui a perdere. In quei momenti, quando avverti che il tuo livello è tornato, devi avere pazienza. Per quello ho iniziato a giocare dappertutto: perché la mia posizione non è più quella di prima in termini di ranking. In ogni caso, ho avuto una settimana libera dopo il Roland Garros in cui mi sono preso una pausa completa”.
Concordata, come sempre, con il suo storico allenatore Fernando Vicente, che per lui è ormai ben più di un insegnante di tennis. “Il nostro rapporto va oltre quello di coach e giocatore. È un membro della famiglia e lo sarà, a prescindere da tutto, per il resto della mia vita. Questo perché lui era lì quando ero completamente solo. Lui c’era per me e ha sacrificato del tempo per la sua famiglia per passarlo con me. Insieme stiamo molto bene. Abbiamo un’incredibile connessione. Lui è super divertente e tra di noi siamo molto aperti l’uno con l’altro riguardo tutto. Mi sta piacendo il fatto che sono riuscito a trovare qualcuno che è molto competente riguardo il tennis, che è super talentuoso come coach, come giocatore e, in cima a tutto, è una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto”.
Anche perché il coach spagnolo, a detta di Rublev, è diverso dagli altri. “È uno dei migliori allenatori che io abbia mai incontrato e sono fortunato ad averlo. Lui non lavora per soldi, non ha alcun interesse in questo. Vuole solamente aiutarmi perché mi ama. Siamo come due membri della stessa famiglia. È molto umano, super gentile e per me sta facendo delle cose che, normalmente, quando assumi qualcuno per il ruolo di coach, nessuno fa. Alla fine, so che mi ha dato tutto quello che mi consente di essere al meglio. Poi, il resto sta a me”.
E su questo argomento Andrey ha la sua personalissima opinione, maturata dopo anni e anni di difficoltà vissuti nella ricerca del miglior modo possibile di vivere questo sport. “Non importa quanti coach cambierai. Quelli che hanno vinto molti Slam possono darti qualche consiglio su cosa bisogna fare a questi livelli per raggiungere un determinato momento. Ma a questo livello, quando sei in top 10, nessuno ti può insegnare qualcosa. Sei tu l’unico che può aiutare te stesso. Sei tu quello che gioca. Quindi, se cercherai sempre aiuto, alla fine non crescerai”.