Sinner, il virus è un allarme per il tennis a eliminazione (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Un virus, probabilmente. Quale nessuno lo sa. Ma beccato come? Inutile ricamarci sopra, casualmente è l`unica possibile risposta. Il caldo? Non c`entra. Perché no? Non si sa, ma non c`entra. E chi lo dice? Cincinnati, la città intera, gli organizzatori del torneo, tutti insieme, compatti, a far “muro di scudi” per respingere le critiche. Ma è tennis-bruschetta, qualcuno se n`è accorto? È bagna cauda. Dodici giorni filati di sauna… Siete proprio sicuri che facciano bene? C`è l`aria condizionata, rispondono, e pazienza se qualche tennista “eternamente polemico” descrive il passaggio dal campo allo spogliatoio come gettarsi sudato tra le braccia del mare Artico. È un`esperienza rivitalizzante, l`ha definita qualcuno. Ci credo, dai 42 fuori ai 18-19 dentro c`è un`escursione termica di 23-24 gradi. Roba da rimanerci secchi… Pardon, felicemente secchi! Sono previsti aggiustamenti? Non ne parla nessuno. A Cincinnati, però, fanno capire che il loro torneo già vale il Grand Slam. Il quinto Slam, anche loro, come altri dieci. Una frase che non si può più sentire… Manca un tetto nel “quinto Slam” di Cincy, che non serve solo per la pioggia, ma anche per opporsi ai momenti estremi di caldo. Non c`era un ombrellone a proteggere i tennisti ai cambi di campo, e manco un ombrellino, tenuto dalle manine gentili di un ballboy, o di una ballgirl, quelle che quando piove Sinner invita sempre a
sedersi accanto a lui, e ci parla, chiede che cosa facciano, se studiano, che cosa amano. Alla fin fine, che cosa ha avuto Sinner? Perché ha giocato solo 5 game senza vincerne uno, appena 23 minuti in tutto, poi se n`è andato chiedendo scusa? Due giorni prima era il suo compleanno, ha mangiato qualcosa di sbagliato? No. Ne siete sicuri? Ovvio, perché all`interno dello stadio si preparano solo cose genuine, con ingredienti selezionati… E via con la solita pippa. Nessuno ha colpa, l’unico è un virus, imprevisto e imprevedibile, agente patogeno inviato da chissà chi, anzi, una “spia patogena” preparata da qualche servizio segreto, che ha attaccato Zverev, Sinner e magari anche qualcun altro. I ritiri a torneo in corso sono stati otto, in un torneo a 96 è quasi il dieci per cento. A me sembra una cifra allarmante. E poi, quale virus? Chi può dirlo, non sta agli organizzatori indagare. Loro hanno dato il meglio. Compresa la finale di lunedì, che non c`entra con il tennis né con la vita della gente. Ma è comunque una grande idea. Sinner è volato a New York con un aereo privato. «Mi do due giorni di tempo – è stata una delle ultime dichiarazioni dopo la finale che non c`è stata – per risanare il corpo e riprendere la preparazione. Voglio essere al cento per cento al via degli US Open». È la sua speranza, e mi auguro che le cose possano andare davvero così. Ha rinunciato al lucroso torneo di doppio misto (un milione di dollari per la coppia vincitrice), poco male, c`è ben altro cui pensare, in questo momento. Deve difendere il titolo degli US Open, conquistato un anno fa schiantando il “bello de casa”, Taylor Fritz. Deve difendere anche il primo posto in classifica. […] Sinner non è uno “che ci fa”. Nella sua giovane carriera, già lunga 378 match nel Tour, i ritiri sono stati appena 6, quello di Cincy il primo in finale. Due volte contro Rublev, a Vienna nel 2020 (vesciche) e al Roland Garros 2022 (ginocchio), poi a Miami 2022 contro Cerundolo (vesciche), a Sofia 2022, terzo ritiro della stagione, contro Rune (caviglia), quindi ad Halle 2023
contro Bublik (problema muscolare alla gamba sinistra). Il tennis corre incontro a un futuro di tornei “irrinunciabili”, gli Slam da tre settimane (la scelta del misto non è casuale), i Masters 1000 lunghi due. Ora sono quattro e nove (tre quelli che si svolgono in una sola settimana), ma non è detto che i “1000” non possano cambiare o crescere di numero. Lo vogliono i cinesi, i sauditi, gli Emirati… Fate due conti, vi accorgerete che le prime due categorie del tennis potrebbero arrivare a coprire 32 settimane di calendario, forse di più. Poi le Atp Finals e la Davis, e la stagione risulterebbe completa. Ma chi dice che la regola dei tornei a due settimane, faciliti il compito dei tennisti? Sono 10-11 giorni di partite e allenamenti intensi. Sinner preferisce i tornei che durano una settimana, l`ha detto chiaro e tondo. Ha ragione Paolo Bertolucci. È giunto il momento che le varie parti si riuniscano intorno a un tavolo e decidano che cosa è meglio per tutti. Se no c`è il rischio che un virus abbia sempre la meglio.
Operazione recupero (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)
«Sto per svenire». Quando si è sentito mancare, lunedì nel quinto game della finale di Cincinnati contro Carlos Alcaraz, […] Jannik Sinner ha deciso che era il momento di spegnere i motori. La macchina-corpo, analizzata al J Medical di Torino prima della partenza per lo swing americano, è stata efficiente fino all`allenamento di domenica, benché gli occhi più attenti avessero colto i primi segnali di allarme nella semifinale con Atmane. Inutile rischiare. Per uno Slam (vedi Wimbledon con Medvedev e Australian Open con Rune) ci si può spingere negli anfratti più profondi del dolore, per Cincy anche no. Con l`Open Usa, […] la scelta conservativa è stata saggia. Ancora una volta, a 24 anni appena compiuti, da giovane adulto. Gli otto ritiri in partita a Cincinnati, più Zverev sull`orlo del collasso nella semifinale con Alcaraz, stanno a indicare che probabilmente tra players lounge, ristorante giocatori e aree comuni circolava un virus, che può essere penetrato nell`ecosistema sinneriano in occasione delle celebrazioni per il compleanno organizzate dal torneo (impossibile sottrarsi, in quella circostanza) oppure ha covato lento, per poi esplodere domenica notte («Svegliandomi, speravo di stare meglio. Invece ero peggiorato…»). Il giorno dopo, da New York, Sinner – al solito – non chiarisce. Però sdrammatizza: «Non mi sono sentito bene, può succedere. Mi riposo un paio di giorni e poi torno al lavoro». […] Inizia quindi da mid-town Manhattan, dirimpetto al MoMa, la corsa contro il tempo di Jannik Sinner per farsi trovare pronto a Flushing, da testa di serie numero uno ma con uno svantaggio virtuale di 60 punti da Alcaraz, che difende soltanto i 50 punti dell`inusitato kappaò del 2024, al secondo turno con Van de Zandschulp.
Sinner è chiamato a blindare titolo e classifica dall`assalto di Carlitos nelle condizioni che più patisce, caldo e umidità, spesso in prime time notturno, però sulla superficie che più lo fa sentire a suo agio, il cemento (sebbene all`aperto). […] Alcaraz, volato a Ny e già sceso in campo in doppio con la sua passione Raducanu, non ha dubbi: «Jannik tornerà, e sarà ancora più forte». E il caso di fidarsi.
Si gioca troppo, il forfeit di Sinner è una conseguenza (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Il ritiro di Jannik Sinner nella finale di Cincinnati ha fatto diventare boato quel rumore di fondo che sentivamo già da un bel po’ di tempo. Ci ha sbattuto in faccia un problema del quale tutti avevamo coscienza e che evidentemente adesso chi di dovere non può più ignorare: quello dei ritiri. O meglio: il problema è nelle cause di cui i forfeit diventano l’effetto. Oltretutto con l’antipatica reazione di qualche tifoso, di troppi tifosi che criticano a prescindere. Tifosi per il rispetto dei quali i tennisti acciaccati, indisposti, infortunati spesso vanno ugualmente in campo, salvo, a volte, non riuscire a terminare l’incontro. Che è esattamente quel che ha provato a fare Jannik a Cincinnati. Il che, come abbiamo purtroppo visto, non gli ha risparmiato giudizi sommari, spesso negativi. Critiche che sarebbero arrivate anche se avesse ancora più stoicamente provato ad arrivare in fondo al match, magari rimediando una sconfitta rovinosa. Troppo facile immaginare che in un’eventualità del genere più di qualcuno si sarebbe lamentato di uno spettacolo non all’altezza delle aspettative. Detto questo, la situazione è in effetti complicata, tant’è che sovente i ritiri nel corso dei vari tornei arrivano in doppia cifra. È che si gioca forte, nel senso che – non lo scopriamo ora – il tennis è sempre più fisico. E si gioca troppo. Due fattori che evidentemente, combinati, moltiplicano gli infortuni. A fattori ineluttabili come lo sviluppo in termini fisico-atletici del gioco e al fatto che nel tennis non c’è la panchina, dunque se un giocatore sta male lo spettacolo salta, per il resto le responsabilità sono di tutti. Anche dei giocatori stessi che, allettati dai montepremi lievitati, hanno accettato tutti questi Master 1000 dalla durata di 10 giorni. Tanto più che non sono obbligati a parteciparvi: sono liberi professionisti, il calendario lo decidono in autonomia. E sono loro che alla fine scelgono di continuare a volare da un continente all’altro. Certo anche gli organizzatori potrebbero fare la loro parte, per esempio calibrando meglio gli orari, per evitare di far giocare nelle ore più calde. A Cincinnati poi hanno investito 250 milioni di dollari per una struttura eccezionale senza prevedere nemmeno un campo coperto, che avrebbe aiutato. […] Tornando alla questione forfeit: credo sia urgente che tutte le componenti, quindi Atp, Wta, organizzatori e giocatori, si mettano ad un tavolo per parlare quantomeno di calendari e orari di gioco. Prima che il problema diventi ancora più grave. Dover fare a meno di Sinner – e sarebbe stato lo stesso se a ritirarsi fosse stato Alcaraz, ovvio – ha fatto capire meglio a tutti che la salute e l’integrità fisica dei campioni sono priorità per lo spettacolo. Dunque per il tennis.
Sinner, batti un colpo (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
L’orizzonte è la linea che sottolinea l’infinito. E il campione non guarda al presente, ma scruta e si prepara per il futuro. Perciò, dopo essersi lasciato alle spalle la delusione di Cincinnati, Sinner a New York si affiderà alla sua tradizionale comfort zone: il lavoro in allenamento, l’applicazione maniacale sui dettagli per limare, come dice spesso, anche quello zero virgola in vista dell’ultimo Slam stagionale che possa consentirgli di essere più performante per provare ad allargare ancora di più il solco con il resto della concorrenza. Intanto, nonostante il finale non previsto e certamente doloroso, il cammino nel Masters 1000 dell’Ohio ha comunque seminato certezze dopo il mese di pausa seguito al trionfo di Wimbledon: «Penso sia stata una settimana molto positiva. Arrivare in fondo in un Masters è sempre un risultato straordinario. Sento che sto giocando una stagione incredibile, quindi continueremo così, continueremo a spingere, come dico sempre. Ho già in mente alcuni aspetti su cui devo migliorare se voglio arrivare fino in fondo agli Us Open. Questa settimana ha rappresentato un buon test per cercare di capire a che punto è il mio livello. Adesso è sicuramente buono, ma allo stesso tempo c’è ancora margine di miglioramento». E qui, l’analisi si approfondisce: «Su cosa devo lavorare? Probabilmente il servizio e la percentuale di prime in campo, lavoreremo molto da quel punto di vista». Una lettura lucida supportata pure dalle aride cifre: a Cincinnati (escludendo i tre game dell’ultima partita) ha messo in campo il 56,5% di prime palle, quando la sua media nelle ultime 52 settimane è del 60,8% e a Wimbledon, nella trionfale cavalcata che lo ha portato allo storico successo nello Slam più prestigioso, era salito al 62,6%. Qualora si avvicinasse con costanza al 70%, potrebbe sinceramente coltivare l’ambizione di diventare pressoché intoccabile sul suo servizio, e dunque praticamente ingiocabile, perché poi nei game di risposta ormai è di gran lunga il più forte del mondo. In Ohio solo una volta è rimasto sopra il 60% (63,9% nel primo match contro Galan), poi ha sempre veleggiato sotto quella quota con il picco negativo del 50% contro Diallo al secondo turno, performance peraltro spiegabile anche con la necessità di forzare la prima nei suoi turni come si conviene quando dall’altra parte c’è un grande battitore che ti concede poco e perdere il proprio servizio può essere esiziale. […] È vero che a Cincinnati Jannik ha sopperito alla diminuzione della percentuale di prime con un aumento di quella relativa ai punti ottenuti con la prima (l’88,5% contro il 78,9% annuale e il 79,6% a Wimbledon), ma nella sua mente sempre lucida, razionale e focalizzata sugli obiettivi sono state proprio queste cifre incrociate a convincerlo che occorre lavorare sul fondamentale di inizio gioco: se si alza il numero di prime in campo, esponenzialmente salgono i punti conquistati con la battuta. E dunque l’avversario sarà in difficolta a iniziare lo scambio con profitto e lui invece può prendere subito il controllo del gioco e andare in spinta, la situazione che gradisce di più. Del resto, è stato proprio coach Cahill, in una chiacchierata con l’Atp nei giorni scorsi, a rivelare che il primo focus tecnico all’inizio della loro collaborazione, nel giugno 2022, riguardò proprio il servizio: «Quando sono entrato nel team glielo dissi subito: devi migliorare il servizio. Con il fisico che aveva e i suoi 193 centimetri d’altezza, era fondamentale aumentare la velocità e la precisione della prima palla. Da lì si vincono partite con il servizio, ci si fa più solidi nei numeri e si diventa più efficaci, pur restando pronti a lottare negli scambi se l’avversario riesce a rispondere. Jannik è un animale da competizione, gli piace fare domande, vuole sempre capire e crescere. Se guardi il suo corpo ora e lo confronti con quello di qualche anno fa, ti rendi conto del lavoro enorme che ha fatto in ogni aspetto. Ma non c’è alcun segreto. Solo lavoro quotidiano e la convinzione che ogni giorno ci sia sempre qualcosa da migliorare».
Sinner, esperto in difesa (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)
Lento di gambe, poco reattivo, spento nell`atteggiamento e disperato nel tentativo di lasciare andare il braccio: così per 23 minuti Jannik Sinner ha provato a rimanere in campo. Niente da fare, l`azzurro è stato costretto a lasciare la finale di Cincinnati sul piatto, con il ritiro sul punteggio di 0-5 contro Carlos Alcaraz. Una partita che avrebbe potuto regalare spettacolo in un contesto importante ma che consentiva di affrontare la sfida con una libertà di spirito diversa rispetto ai pesanti palcoscenici di Roland Garros e Wmtledon. Per Jannik adesso comincia una corsa contro il tempo per gli US Open. Il paradosso vuole che inizi con l`assoluta immobilità: due giorni di stop prima di
rimettersi, se possibile, al lavoro. Ieri è arrivato l`atteso forfait dal doppio misto con la ceca Katerina Siniakova, un impegno che, in caso di avanzamento, lo avrebbe riportato in campo una seconda volta ieri e poi quest`oggi in caso di approdo in semifinale. Un gioco che non vale la candela, soprattutto per un campione che in passato ha rinunciato a tornei più prestigiosi in nome della propria serenità e del proprio futuro. La buona notizia, in prospettiva, è che non si tratta di un problema fisico. Le immagini hanno parlato chiaro: Sinner era febbricitante, peggiorato di condizioni dopo una vigilia complicata La scelta di provarci? Rispetto per il pubblico che aveva acquistato il biglietto in un lunedì lavorativo, come detto da lui in campo e poi ribadito su Instagram[…] Quest`anno Toronto e Cincinnati si sono disputati per la prima volta nel nuovo formato di due settimane, con finali inedite al giovedì per il Canada e al lunedì per gli Stati Uniti. Un esordio che ha scontentato tutti: Toronto ha pagato i tanti forfait, compresi quelli di Jannik e Carlos; Cincinnati, nonostante gli ingenti investimenti per aumentare l`appeal, ha confermato i suoi limiti come torneo di preparazione a New York. Le condizioni climatiche hanno portato a undici ritiri complessivi e in generale a tanti altri atleti spossati. […] La situazione resta quella di una rincorsa, ma non di una condanna. Ci sono i margini per ricostruire la condizione e provare a difendere al meglio il titolo dello US Open vinto un anno fa contro Fritz. Sarà fondamentale il sorteggio: partire con due turni morbidi, questa volta, potrebbe davvero cambiare il percorso. La continuità dell`azzurro non va messa in dubbio. […] A New York, certo, rischierà la leadership. Ma non per ciò che è successo dal rientro a Roma in poi: il vero nodo resta nei tre mesi di stop in cui Alcaraz e Zverev avevano mancato una ghiotta occasione. Ora è solo questione di matematica. Chi, come Sinner, un anno fa ha vinto tutto, oggi deve difendere ogni punto senza potersi affidare al bottino dei primi quattro Masters 1000 stagionali; chi ha fatto fatica, invece, ha l`occasione di massimizzare e dare l`assalto alla vetta.
Us Open, il doppio urrà di Errani-Vavassori (Roberto Bertellino, Tuttosport)
Il tennis italiano continua a esprimere giovani e giovanissimi di talento. La conferma è arrivata dal 1° turno delle qualificazioni maschili agli US Open. Merita menzione il 18enne Federico Cinà, figlio d`arte, che ha festeggiato il best ranking di 216 ATP superando il talento svizzero Dominic Stricker con un doppio 6-2. Al secondo turno, oggi, affronterà l`argentino Federico Agustin Gomez (206) per la prima volta in carriera. A segno anche il 23enne Matteo Gigante, che ha sconfitto al 1° turno del draw preliminare e in rimonta il lituano Edas Butvilas per 3-6 6-4 6-1. Una risalita le cui proporzioni vanno sottolineate. Dopo una prima parte di match assolutamente sottotono, infatti, l`italiano si è trovato sotto di un set e poi 0-3 nel secondo, con una palla del doppio break per il proprio avversario. Da quel momento è partita la sua riscossa. Al secondo turno affronterà Coleman Wong (174). […] Bene anche il 24enne perugino Francesco Passaro che partecipa per la quarta volta alle qualificazioni US Open. Al primo turno ha sconfitto il taiwanese Yu Hsiou Hsu (195 ATP). Nel 2` è atteso dal ventenne messicano Rodrigo Pacheco Mendez (226 ATP). Tra i due non ci sono precedenti. […] Domani è previsto alle 18 ora italiana (le 12 a New York) il sorteggio dei tabelloni principali del singolare maschile e femminile. Ha preso il via il torneo di doppio misto, con formula e punteggio sperimentale. La coppia azzurra Vavassori-Errani, campione uscente, è approdata in semifinale grazie a due belle vittorie. La prima con un doppio 4-2 sul tandem Fritz-Rybakina; la seconda, spettacolare e intensa, contro Rublev-Muchova, con lo score di 4-1 5-4 (4). Evidente al termine la gioia dei due azzurri che oggi cercheranno di ripetersi. Fermati nei quarti Musetti-McNally dal duo Swiatek-Ruud, decisamente sinergico.
Paolini: venivo da due mesi difficili (Giorgio Capodaglio, Corriere dello Sport)
«Venivo da due mesi difficili ed è stato fantastico ritrovare di nuovo la finale». il sorriso di Jasmine Paolini dice tutto. Nonostante la sconfitta nella finale del WTA 1000 di Cincinnati contro Swiatek 7-5 6-4, la toscana ha diversi motivi per essere felice. Nel corso delle due settimane in Ohio sembra essere cambiato tantissimo. Dalla Paolini nervosa e discontinua dei primi turni, partita dopo partita l`azzurra ha ritrovato sempre maggiore fiducia, conquistando il cuore del pubblico di Cincinnati, che l`ha sostenuta nel corso della finale. Jas ha avuto le sue occasioni, sfruttando anche alcuni passaggi a vuoto della polacca, che ha messo più volte in difficoltà. Alla fine ha vinto la più forte, che le ha però reso onore nella cerimonia di premiazione: «Speriamo di poter giocare la finale degli US Open. E sempre bello condividere il campo con te. Complimenti per il lavoro che hai fatto per arrivare fin qui». Paolini è lucida nella sua analisi post partita, in cui ha detto anche di essere ancora senza un coach definitivo: «Credo che la grossa differenza sia stata il servizio. Devo mettere più prime palle, maggiore qualità in quel primo colpo. Sono peno state due settimane positive, sono felice di aver ritrovato il livello». L’azzurra ha le idee chiare: «Sicuramente le Finals di Riad sono un obiettivo difficile, tante nella mia zona del ranking stanno giocando bene. Per qualificarmi dovrò mantenere questo livello nelle prossime settimane. Ci proverò con tutta me stessa». Nel discorso in campo a fine match, Paolini ha espresso anche un pensiero per Jannik Sinner: «Ringrazio il pubblico per essere rimasto qui dopo la finale maschile. Auguro a Jannik di recuperare per gli US Open. Sono certa che vedrete lui e Carlos in finale tante altre volte».