Coco Gauff ha superato un primo turno tutt’altro che semplice allo US Open contro Ajla Tomljanovic (6-4 6-7(2) 7-5), uscendo vincitrice da una battaglia fatta di scambi lunghi e tensione. In conferenza stampa la statunitense ha parlato soprattutto del suo lavoro sul servizio, un aspetto del gioco che da tempo viene considerato il suo tallone d’Achille.
Nonostante la vittoria, infatti, la 20enne di Delray Beach ha spiegato che la vera fatica l’ha avvertita non in partita, ma nei giorni precedenti, durante le lunghe sessioni di allenamento dedicate a cambiare il gesto al servizio. Un percorso che avrebbe preferito iniziare in un torneo minore, “magari a Montreal”, ma che si è ritrovata ad affrontare direttamente sul palcoscenico di casa.
“Quando ho detto che era stato mentalmente estenuante non mi riferivo tanto alla partita, quanto alla settimana di allenamenti. Ho passato ore a servire, fino a farmi male alla spalla”, ha raccontato Gauff. “È dura, ma sento che sto andando nella direzione giusta. Nei momenti più tesi cerco di non tornare alle vecchie abitudini, e credo di esserci riuscita soprattutto nel terzo set”.
Il cambiamento è arrivato con l’ingresso nel team di Gavin MacMillan, specialista di biomeccanica. “Se avessi potuto lavorare con lui prima l’avrei fatto, ma era con un’altra giocatrice. Poi, quasi per magia, si è liberato e ho dovuto decidere in fretta, perché sapevo che sarebbe stato molto richiesto. Non volevo perdere altro tempo”.
Il nuovo movimento però richiede rodaggio. “È come imparare una nuova lingua. Ci sono momenti in cui mi riesce bene e altri no, ma ogni volta che lo eseguo correttamente i risultati sono positivi. Adesso è questione di fidarsi di ciò che abbiamo fatto in campo”.
La velocità di crociera del servizio è calata, ma non per imposizione. “È stata una mia scelta. Se voglio posso salire a 115 miglia orarie, ma per ora penso più a consolidare il gesto che ai numeri sul radar”. Non è stato semplice gestire questo conflitto interiore durante la partita: “Quel game sul 5-4 del terzo set è stato un ritorno alle vecchie abitudini, mentre sul 6-5 sono riuscita a fidarmi del lavoro fatto. È stato davvero un test, anche perché Ajla ha giocato in maniera solidissima, quasi senza sbagliare”.
Nonostante il poco tempo trascorso insieme, la fiducia verso MacMillan sembra già alta. “Mi piace che ci siano dei dati e una base scientifica dietro quello che mi dice. Quando credo in un piano riesco a giocare bene. È solo una settimana che lavoriamo insieme, ma guardo avanti con ottimismo”. Per Gauff, il primo turno a New York si è rivelato più stressante di una finale: “Non credo possa esserci un match più complicato di questo. Ma è proprio la partita che mi serviva”.