La prestazione di Novak Djokovic nella conferenza stampa post match che ha seguito la sua affermazione su Jan-Lennard Struff è stata convincente come quella fatta vedere in campo. Ha spaziato dalla coincidenza del match di quarti di finale con l’ottavo compleanno di sua figlia Tara (“Lei non era molto contenta del fatto che non fossi presente alla festa di compleanno. Non me lo ricordare, per favore. Ma cercherò di vincere se sono qui. Almeno proverò a vincere e farle questo tipo di regalo. Le manderò comunque dei bei regali, belle sorprese per la festa di compleanno. Spero che la vittoria possa essere qualcosa che la renda felice”) al ricordo della cavalcata di Jimmy Connors nel 1991 quando raggiunse la semifinale a 39 anni (“Ero molto, molto giovane, quindi non la ricordo bene mentre accadeva, ma negli anni successivi, crescendo, guardando molto tennis, tutti parlavano di quella corsa come di una delle più storiche che ci siano mai state in uno Slam”).
Dopo alcune immancabili domande sui Fab 3 e su quello che chiederebbe a Federer o Nadal (“Come affrontavano le partite contro di me? Cosa sentivano di dover fare per vincere? In cosa potevo essere fastidioso? Come si allenavano, come si preparavano mentalmente?”), è passato a parlare della prossima partita contro Fritz, un avversario contro il quale non ha mai perso – 10-0 i precedenti – e che per questo motivo potrebbe cercare di apportare qualche modifica al suo gioco per poter invertire la tendenza.
«Questa è stata la situazione con Norrie, in realtà, l’ultimo turno. Ha giocato più aggressivo che mai contro di me, ad essere onesti.
Quindi è qualcosa che mi aspetto. Mi aspetto che i giocatori che non mi hanno mai battuto escano in campo e provino qualcosa di diverso, cerchino di mettermi in difficoltà o di giocare più aggressivi o altro.
Non penso che ci saranno grandi cambiamenti con Taylor, perché ovviamente segui un piano di gioco che ti ha portato ai quarti, conosci bene i tuoi punti di forza. Ti affidi a quelle armi, diciamo così, e per lui ovviamente sono il servizio e il dritto, due grandi armi nel suo gioco.
Negli ultimi anni è migliorato molto nei movimenti. Il rovescio è molto solido, molto piatto. Per essere uno alto, si muove davvero bene. Penso sia sottovalutato quanto ora si muova bene, soprattutto negli ultimi anni, e questo era ciò che forse gli mancava prima.
Questo l’ha portato in finale e in diverse semifinali slam. Sta bussando alla porta… Mi piacerebbe giocare di sera, sarebbe bello perché sto giocando bene la sera. Quello che mi dà molto incoraggiamento e positività è il modo in cui ho giocato stasera. La migliore prestazione del torneo finora. Spero di continuare così.»
E come in ogni performance che si rispetti, la chiusura è stata con i soliti “riempipista”: il 25° Slam (“Ovviamente sogno di vincere un altro slam, sarebbe fantastico farlo qui.
Ma non posso permettermi di andare così lontano con il pensiero, devo concentrarmi su cosa fare per vincere la prossima partita”), la pressione di essere favorito (“Ti piace affrontare chi non ti ha mai battuto. Ma allo stesso tempo c’è sempre quell’attesa per la partita. C’è sempre una pressione in più che avverti in campo, devi vincere. Non vuoi concedergli neanche una vittoria.”) e la differenza tra inseguire il primo titolo Slam e il venticinquesimo (“Per Taylor, come americano, penso che sarebbe lo US Open il torneo dei sogni. Per me lo fu nel 2008 quando vinsi il mio primo slam. Provai un enorme sollievo, a dire il vero […] Spero che possa farcela, ma magari non quest’anno…”).