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Alexandra Eala: “Io, unica tennista in un paese di 115 milioni di abitanti”

Parole della ventenne tennista filippina: “senza modelli tennistici in patria? Ho cercato prima di tutto riferimenti per crescere come persona”

Ultimo aggiornamento: 14/09/2025 19:19
Di Danilo Gori Pubblicato il 12/09/2025
4 min di lettura 💬 Vai ai commenti
Alexandra Eala - Miami 2025 (foto X @usopen)

Per la ventenne Alexandra Eala il 2025 è l’anno dell’ingresso nella top 100 e del suo primo main draw in un torneo Slam; in realtà, nel frattempo, sono già diventati tre, a partire dal Roland Garros, e a New York è arrivato anche il primo successo, al primo turno contro la testa di serie numero 14 Clara Tauson. In questo ultimo scorcio di estate ha vinto il 125 di Guadalajara e ora è impegnata nel 250 di San Paolo, dove indossa la maglia della terza favorita della manifestazione ed è già nei quarti di finale; la vittoria finale significherebbe per lei l’ingresso anche nel club delle prime 50.

Tutto questo rientra nella crescita di tante giocatrici giovanissime e di buon avvenire agonistico, la particolarità di Alexandra, come già sappiamo del resto, è la sua provenienza: le Filippine, un paese senza tradizioni tennistiche. È proprio da qui che prende le mosse l’intervista che ha rilasciato a Clay Tenis durante il torneo paulista: il sito sudamericano la sollecita a parlare in merito alla genesi della sua passione e della decisione di passare al professionismo. “Ci sono” – inizia Eala – “115 milioni di filippini e io sono l’unica che gioca a tennis da professionista e questa è roba da matti! Mi sento fortunata e adoro tornare a casa di tanto in tanto; sono nel momento migliore della mia carriera, anche se la strada è piena di alti e bassi, per cui posso solo dire di essere contenta di come sto gestendo certe situazioni.

Mio nonno Bob” – continua – “è stato fondamentale all’inizio e nella formazione del mio carattere e della mia mentalità in campo, insieme certamente con i miei genitori. Lui non era esattamente un coach; frequentava il club e ha giocato per un po’, poi ha avvicinato me e altri famigliari allo sport, al tennis come al nuoto. Lo stargli vicino mi permise di creare un legame con lui e di frequentare un ambiente che mi piaceva e di cui apprezzavo le cose di tutti i giorni. Probabilmente non mi ha visto giocare a questo livello, ma quando vinco penso a lui, sempre: ha fatto grandi sacrifici per darmi una opportunità”.

Quando le si parla dell’assenza in patria di un modello tennistico cui indirizzare la propria attenzione per migliorarsi e a cui ispirarsi, la tennista filippina si schermisce, dando maggiore importanza a un modello di vita in senso più ampio: “per me” – dice – “il primo passo è stato l’individuare tra le persone della mia famiglia chi dovevo seguire per crescere come persona; poi certamente le figure tennistiche aiutano a orientarti. A me è sempre piaciuta Sharapova, per la sua aggressività, e anche Li Na, perché era asiatica; chiunque può darti qualcosa”.

Parlando dei suoi recenti risultati, Eala non ha dubbi su quello che ama di più, così come non nasconde grandi ambizioni: “l’avventura fino alle semifinali di Miami è speciale, forse perché è durata di più (sconfisse Ostapenko, Keys, Badosa, Volynets e Swiatek), ma certo anche il secondo turno a New York con la vittoria su Clara Tauson è stata un’emozione fortissima. Ho grandi sogni: vincere gli Slam come Wimbledon, il mio preferito, e arrivare in cima alla classifica, ma non dimentico la mia storia sin qua, sono fiera di essere un’atleta professionista e di aver raggiunto questo livello”.


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