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Reading: Federer: “Ormai ogni settimana è identica”. La bellezza e gli spunti della Laver Cup 2025
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Opinioni

Federer: “Ormai ogni settimana è identica”. La bellezza e gli spunti della Laver Cup 2025

Dalle parole di Roger al vantaggio di giocare sempre sui campi principali. Cosa ci lascia in eredità l'edizione 2025 della "semi esibizione" più bella

Last updated: 25/09/2025 18:57
By Pellegrino Dell'Anno Published 24/09/2025
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11 Min Read
Laver Cup 2025 San Francisco (Photo by Ezra Shaw/Getty Images for Laver Cup)

Un’esibizione o una partita agonistica ma non ufficiale? Come spesso capita, la verità sta nel mezzo. E la Laver Cup non fa eccezione. Pur non avendo ancora l’aura della Ryder Cup di golf che sognava Federer (probabilmente non la avrà mai), è ormai un appuntamento fisso del calendario tennistico. In cui quasi tutti i migliori giocatori del mondo rispondono alla chiamata, divertendosi e divertendo chi la guarda. Perché sicuramente sono partite reali, molto di più rispetto ad altre esibizioni stile Six Kings Slam. Va anche però precisato che un aumento delle esibizioni rischierebbe di schiacciare tanti tornei 250 o 500 che andrebbero a perdere qualità e appeal. Distruggendo il tennis come lo abbiamo sempre conosciuto.

Sezioni
Molto meglio del Six Kings SlamL’allerta di FedererIl vantaggio dello stesso campoO Fonsequismo

Fatta questa dovuta premessa, la Laver Cup ha il merito di creare ogni anno tanti temi e opinioni, spesso anche discordanti, al riguardo. La cosa più bella è che non di rado provengono stesso dai protagonisti. Abbiamo scelto quattro punti fondamentali emersi dalla 3 giorni di San Francisco, che riguardano il tennis sul lungo termine. Perché, essendo più rilassati e divertiti, i giocatori sono anche più portati a parlare apertamente.

Molto meglio del Six Kings Slam

Prima di parlare dei giocatori, delle loro opinioni, e di tennis, un passaggio doveroso sul concetto stesso di esibizione, già accennato. La Laver Cup, pur offrendo lauti cachet, tra gettoni di partecipazione e 250.000 dollari a testa ai giocatori della squadra vincitrice, conserva uno spirito tennistico. Godendo di una considerazione importante anche dei tennisti e di alcuni addetti ai lavori. Ridurla a esibizione sarebbe ingiusto, ma concettualmente comprensibile…differenziandola però dall’esibizione che è il Six Kings Slam. Lì la questione è diversa, e con il tennis c’entra ben poco.

I pagamenti percepiti dai giocatori sono da capogiro, cifre quasi difficili anche solo da immaginare. Ed è chiaro, ma anche giusto essendo un lavoro, che i tennisti ci vadano per questa motivazione. E, per quanto lo scorso anno la partita Sinner-Alcaraz non sia stata così pessima, è innegabile come non fosse una partita vera al 100% (stesso dicasi per Alcaraz-Nadal in “semifinale”). La Laver Cup presenta bei momenti di comunione ma anche di gioco. Un esperimento ben riuscito, che di anno in anno si ripropone come qualcosa di innovativo ma tradizionale. Una sorta di All Star Game che concede anche ai tennisti tre giorni di relax.

L’augurio è che non si aggiungano al calendario troppi appuntamenti di questo tipo. L’obiettivo deve essere vendere al meglio il prodotto tennis, cercando di guadagnare il più possibile. Ma senza trascurare valori ed equilibri che sono il vero scheletro di questo sport. Cercando di preservare al massimo l’integrità del tennis e la dignità di tutti i tornei piuttosto che sacrificarli in nome delle ricche esibizioni. In questo caso, il detto “pecunia non olet” (il denaro non ha odore) risulta anacronistico.

L’allerta di Federer

Roger Federer, deus ex machina della competizione, è stato ospitato del podcast “Served with Andy Roddick”, direttamente da San Francisco. Una piacevole chiacchierata tra i due ex rivali, in compagnia anche di Pat Rafter, durata quasi un’ora e mezza. Dei tanti temi affrontati, più o meno interessanti, uno in particolare merita di essere riportato: l’omologazione delle superfici. Un discorso trito e ritrito? In parte sì, ma sempre attuale e calzante, perché nel tennis di oggi è innegabile come i tornei siano sempre più simili in termini di caratteristiche e rapidità dei campi.

“Cambiando la velocità dei campi e delle palline”, spiega Federer, “i direttori dei tornei hanno reso ogni settimana praticamente identica. Il fatto che le superfici siano così svantaggia il giocatore più debole, perché è costretto a tirare tante volte colpi straordinari per battere Sinner o Alcaraz, con una superficie veloce invece basterebbero un paio di colpi ben assestati per vincere un punto magari. Le sorprese sarebbero più probabili. I direttori si sono accorti che la rivalità fra Sinner e Alcaraz funziona benissimo e non hanno interesse a metterli in difficoltà. Ora tutti giocano in maniera simile, e questo succede perché i direttori dei tornei hanno permesso con la velocità delle palline e dei campi che ogni settimana fosse praticamente uguale all’altra. Vorremmo vedere Alcaraz o Sinner sul velocissimo e poi giocare lo stesso match sul super lento, e vedere come va”.

Lo svizzero ha semplicemente riportato i fatti come stanno, e ha anche ragione. La rivalità tra Sinner e Alcaraz è meravigliosa, e tutti vorremmo vederne episodi all’infinito. Ma, al contempo, sta diventando sempre più difficile per tutti gli altri arrivare in fondo ai tornei, quasi impossibile. Perché i campi sono sempre più simili, le palle sempre più pesanti, e non è semplice rivaleggiare contro i due fenomeni che sembrano destinati a dominare il tennis nei prossimi anni. Starebbe ai direttori dei tornei tornare a rendere meno omogenee le superfici dei campi, così da dare maggiore spazio a sorprese e rendere tutto più vario…come alla fine è sempre stato. Ma è abbastanza improbabile, visto che le finali Sinner-Alcaraz sono eventi ormai di portata mondiale e fanno bene alle casse di organizzazioni e tornei, che un qualsiasi direttore abbia voglia di fare un passo indietro.

Il vantaggio dello stesso campo

Il risultato più sorprendente della Laver Cup è stata senza dubbio la vittoria netta di Taylor Fritz su Carlos Alcaraz. Con tanti commenti a ricordare che “è un’esibizione”, “Alcaraz non si è impegnato”, “Fritz solo qui può vincere” e così via. Posto che è decisamente irrispettoso nei confronti dell’attuale n.5 del mondo, il discorso non si regge: lo spagnolo ha vinto, bene, tutte le altre partite disputate. Perché avrebbe dovuto lasciare andare proprio quella contro Fritz? La verità è che l’americano ha giocato meglio, sfruttando un campo molto lento che gli ha consentito di tenere lo scambio con Carlitos e difendersi bene non andando in affanno, avendo modo di arrivare senza eccessivi problemi sulla palla. Ma a risaltare, e richiedere un’analisi, sono le parole pronunciate dallo spagnolo in conferenza stampa dopo la sconfitta.

“Penso di aver bisogno di più tempo in campo, più allenamento, più tutto per essere al livello giusto. Servono più set, più punti, più scambi. C’è solo un campo a disposizione, quindi è difficile per entrambe le squadre trovare il tempo per allenarsi come si vorrebbe prima delle partite. Non è una scusa, ma credo che avrei avuto bisogno di più tempo per adattare il mio gioco a queste condizioni”. Parole giustissime, sacrosante, che però riportano a una questione (ben disaminata spesso nel podcast Schiaffo al Volo, la cui posizione è condivisa da chi scrive) che emerge con forza durante i grandi tornei: il “vantaggio” dei big di giocare sempre sullo stesso campo, il Centrale o il secondo per importanza. Dove, ovviamente, le condizioni variano rispetto ai campi secondari.

Ora, non si intende con questo che se Alcaraz e Sinner giocassero uno dei primi tre turni sul Campo 3, e non avessero sempre a disposizione quelli più importanti, finirebbero per perdere. Anche perché è chiara l’esigenza degli organizzatori di programmare i grandi nomi sui campi più importanti. Ma questo risultato di Laver Cup, insieme alle parole di Alcaraz, suggerisce che se i giocatori arrivassero ad una semifinale o quarto Slam nelle condizioni più pari possibile (a Wimbledon Fritz aveva giocato una volta sul Centrale, Alcaraz cinque su cinque) lo spartito potrebbe anche leggermente variare. Giocare sullo stesso campo sempre, conoscendone dunque a menadito condizioni e vantaggi o svantaggi, è indubbiamente un grosso vantaggio.

O Fonsequismo

E Joao Fonseca? Era l’uomo più atteso del Team World, e molti si aspettavano potesse essere grande protagonista dell’evento. Sognandone una sfida contro Alcaraz all’ultima giornata, dopo che aveva battuto Cobolli al venerdì regalando l’unico punto del giorno ai suoi. Agassi ha preferito “preservarlo”, optando per Cerundolo. Non è un problema, per Fonseca le convocazioni in Laver Cup di certo non mancheranno. Semmai l’attesa e le chiacchiere su di lui in questo weekend hanno dimostrato come, avendo anche alle spalle un mercato in attesa di essere colmato come quello brasiliano, Joaozinho sia l’uomo del futuro. Quello che tutti vogliono e che tutti aspettano. Lo ha detto anche Rafter, vicecapitano del Team World: “Di Fonseca abbiamo visto solo la punta dell’iceberg”.

Il brasiliano ha disputato una buona stagione, vincendo il primo titolo e arrivando in top 50. Ottimi risultati in termini assoluti, apparentemente scarni se relativizzati alle aspettative che porta con sé. Ma è un ragazzo di 19 anni, con un tennis esplosivo, dinamico e una forza dirompente nello scambio da fondo. Il prossimo passo sarà mettere ordine nel suo gioco, e ci sono tutte le basi per farlo. Di certo sarà uno che vedrà ben più spesso i campi principali rispetto a quelli secondari. E che, da rappresentante del Team World e membro ON, potrebbe dire la sua in un’eventuale Laver Cup in Sud America, o proprio in Brasile, negli anni dispari. In fondo già oggi, pur non essendo ancora un top player, in molti fanno la fila per vederlo. E questo sì che è decisamente unico per un ragazzo così giovane.


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TAGGED:Carlos AlcarazJoao FonsecaLaver Cup 2025Roger FedererSix Kings SlamTaylor Fritz
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