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Reading: Rassegna stampa – Vacherot, Shanghai e il successo più inatteso
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Rassegna stampa

Rassegna stampa – Vacherot, Shanghai e il successo più inatteso

La rassegna stampa di lunedì 13 ottobre: Vacherot campione. Rinderknech sviene. Una finale da film (Cocchi). È San Valentin (Ercoli). Vacherot, una favola di famiglia (Azzolini). Eroi per caso (Semeraro)

Last updated: 13/10/2025 10:49
By Andrea Binotto Published 13/10/2025
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15 Min Read

Vacherot campione. Rinderknech sviene. Una finale da film (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Il Masters 1000 più pazzo del mondo, con la finale tra outsider cugini, non poteva che avere una cornice epica anche nella premiazione. Arthur Rinderknech, sconfitto e felice, si commuove al discorso del cugino campione Valentin Vacherot e si accascia per i crampi. […] Finisce con Vacherot, entrato come alternate nelle qualificazioni del 1000 cinese, a pronunciare un discorso grondante di emozioni mentre Arthur si fa trattare dal fisio. […] Un gioco a eliminazione […] che ha visto la vittoria dei “Cugini”. Nome perfetto per una squadra. Perché questo sono stati, un match dopo l’altro, Arthur e Valentin, protagonisti di una cavalcata storica fino alla sfida finale. Si sono allenati insieme, hanno cenato insieme, sono andati a tifare l’uno per l’altro: «Due cugini sono meglio di uno», è stato l’esordio del discorso del francese, che non riusciva quasi a parlare per l’emozione, la fatica, i crampi che stavano arrivando. Sono cresciuti insieme, quasi come fratelli, uno francese e l’altro monegasco, parenti da parte materna […]. L’incredibile nell’incredibile. Le vacanze insieme fin da bambini, una carriera quasi parallela: «Nonna e nonno sarebbero orgogliosi», il messaggio lasciato alla telecamera dal campione Valentin. «Penso al mio piccolo Paese e all’emozione di vedere la bandiera di Monaco accanto alla parola “campione”». […] A volte le cose succedono perché devono accadere. Vacherot, il giocatore dal ranking più basso ad aver mai conquistato un Masters 1000, scriveva così in un messaggio pochi giorni prima del torneo: «Ho deciso di prendermi la chance delle qualificazioni a Shanghai. A volte può anche capitare una serie incredibile». Quando si dice il sesto senso. Una settimana capace di ribaltare la vita sportiva di Valentin che stamattina si sveglierà al numero 40 del mondo, da 204 che era prima di iniziare il torneo. Un doppio salto mortale: «E dire che il mio obiettivo, a inizio anno era chiudere in Top 100». Una classifica che gli spalancherà le porte di tanti tornei. Non solo, il saldo del conto in banca brillerà di nuova luce grazie ai 967mila euro del prize money (1.124.382 dollari) contro i 510mila di premi guadagnati, fino a ieri, in tutta la carriera. Il tutto davanti a sua magnificenza Roger Federer: «L’altro giorno ho battuto Djokovic, dopo la partita ho conosciuto Federer… Incredibile». È tutto vero, Valentin.

È San Valentin (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

Una storia così bella, così perfettamente cinematografica, non poteva che chiudersi con Valentin Vacherot che alza al cielo il trofeo dello Shanghai Masters. Per la sesta volta in nove match […] il monegasco rimonta dopo aver perso il primo set, questa volta lo ha fatto contro il cugino Arthur Rinderknech, battuto 4-6 6-3 6-3 nel giorno più importante. Abbracci, lacrime e tanta commozione subito dopo il match e anche durante la premiazione, dove lo sconfitto prima si emoziona e poi crolla a terra, sopraffatto dai crampi. Alla vigilia aveva detto: «Abbiamo già vinto, non importa come finisca», ma è difficile pensare che dentro di sé non senta il rimpianto di aver mancato l’occasione della vita. Quella che invece ha colto il ventiseienne monegasco Valentin Vacherot, partito dalle qualificazioni e arrivato fino a un titolo Masters 1000 che lo catapulta dalla posizione 204 alla numero 40 del ranking ATP. Un salto che gli apre le porte di tutti i tornei del mondo […]. Ha davvero dell’incredibile che l’uomo con più partite giocate sia quello ad aver alzato il trofeo. E se dopo la vittoria su Djokovic qualcuno non lo aveva preso sul serio alla frase «Mi sentivo come fosse il primo turno», ha dell’incredibile che nel terzo set della finale abbia giocato il miglior parziale del suo torneo, per prendersi il titolo sotto gli occhi dell’idolo Roger Federei con cui finalmente ha potuto parlare: «L’ho incontrato la mattina, poche ore prima del match. È stato gentile con me, anche se durante la partita provavo a non pensarci troppo. Poi ogni tanto lo inquadravano e la gente applaudiva come se qualcuno avesse fatto punto. Pensare che in due giorni ho giocato contro Novak e conosciuto il mio idolo è pazzesco». E in effetti le sliding doors di questo torneo sono tantissime. Basta pensare che, se i crampi non lo avessero fermato, agli ottavi probabilmente avrebbe affrontato Jannik Sinner: lo stesso pensiero lo ha avuto il suo coach, il fratellastro Benjamin Balleret: «Dopo la vittoria contro Machac pensavamo di dover affrontare Jannik. E sai, li pensi: “Ok, bella storia. Giocherà contro Sinner che forse lo distruggerà, ma resta un grande torneo”. Poi invece è andato avanti e avanti, fino a Djokovic, che non era al 100%, ma resta una vittoria dentro questa fiaba». […] Valentin avrà bisogno di tempo per realizzare tutto […]. «Non so bene cosa sia successo, anche mentre parlo non sto capendo molto. Purtroppo non potevano esserci due vincitori, ma in campo c’era una sola famiglia», ha ricordato più volte. Lui che la carriera la deve in parte anche al cugino, che gli consigliò di raggiungerlo alla Texas A&M University, dove si sono formati sotto la guida di Steve Denton. Adesso, da numero 40 del mondo, inizia una nuova carriera per un ragazzo che, prima dell’infortunio alla spalla della scorsa estate, aveva toccato il best ranking di numero 110. Se per molti servono due o tre titoli Challenger per fare il salto, lui ha fatto jackpot. Catapultato tra i migliori, potrà scoprire da subito se ha il livello per vincere partite e consolidare la nuova classifica. […]

Vacherot, una favola di famiglia (Daniele Azzolini, Tuttosport)

La porta di casa è spalancata, negli ultimi due giorni chiunque sia voluto entrare l’ha fatto senza bussare. La storia dei due cugini finalisti è rimasta nei confini familiari finché ha potuto, poi è diventata pubblica, si è ampliata di ricordi, anche di verdetti e sentenze. […] Tra affari di famiglia e farsi i fatti degli altri il confine, capirete, è sottile assai, ma i Vacherot-Rinderknech non hanno impedito che fosse varcato. E ora che la settimana delle sorprese, “L’incroyable cousinade” è stato il titolo de l’Equipe, s’è conclusa con una nuova sorpresa – la vittoria di Valentin Vacherot, il meno esperto – ci sarà una nuova ripartenza per tutti […]. Due cugini in campo, il terzo, Benji Balleret, fa il coach di Valentin, ma nei giorni scorsi ha dato una mano anche ad Arthur, giunto a Shanghai solo con Hortense, sposata prima di partire per la Cina. E due mamme alla tivù, sorelle ed ex tenniste entrambe. Una, Nadine, […] ha avuto due figli con monsieur Balleret, Benjamin e Kelvine, e due con il secondo marito, Valentin e Peggy Vacherot. Vive a Monaco, insegna tennis. L’altra, Virginie, sposata Rinderknech, abita da non molto a Boulogne-Billancourt […]. A due passi dal Roland Garros e a tre dallo stadio del Psg. Arthur è l’unico figlio maschio, poi ci sono Mathilde, Julie e Flore. Virginie ha giocato nel Tour da 208 Wta, il marito dirige un tennis club a Parigi. Vivono a 953 chilometri di distanza dai Vacherot, ma sanno essere una famiglia, hanno una chat comune «che da giorni rimbomba di complimenti degli amici… […] Alla fine, tra i due sul palco con la lacrima appesa, il più provato è apparso Arthur. Battuto, emozionato e assediato dai crampi si è dovuto distendere, ma è sembrato quasi crollare e qualcuno ha pensato fosse svenuto, proprio mentre Valentin raccontava delle proprie emozioni e di una vittoria che non sente solo sua, ma condivide con il cugino appena sconfitto. […] Sono stati insieme nel campionato universitario statunitense, si sono incontrati la prima volta in un torneo al quale Arthur era iscritto e Valentin ha partecipato solo per riempire il tabellone. «Fu curioso, una grande emozione. Ma nessuno poteva immaginare che il secondo confronto prendesse forma 8 anni dopo, in Cina, in una finale Masters 1000 […]». «Fu Arthur a chiedermi di prendere il cugino», ha raccontato Steve Denton, numero 12 nel 1983 e coach dei due alla Texas A&M University. «Poi, prima del suo ritorno in Francia mi fece giurare che lo avrei trattato con l’affetto che avevo avuto per lui. Di buon cuore, Rinderknech, forse troppo. Sta qui, in parte, la spiegazione di una sconfitta che la classifica dava per impossibilità. Una finale discreta, zeppa di errori, ma combattuta con l’anima. Meglio Arthur all’inizio, con il suo tennis uno-due di buona fattura. Vinto il primo, i suoi sforzi si sono però affievoliti, e Vacherot ha alzato il livello. Decisivi sul 3 pari del secondo i 5 game consecutivi ottenuti dal monegasco utili a incamerare il set e portarsi avanti 2-0 nel terzo. Arthur ha cercato di tornare in corsa, ma i crampi si sono fatti sentire, e Vacherot ha chiuso in 2 ore e 14 minuti, con 13 punti in più del cugino. «Abbiamo vinto entrambi», ribadisce Rinderknech. […] Ottengono tutti e due il nuovo best ranking, al n.40 Vacherot (era 204), al 28 Arthur (58) e Valentin raddoppia i guadagni dell’intera carriera. Rinderknech sarà testa di serie nei prossimi Slam, Vacherot vi entrerà senza dover passare dalle qualifiche. Comincia un’altra vita. La famiglia allargata si stringe premurosa ai due. Investire nel tennis, alla fine, non è stato sbagliato.

Eroi per caso (Stefano Semeraro, La Stampa)

Valentin Vacherot, ovvero l’arte di cogliere l’occasione. Di trovarsi al momento giusto, nel posto giusto, contro l’avversario giusto. Di acchiappare l’attimo fuggente per il colletto. Di ridersela del destino e fare lo slalom fra imprevisti e probabilità […]. Vacherot, il primo monegasco a vincere un torneo Masters 1000 nel tennis nella persona di Valentin, 26 anni, numero 204 Atp dopo essere stato al massimo 110, coincide con il tennista di classifica più bassa a riuscire nell’impresa. Il terzo a farcela da qualificato dopo Roberto Carretero nel 1996 ad Amburgo e Albert Portas sempre ad Amburgo nel 2001. A Shanghai gli si sono allineati pianeti e genealogie […]: il torneo, in realtà, non avrebbe nemmeno dovuto giocarlo. Al momento dell’iscrizione era 22 posti fuori dalle qualificazioni, quando è atterrato in Cina prima di lui ce n’erano ancora 9. L’ultimo a cancellarsi, Luca Nardi, è stata la mano del signore. Il resto Valentin lo ha fatto – quasi – da solo, disboscando un torneo ridotto a foresta tropicale dall’umido e caldo assurdo. Due rimonte in qualificazioni, altri sette match strappati tutti ad avversari nettamente più forti. Nei sedicesimi Machac gli si è ritirato davanti, nei quarti Holger Rune ha inveito contro le condizioni impossibili, 30 gradi e 90 per cento di umidità: «Prima o poi qualcuno finirà per morire». In semifinale il divo Djokovic era l’ombra del samurai che è stato, ma si è rifiutato di accampare scuse. Trovarsi di fronte in finale Arthur Rinderknech […], il cugino in apparenza geniale con cui hai diviso vacanze, infanzia e sogni di gloria, ieri per Vacherot è stata l’illogica ma famigliare conseguenza di quindici giorni di ordinaria follia. E batterlo da sfavorito, di nuovo in rimonta (4-6 6-3 6-3), un malincuore dolce: «Abbiamo vinto in due. Ha vinto una famiglia». Ha trionfato, soprattutto, l’imprevedibilità che a volte si impossessa dello sport. La trama insospettabile che porta il Leicester di Ranieri a vincere la Premier league, o il Verona di Bagnoli a prendersi quello scudetto «impossibile» del 1984-85, Elkjaer e Briegel contro il resto dell’Italia dei fenomeni, Maradona e Vialli, Rummenigge e Zico, Cerezo e Socrates. O la Grecia a prendersi un Europeo di calcio dove nessuno la dava per favorita, battendo in finale il Portogallo, e la Danimarca a vincere, da ripescata, quello in cui non si era neppure qualificata. Un po’ come David Nalbandian, che – guarda caso a Shanghai – viene chiamato dalle vacanze per giocare il «Masters» del 2005 e finisce per conquistarlo in finale su Federer. Il Supplente che supera il Maestro. Fortuna e merito, talento e resilienza che si mescolano, impossibili da separare. […] Non sono forse le favole, quelle a lieto fine, che ci fanno ancora credere nello sport?


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