Barazzutti: “Tutti i miei giocatori vogliono partecipare”

Coppa Davis

Barazzutti: “Tutti i miei giocatori vogliono partecipare”

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In un’intervista per il quotidiano argentino La Nacion, il capitano italiano di Coppa Davis parla dell’incontro con l’Argentina a Mar del Plata e ricorda la sua epoca con Vilas e Clerc. Gastón Saiz, La Nación, traduzione di Chiara Bracco

Qui l’articolo originale.

MELBOURNE – Ogni volta che un italiano gioca l’Australian Open, soprattutto un giovane, lì troverai sempre Corrado Barazzutti per osservarlo dal vivo sui campi di Melbourne Park. Nato a Udine, 60 anni, è il capitano della squadra italiana di Coppa Davis, che incontrerà l’Argentina (Mar del Plata) dal 31 gennaio al 2 febbraio. Sorride, è rilassato, forse perché ha già tutto pronto per l’incursione degli italiani nel Patinodromo Adalberto Lugea.

Come vedi la partita di questo primo turno del gruppo mondiale?
Partita difficile. Giocare in Argentina è dura, ne sono consapevole. Non so se giocherà Del Potro.

Lo posso confermare: non gioca.
Bene, ma l’Argentina ha comunque degli ottimi giocatori come Monaco e Berlocq. In Coppa Davis non ci sono partite facili.

L’Italia individualmente sta molto meglio.
Sì, è vero, però questa è una partita di Coppa Davis. È un po’ diverso, non è come un torneo del circuito: giochi per il tuo paese, per i compagni, ci sono più responsabilità. Alcuni tennisti giocano meglio per la proprio bandiera. Ma è anche vero che Fognini sta facendo molto bene, e lo stesso Seppi. Inoltre con Fognini-Bolelli abbiamo una buona coppia in doppio, hanno anche vinto il torneo ATP di Buenos Aires l’anno passato e sono arrivati in semifinale qui. Credo che avremo una serie equilibrata a Mar del Plata.

Chi sarà il quarto giocatore per l’Italia?
Abbiamo cinque o sei giocatori possibili. Fognini e Seppi in singolare, in doppio Bolelli e non so se si unirà Starace o Volandri, devo vedere.

Arriveranno ad adattarsi bene dal cemento alla terra battuta?
Non ci sarà alcun problema; abbiamo dieci giorni per allenarci. Il prossimo giovedì partiremo per l’Argentina.

Lei si è sempre impegnato molto in Coppa Davis, l’ha vinta contro il Cile nel 1976. Qual è il segreto per alzare l’insalatiera?
Non c’è un segreto particolare, tutto inizia avendo dei buoni giocatori. Se non hai dei giocatori forti, vincere è difficile. Inoltre, la gestione della squadra è sempre complicata per il capitano e per tutti quelli che ci lavorano. Si deve creare una buona atmosfera per giocare al meglio. Bisogna contare su un sentimento comune, come squadra, giocare per  il proprio compagno e per il paese con questo spirito. Questo è il segreto.

Lei crede ci sia una buona atmosfera nella squadra italiana?
Si, abbiamo un gruppo che crede molto nella Coppa Davis e a cui piace giocare l’uno per l’altro. Questa è una cosa positiva, si respira un buon clima. Tutti i miei giocatori vogliono partecipare alla Davis; solo così si può avere una speranza di vittoria.

In questa fase Juan Martin Del Potro non vuole giocare la Davis. Lei riesce a capirlo?
Sì, posso comprenderlo. La Davis si gioca solo se si ha la volontà di partecipare. Perché se io ti convoco e a te non va bene, non giocherai mai con la voglia giusta per affrontare questo torneo. Si gioca solo se si vuole. Se il tennista ha altre priorità e per lui è più importante il ranking piuttosto che la Davis, bisogna rispettarlo. Non fa niente.

Però Monaco e Berlocq hanno dichiarato che senza Del Potro non hanno alcuna possibilità di vincere.
Beh, cosa posso dirti? Non saprei. Sicuramente l’Argentina sarebbe più forte con Del Potro, ma non lo so. È un problema loro.

Di cui  ne beneficia l’Italia.
Noi andremo a giocare in Argentina contro i giocatori che presentano loro.

Il pubblico argentino la preoccupa?
Beh, sarà molto vivace, molto vicino ai giocatori. Ma dobbiamo preoccuparci più del nostro gioco che del pubblico.

Perché pensa che l’Argentina non sia mai riuscita a vincere l’insalatiera?
Non lo so, forse perché, come abbiamo detto prima, ha bisogno di giocatori forti, ma anche di una squadra. Se non si ha un sentimento di unione nella squadra, può succedere che non si vinca.

Il pubblico del tennis italiano ci tiene alla Davis, come in Argentina?
Si, gli piace molto, al pubblico italiano piace che si giochi per il proprio paese. In Italia tutti ricordano l’anno in cui abbiamo vinto; speriamo di riuscirci ancora.

Che ricordi ha delle partite contro Guillermo Vilas e Batata Clerc nel 1983, quando l’Italia perse 5-0 a Roma?
Una serie di partite molto dure, erano forti in Davis. Vilas era un grande lottatore, dimostrava una gran voglia di vincere. E non sbagliava. Muoveva la palla da una parte all’altra, ti faceva correre molto. Fisicamente era molto forte, quindi era complicato. Sapevo bene che per batterlo dovevo fare un grande sforzo perché lui era molto solido. E Clerc lo stesso: colpiva fortissimo. Allo stesso tempo io ero verso la fine della mia carriera, perché mi ritirai l’anno dopo.

Lei sapeva, durante quelle partite, che i due non avevano un buon rapporto?
Hmm, non so, io vedevo che erano molto vicini, che si parlavano. E comunque, ci hanno battuti in casa.

Com’era Vilas fuori dal campo?
Scriveva molte poesie. Ricordo che un anno, durante il tour americano abbiamo viaggiato Vilas, Adriano Panatta ed io, e abbiamo alloggiato presso una famiglia. Di notte, mentre noi dormivamo, Guillermo restava sveglio a scrivere poesie perché voleva fare un libro.

E dopo vi mostrava le poesie?
Sì, sì e ne parlavamo.

E quando le leggeva, le piacevano?
Eh, più o meno (ride)

Eravate molto giovani, ventenni.
Sì, ma si vedeva già che Guillermo era una brava persona. A volte era un tipo un po’ particolare, parlava molto del suo paese, dell’Argentina. Gli piaceva Perón, diceva sempre: “Perón, Perón qué grande sos!”. Aveva le sue inquietudini intellettuali ma allo stesso tempo era molto simpatico ed intelligente.

 

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