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Interviste

Di Mauro: “Nel tennis ci sono partite combinate”

Last updated: 19/03/2014 10:24
By Chiara Bracco Published 20/02/2014
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8 Min Read

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TENNIS INTERVISTE – Alessio Di Mauro, attuale n° 248 al mondo e primo tennista condannato per aver scommesso su alcune partite, ritorna sulla vicenda che gli ha cambiato la carriera: “Le combine esistono ma io non ho mai venduto alcuna partita. Hanno preso solo italiani, Dio solo sa perchè…”

Una ragnatela di cerotti adesivi rossi abbracciano spalla e braccio sinistro di Alessio Di Mauro. Altre due applicazioni del celebre kinesio-tape sembrano formare delle ali sulle spalle del mancino italiano. A 36 anni, Di Mauro si prende cura del suo fisico con estrema attenzione, cercando di allungare una carriera singolare, che unisce ai migliori momenti sportivi anche una sanzione di 9 mesi che ancora risveglia la rabbia nell’ex top-100.
Nel novembre 2007, Di Mauro fu il primo tennista condannato per aver scommesso su alcune partite di tennis.

Il tennista di Siracusa non scommise su delle sue partite, né era legato in alcun modo a delle combine dei risultati. Ma seguendo quella che allora era la nuova politica ATP sulle scommesse, ricevette una sospensione e 60 mila dollari di multa per aver scommesso su 120 partite tra il novembre 2006 e il giugno 2007. Alla sua sospensione, seguirono quelle di altri italiani, Potito Starace, Daniele Bracciali, Giorgio Galimberti e Federico Luzzi. Tutte avvenute sotto le stesse circostanze e con pene uguali o minori. Di Mauro si appellò al Tribunale Arbitrale dello Sport, e la sua sospensione fu ridotta a 7 mesi e a 25 mila dollari di multa.
Oggi Alessio è numero 248 del mondo, e si trova in Messico per giocare il Morelos Open, un Challenger da 75 mila dollari che si disputa a Cuernavaca. In terra messicana, meno di un anno fa, ha conquistato il suo ultimo titolo in questa categoria. Fu a San Luis Potosí, dove evitò le qualificazioni e vinse 8 partite in 9 giorni fino ad arrivare al trionfo finale.Ora, prima del suo debutto, Di Mauro ripensa a cosa significhi essere un tennista alla sua età, e che sensazioni gli restano di quella “vicenda delle scommesse”  che segnò la sua carriera.
– Qual è la domanda che ti fanno più spesso?
Per quanto tempo ancora continuerò a giocare.

– E quindi sei abituato a rispondere?
Fino all’anno scorso non sapevo quale fosse la risposta. Allora dicevo: “ finché mi diverto”. Ma oggi lo so. Giocherò da qui alla fine del 2014. Questo è il mio ultimo anno, perché se non hai un buon ranking è normale che a 37 anni ti fermi e inizi a lavorare a qualcos’altro, sempre nell’ambito del tennis.

– Non è comune che i giocatori arrivino a 36 anni giocando ancora nel circuito.
Oggi è una cosa più comune. Ci sono casi come quello di Tommy Haas (35 anni), Radek Stepanek (35), tutta gente grande che conosce bene il suo corpo, il fisico. Ci sono fisioterapisti eccellenti. La vita del tennista si è allungata rispetto agli anni ’80. Per questo si riesce a giocare fino a questa età. E nel mio caso, continuo a farlo perché ho iniziato tardi a disputare i tornei ATP. E la voglia di giocare e vincere ad alto livello mi è arrivata tardi. Fisicamente non ho subito grossi infortuni, e questo mi ha aiutato.

– Per quanto riguarda il tuo gioco, cosa ti ha aiutato nel continuare?
Ho migliorato molto il servizio. Il servizio mi da la possibilità di accorciare lo scambio, di vincere almeno un punto facile a game, e mi ha aiutato quindi a conservare più energie. E dopo, con l’esperienza leggi meglio le partite, da un punto di vista tattico, rispetto ad un giovane di 20 anni. Cerco di basare le partite sull’esperienza, trovare rapidamente il colpo che infastidisce di più il mio avversario.

– Nel 2007, sette anni fa, hai giocato la tua unica finale ATP, a Buenos Aires. Cosa ti ricordi?
È un stato un periodo molto bello della mia carriera, perché mi ha portato alla migliore posizione nel ranking, raggiunsi il numero 68. Ma fu speciale anche perché, poco a poco, ho battuto Berlocq, Montañes, Ramírez. Più andavo avanti e più acquisivo fiducia.

– E risale a 7 anni fa anche quella sanzione per le scommesse. Come vedi oggi quella situazione?
(Pensa, indugia nel rispondere) Credo che ancora oggi ci siano partite combinate nel tennis. E che l’ ATP ha fatto molto poco. In 7 anni ci sono stati solo 5 tennisti sanzionati. E con noi, gli italiani, hanno fatto una cosa molto brutta. Io non ho mai venduto alcuna partita. Ho solo scommesso su Bwin con il mio conto. Tutte scommesse perse. Nessuna vinta. Allora volevano acchiappare Alessio Di Mauro ( muove la mano dall’alto verso il basso, segnalando con il dito indice il suolo). Non so perché hanno scelto me, Starace, Luzzi, Bracciali. Solo italiani. Questo lo sa solo il Signore.

– Sette anni fa questo problema non era così vasto come oggi. Come ti spieghi il comportamento dell’ATP?
Che nessuno fa niente. Alla fine coinvolsero Scotland Yard, ma così non si risolvono i problemi. Per loro è difficile andare a scoprire la persona che fa le scommesse. Non so nemmeno quale consiglio darei all’ATP. Magari togliere le scommesse sul tennis. Questa potrebbe essere una buona soluzione. Ma ci sono troppe cose coinvolte, e l’ATP ha degli interessi in questo, perché ci sono tornei che hanno Bwin come sponsor, Interwetten, molti siti online di scommesse. Questo è diventato un problema al pari di quello del doping.

– Abbiamo ascoltato altri giocatori che sostengono che ci siano partite combinate. Perché credi che non sia stato fatto di più?
Credo che non si sia voluto fare di più. Hanno fatto davvero poco per cercare le persone. Adesso è venuto fuori il caso di (Guillermo) Olaso (giocatore spagnolo sospeso per 5 anni per l’ipotesi di aver combinato delle partite). Io non so quali siano le colpe di Olaso. Ma la sensazione è che anche lui sia uno preso dal gruppo (fa il gesto con la mano, come per tirare fuori qualcosa da una borsa) e sanzionato. Come è successo a noi italiani. Comunque si fa molto poco.

– E come mai i giocatori non hanno molto peso nella discussione in merito a questo tema?
Quando mi hanno sanzionato, parlai con i giocatori che erano i rappresentanti del Player Council. Non gliene fregava niente a nessuno. Perché io ero il 100 o il 90 del mondo, e loro sono i primi cinque. Si dividono molti soldi. Sono loro che dovrebbero parlare, ma non hanno molto interesse ad andare contro l’ATP.


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