Coppa Davis, dove giocare Italia-Gran Bretagna?

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Coppa Davis, dove giocare Italia-Gran Bretagna?

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Fabio Fognini
 

TENNIS COPPA DAVIS – Entro il 17 Febbraio la FIT deve comunicare la sede della sfida all’ITF: meglio la garanzia del Foro Italico o una sede meno usuale, in chiave di diffusione del grande tennis nel paese?

A breve la Federazione Italiana Tennis dovrà stabilire la sede dei quarti di finale della Coppa Davis, in programma dal 4 al 6 Aprile tra Italia e Gran Bretagna. Lunedì, sul proprio sito ufficiale, la FIT ha aperto un bando per l’assegnazione della sede, specificando che il termine di presentazione delle proposte da parte dei circoli affiliati dovrà pervenire entro le ore 14 di venerdì 14 Febbraio. Secondo regolamento ITF, i questionari completi con i dettagli organizzativi per l’incontro di Davis devono essere presentati alla Federazione Internazionale non più di 15 giorni dopo la fine del primo turno, quindi entro il 17 Febbraio. Ciò significa che la FIT si riserverà solo due giorni e mezzo per fare sopralluoghi e stabilire quale offerta assicurerà le migliori garanzie economiche, tecniche e organizzative. Dal 17 la Federazione Internazionale dovrà ratificare o meno la scelta. Considerando i tempi stretti, l’assegnazione definitiva arriverà probabilmente entro il 20 Febbraio, in modo da concedere all’organizzazione il tempo necessario per la sistemazione di campo e spalti e per la promozione dell’evento.
Quale sede si presenta come l’ideale per ospitare un evento tanto importante ?  La FIT parla chiaro, nelle prime righe del bando si legge: “L’incontro dovrà disputarsi all’aperto, a livello del mare e sulla terra battuta secondo le Regole ITF”. Chiara dunque l’intenzione di optare per una superficie molto lenta, dove Andy Murray non si è mai trovato a suo agio, a differenza dei nostri giocatori. Se in termini squisitamente tecnici tale scelta è del tutto condivisibile, dal punto di vista della diffusione del grande tennis l’esclusione della possibilità di giocare sulla terra indoor toglie a tutta l’Italia centro-settentrionale l’ottima occasione di allargare il bacino di utenza dei grandi appuntamenti dal vivo e il conseguente interesse attorno al tennis in una gran parte del nostro paese (Bologna, ad esempio, aveva avanzato la disponibilità ad ospitare la sfida qualche settimana fa, in caso di passaggio del turno).
D’altra parte, da Roma in giù si stanno sfregando le mani per l’opportunità e, sempre sotto questo punto di vista, sarebbe importante che si facessero avanti piazze come Palermo o Napoli o anche realtà meno affermate ma potenzialmente più adatte, in quanto inedite, all’allargamento e alla diffusione del nostro tennis, obiettivo che non dovrebbe mai essere ignorato dalla Federazione. In questo senso, è giusto chiedersi: meglio massimizzare le probabilità di vittoria o provare a fare bottino pieno, ossia vincere e al contempo allargare l’interesse verso il grande tennis dal vivo in un luogo diverso dai soliti? È chiaro infatti che l’eventuale scelta del Foro Italico di Roma rappresenta una garanzia in termini di conoscenza della superficie e di calore e competenza del pubblico romano. Il Foro è probabilmente anche la scelta più gradita da Corrado Barazzutti e dai giocatori, che mai come nell’impianto sede degli Internazionali si sentono a casa. È giusto infatti nella scelta dare voce in capitolo a chi ci ha portato fino a qui lottando sul campo, ma se la Federazione ha scelto di aprire un bando di concorso significa che non dà per scontata la scelta di Roma.
Qualunque scelta a sud della Capitale non dovrebbe dare problemi in merito a sostegno, trasporto e allo stesso tempo civiltà del pubblico, pertanto una sede diversa dalle solite, naturalmente supportata dalle necessarie garanzie tecniche e logistico-organizzative, contribuirebbe non poco ad allargare l’interesse e la passione verso il nostro sport. Negli ultimi anni, le decisioni della FIT sono andate in questa direzione, con Torino nel 2013 (1° turno del World Group vinto con la Croazia), Napoli nel 2012 (spareggio per restare nel World Group vinto con il Cile), Arzachena (Olbia-Tempio) nel 2011 (2° turno del Gruppo I vinto con la Slovenia) e Castellaneta Marina (Taranto) nel 2010 (1° turno del Gruppo I vinto con la Bielorussia).
Ora da una parte la FIT vuole andare sul sicuro (superficie in terra battuta all’aperto), dall’altra non mette automaticamente il sigillo sul Foro Italico. Se la scelta finale dovesse cadere comunque su Roma, anche vista la posta in gioco (l’Italia non gioca una semifinale Davis dal 1998, quando a Milwaukee Gaudenzi, Sanguinetti e Nargiso, capitanati da Paolo Bertolucci, compirono l’impresa di superare gli Stati Uniti in trasferta e regalarono all’Italia la settima finale Davis della sua storia, poi persa a Milano con la Svezia), non sarebbe certo una decisione sbagliata, ma sarebbe auspicabile trovare il coraggio di una sede più “periferica” anche per un turno così importante come un quarto di finale. Se non si vuole rinunciare a un palcoscenico importante, Napoli o Palermo sarebbero due destinazioni di sicuro affidamento, ma anche sedi come Bari, Lecce o Catania (fra le tante) non sarebbero da sottovalutare, se si desidera veramente incrementare il numero di appassionati e soprattutto di ragazzini che, spinti dai fasti della Nazionale, decidono di prendere in mano una racchetta e provare a tirare qualche colpo. In fondo per un bambino, in attesa dei campioni del futuro, non è più facile identificarsi in un eroe della Nazionale che ha vinto vicino a casa sua piuttosto che in un campione straniero?

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