Stan Wawrinka: La tenacia di una persona normale

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Stan Wawrinka: La tenacia di una persona normale

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TENNIS- Alla vigilia del Master di Montecarlo, Stan Wawrinka accende il torneo:”Se ritrovo le giuste sensazioni, posso batterli tutti”. Intervistato per l’Equipe, lo svizzero snocciola pregi e difetti di un tennista che non è personaggio. Chiave di lettura tra passato, presente e futuro è ovviamente lo Slam vinto.

Australian Open ’13 Djokovic b. Wawrinka 1-6 7-5 6-4 6-7(5) 12-10
Australian Open ’14 Wawrinka b. Djokovic 2-6 6-4 6-2 3-6 9-7
Nella carriera di un tennista, le partite della svolta non sono necessariamente delle finali di uno Slam e queste infatti non lo sono; ma nella vita di Stanislas Wawrinka sanciscono il punto di partenza di un percorso, e l’avvenuto superamento del limite del suo rendimento standard.
La differenza è questa ed è a portata di mano; si tratta di dettagli, di pochi punti. Ma sono cavilli tennistici che spiegano la trasformazione della “Svizzera che perdeva” in quella che vince, anche contro Djokovic e Nadal.
“ Quel giorno ho capito che ero cambiato, ma il processo era in atto da tempo. Sono diventato più lucido, più preciso, più maturo. E se in passato sono sempre stato onesto con me stesso e non ho mai accampato scuse quando perdevo; nell’ultimo anno, se possibile, sono stato ancora più onesto e mi sono detto che avevo il potenziale per battere i migliori. Dovevo solo dimostrarlo e fortunatamente ho svoltato. E’ avvenuto un reset nella mia testa e mentre prima, mi lasciavo sfuggire piccole grandi occasioni negli Slam, adesso so di poterle cogliere”.

Alla vigilia del Monte Carlo Rolex Masters 2014, Stanislas Wawrinka, intervistato da Dominique Bonnot per L’Equipe, torna a parlare della sua ultima e grande vittoria; lo fa da n° 3 del seeding. “Avere un simile ranking è bellissimo ed ora sulla terra proverò a mantenere standard molto alti dopo una relativa pausa. Vincere lo Slam mi ha cambiato la vita ed ora in Svizzera la gente mi ferma per strada molto più spesso; è tutto molto bello ma ho avuto bisogno di tempo per riprendermi”.

Il tempo effettivamente è passato e quasi tre mesi dopo, lo svizzero è ancora fermo al palo: dopo la straordinaria vittoria nell’Open d’Australia, Wawrinka ha perso agli ottavi di finale sia nel torneo di Indian Wells che a Miami; nel primo Master della stagione si è visto superare da Kevin Anderson in tre set; a Miami, invece, è caduto sotto i colpi di un esuberante Dolgopolov. Nella Davis, poi, il magro bottino, in singolare, di due vittorie (stentate) e una sconfitta (sconcertante e avvenuta in casa).
Ma la testa è ancora allo Slam vinto?
“Si e No. Non ho mai sognato di vincere un Grande Slam, ma ci sono riuscito e questo è un gran bel punto d’arrivo. Impossibile non pensarci perché è passato davvero poco tempo e si tratta di un favoloso risultato che rimarrà nella storia. Però allo stesso tempo non posso crogiolarmi nei pensieri, i tornei si susseguono e già a Montecarlo vorrei tornare a fare bene”.

La terra non è il cemento, e questo, Stan lo sa. “Sono curioso di vedere come reagirà il mio tennis sulla terra. Se ritroverò le giuste sensazioni, posso dar fastidio”.

A Montecarlo, dove il suo miglior risultato resta la semifinale persa nel 2009 con Nole Djokovic, sarebbe forse il caso di sperare in un buon tabellone, così da prendere confidenza con la superficie. Ma Stan la pensa diversamente: ”Dopo aver vinto lo Slam ho imparato a fare di necessità, virtù. Ho sempre pensato di poter battere Djokovic, Berdych e Nadal ma mai avrei pensato di batterli tutti insieme, invece è successo. Il sorteggio non dovrà mai più influenzarmi così come non dovrà farlo la lunga durata delle partite. Ricordo quelle con Tsonga al Roland Garros nel 2012, a Wimbledon con Melzer e le due grandi partite con Djokovic agli ultimi Australian Open. Ormai so che posso farcela, posso reggere in ogni condizione mentale e di stress fisico. Le lacrime agli Australian Open del 2013 erano lì a dimostrarlo; avevo incominciato a capire che potevo farcela ed ero triste per non avercela fatta. Non ho mai avuto paura di piangere in pubblico”.

Un 1000 però non è uno Slam e il problema della durata di un incontro non dovrebbe essere all’ordine del giorno; da numero 3, tuttavia, Wawrinka potrebbe di nuovo incontrare Djokovic e Nadal. “La mia filosofia per quanto riguarda gli scontri diretti non è mai cambiata. Se ho una statistica terribile con un tennista, non è che non scendo proprio in campo. Piuttosto ho sempre più voglia di vincere e la contesa non mi spaventa. E’ stato così con Djokovic e Nadal in Australia. Con Rafa non avevo mai vinto un set ed ho pensato che se le cose fossero andate male, avrei potuto consolarmi con la finale Slam conquistata. Sono onesto nel dirlo, ma aggiungo anche che con Magnus Norman mi sono preparato intensamente per quel match, quasi fosse stata l’ultima partita di tennis che avrei potuto giocare. So che è contraddittorio ma è stato il mio processo mentale ed è così ho vinto, riuscendo a superare anche la frustrazione del set perso con Rafa in difficoltà”.

Mentre lo spiega, per un attimo sembra rivivere quello stress, quella paura di sapere che Nadal avrebbe potuto tornare a giocare al top da un momento all’altro, quell’ ansia di dover chiudere subito la partita, perché nel primo set aveva dimostrato di potersela giocare alla pari e di poterla vincere. Sembra rivivere tutto questo, Stan, ma dura un attimo davvero, poi torna il sereno, perché lui non è più Svizzera 2, non è più la Svizzera che perde.
Era giusto che mi apostrofassero così, era la realtà! Ma il più grande talento che mi riconosco è la tenacia. La mia capacità di non mollare mai e di continuare a lavorare sodo in un’unica direzione, con o senza l’aiuto del mio allenatore. C’è desiderio di riuscire ma soprattutto passione in tutto quello che faccio e senza non saprei come fare”.

Sarà pure il suo miglior talento, la migliore qualità caratteriale, ma tecnicamente parlando non può esimersi dal commentare il suo magnifico rovescio a una mano: “Lo cambiai a 11 anni, prima lo eseguivo a due mani e ho lottato per anni pur di arrivare ad avere una simile forza nel colpo. Da piccolo in tanti erano migliori di me e se ci fosse stato un sondaggio, nessuno avrebbe scommesso su di me. Quindi si può dire che ho talento anche nella tecnica, ma è innegabile che da questo punto di vista non sono stato affatto precoce, piuttosto non ho mai mollato ed ho cercato sempre di migliorarmi.”
La tenacia di cui prima, allora si, davvero il suo cavallo di battaglia, il suo vero talento; la sua più importante peculiarità, più decisiva dei consigli del suo entourage e in particolare di quel Pierre Paganini “mentore scrupoloso”, dell’amico Severin Luthi e del coach Magnus Norman che “ho fortemente voluto per un cambio di mentalità”.

Finisce così l’intervista a Stan, fu Svizzera 2, campione Slam dalla grande tenacia e persona solare ed onesta; persona e non personaggio come molti dei più grandi campioni sportivi del nostro tempo.
Non sono folle, non è nella mia indole, non ho bisogno di strapparmi la maglietta come Djokovic nel 2013 pur di sentire l’emozione del momento. Non ho bisogno di sfogarmi o di lasciarmi andare dopo una grande fatica perché non è il mio carattere e se il mio avversario sta male fisicamente, resto destabilizzato e quasi non riesco ad approfittarne, proprio come con Nadal in finale negli Australian Open. Sono così”.

Così è se vi pare. In bocca al lupo Stan.

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