Zarina Diyas ma anche Roger Federer: Baraldo ne ha per tutti

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Zarina Diyas ma anche Roger Federer: Baraldo ne ha per tutti

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TENNIS – Intervista al preparatore atletico Stefano Baraldo, professionista di successo del settore che ne ha per tutti, anche per Federer e Nadal, “che devono lavorare su potenza e footwork”. E ancora: Nello sport il primo problema è sempre fisico, ma la soluzione è mentale”.

Stefano Baraldo

Stefano Baraldo

Qualche mese fa, in occasione degli ottavi di finale di Wimbledon, abbiamo parlato approfonditamente dell’ascesa di Zarina Diyas, la giovane tennista kazaka che in poco più di otto mesi ha scalato circa 200 posizioni nel ranking Wta, affermandosi in breve tempo nella Top 60 mondiale. Abbiamo avuto il piacere di fare una bella chiacchierata con uno degli artefici di questa “esplosione”: stiamo parlando del suo preparatore atletico, il senese Stefano Baraldo, che ci ha svelato qualche aspetto inedito del suo lavoro.

Potito Starace, Federico Luzzi e Flavia Pennetta  sono (e sono stati) solo alcuni dei tennisti più famosi seguiti da Baraldo, che in tutta la sua giovane carriera da preparatore ( è un classe ’80) ha già aiutato tanti atleti ad affermarsi ad altissimi livelli nel circuito.

L’intervista, oltre a raccontare nel dettaglio come sta procedendo la preparazione della Diyas in vista degli Us Open, fornisce diversi spunti di riflessione relativamente al fattore atletico, cioè di come negli anni sia diventato sempre più determinante anche nel tennis femminile, e alle differenze di metodologie di allenamento tra gli uomini e le donne. E poi opinioni su Roger Federer, Rafael Nadal e… Anna Kournikova.

Come e quando è iniziata la collaborazione con la giovane kazaka? E quali obiettivi vi eravate prefissati, sia a breve che medio termine?
Zarina non riusciva a rientrare da un intervento alla spalla svolto nel 2011. A settembre 2013 ha deciso di esser seguita da Alan Ma, Marco Panichi e me in Cina. Era 260 del mondo e non riusciva a rientrare nelle 200. Il goal per il 2014 era giocare Parigi in main draw, ossia intorno alla 110ma posizione, e provare a chiudere la stagione nelle 100. Poi è andata meglio del previsto…

Era da inizio anno che Zarina Diyas mostrava segnali di crescita costanti. Mancava l’acuto in un grande appuntamento, ed è arrivato proprio a Wimbledon, dove ha raggiunto gli ottavi di finale. Eri fiducioso che questi risultati sarebbero arrivati in così breve tempo?
Il finale della stagione 2013 ci lasciava ben sperare, ma Zarina ha iniziato a vincere, vincere e rivincere. Questa è la WTA. Non basta tanto lavoro, serve anche molta esperienza. Lei ama il tennis… in America si dice: find what you love.

Abbiamo notato che Zarina ha inserito nella sua programmazione ben due tornei di preparazione a Wimbledon: il challengher di Nottingham, dove si è spinta sino in finale , e il wta di Birmingham, dove al primo turno, al termine di  due set molto tirati, si è arresa a Coco Vandeweghe. Segnali di forte feeling con questa superficie.  Ciò è dovuto ad una preparazione atletica e tattica specifica per l’erba o soltanto ad una naturale predisposizione della tennista alla superficie? E qual è la superficie su cui, secondo te, si adatta meglio?
Zarina ha una casa ad Amsterdam, forse questo l’ha aiutata per la stagione sull’erba (ride) … Scherzi a parte,  ha delle caratteristiche tecniche ideali per questa superficie. Altri coach ben più esperti mi avevano già detto che avremmo avuto grandi opportunità a Wimbledon. Perdere agli ottavi con la numero 3 del mondo è un gran risultato.  Penso che se Halep non si fosse infortunata durante il primo set in semifinale contro Bouchard, la Kvitova non avrebbe vinto cosi facilmente la finale di Londra. La superficie preferita da Zarina è il cemento, ma ovviamente l’erba non essendo apprezzata da molte colleghe, potrebbe offrire altre opportunità nel futuro. Se riusciremo a potenziare il fisico di Zarina non escludo sorprese anche sulla terra battuta.  Dipende molto dai tabelloni in realtà.

Ora è in corso la preparazione in vista della stagione sul cemento americano: nelle prossime settimane ci saranno tornei importanti che potrebbero portare davvero tanti punti alla tua atleta. Qual è la sua programmazione dei prossimi mesi sino agli Us Open e come vi state preparando?
Giocherà Washington, Montreal, Cincinnati, New Haven e NY… Dopo Londra era molto provata, quindi stiamo lavorando per arrivare in forma a NY e mantenere la condizione per i tornei successivi in Asia dove si gioca “in casa”.  Alan sta aggiustando il dritto, io punto a incrementare la potenza e il footwork,ma ci sono dei tempi biologici da rispettare. Zarina gioca ogni partita al limite quindi siamo sempre molto focus sulla prevenzione infortuni e recupero tra le partite.

Quali sono gli aspetti su cui hai maggiormente puntato quando hai cominciato a lavorare con lei? E quali sono i suoi punti forti?
A 20 anni si ha molta energia, il volume di lavoro è molto alto. Zarina ama il suo lavoro, il suo sport, ed è disposta a tutti i sacrifici necessari! Il problema è che, non essendo particolarmente dotata fisicamente, è necessario mantenere un rapporto tra quantità e qualità dell’allenamento adeguati. In poche parole: si lavora senza fretta! Siamo già in una situazione di classifica eccezionale… quindi lasciamo sempre un buon margine di sicurezza in tutto. In particolare abbiamo lavorato e continueremo sulla “ricerca-posizione-risposta” e ovviamente sul servizio. Credo molto nelle sue doti di aggressività in campo! Vorrei che si potesse raggiungere un ordine e una reattività il più vicini possibili alle top 10. La resistenza è migliorata molto, ma l’esplosività è cresciuta del 16% rispetto a dicembre. Bene, ma non basta. Per puntare in alto Zarina deve diventare un’ atleta di alta prestazione. Senza infortuni ce la faremo in 3 anni, spero: quindi Olimpiade o 2017.

Attualmente Zarina occupa la posizione n.54 del ranking Wta, mentre nella “Road To Singapore” è addirittura già 47esima. Ti aspettavi questa vorticosa salita in così pochi mesi?
Non mi aspettavo un rendimento così continuo da top 50. Spesso ancora ci ridiamo sopra. Ma ci dà forza per lavorare sempre meglio. Tutto il Team è molto motivato, crediamo in Zarina perché se lo merita più come persona che come tennista. Il tennis è tanto cuore, forse è più cuore che testa.

Ci descrivi con tre aggettivi la giovane Diyas, dal momento che è poco conosciuta dalla folta schiera di appassionati di tennis?
Coraggiosa, costante, concentrata.

Dove può arrivare?
Per scherzo a Miami le ho detto che non sarà mai top 10. Per me conta più che sia una persona felice, però sotto sotto…grazie alle nostre immense tenniste italiane ho capito che ce la possiamo fare. Sarò sempre grato a Flavia, Francesca, Sara e Roberta.

Tu che sei nel circuito da molti anni, come hai trovato quest’anno la tanto criticata erba di Wimbledon?
Wimbledon non è un torneo di tennis. È semplicemente un evento mondiale, storico. Ho avuto la grande fortuna di andarci già 7 volte. Dopo aver perso ho portato Zarina al museo del “Championships”: questa è storia.  È sempre più bello, organizzazione pazzesca. Indescrivibile… se i giocatori ci scivolano la seconda settimana, fortunati loro: è erba, va rispettata e non calpestata!

Con Zarina lavori a Guangzhou, nel quartier generale del suo coach, Alan Ma. Come vedi in prospettiva il tennis cinese femminile, che in Top 100 ha già 4 tenniste?E come mai gli uomini invece fanno più fatica?
Entro un paio di anni ci saranno più di 20 milioni di tennisti principianti in Cina. Ma non ci siamo. Il sistema è ancora troppo chiuso. La mentalità non è ancora lontanamente pronta a sfornare una squadra di  campioni in un “gioco” come il tennis. Il post Li Na è incerto per il femminile, figuriamoci per il maschile…ma un giorno le cose cambieranno. Non nei prossimi 4/5 anni. Spero che ci provino per le Olimpiadi di Tokio 2020, ma ho seri dubbi a riguardo.

Hai lavorato con tantissimi tennisti, sia uomini che donne. Nel tennis di oggi, sport in cui anche la donna punta molto sulla potenza, ci sono ancora parecchie differenze nella preparazione fisica di uomini e donne?
La metodologia di preparazione e allenamento si sta omogeneizzando tra ATP e WTA. È ovvio che, per natura, i volumi e la qualità del lavoro siano differenti. I maschi sono più predisposti geneticamente, le donne più minuziose perché possono compensare il divario tecnico con le avversarie attraverso la prestazione atletica.

E specificamente per le tenniste, in passato hai seguito tante atlete importanti del circuito, penso a Flavia Pennetta o ad Alisa Kleybanova: negli ultimi 4-5 anni  hai dovuto apportare qualche modifica particolare alle tue metodologie di lavoro a causa dell’evoluzione di questo sport? Se sì, quale?
Ogni persona che ha lavorato con me ha un percorso personalizzato. Per me conta molto che tipo di giocatore sei e che tipo di personalità hai. Modifico ogni anno il mio lavoro aggiungendo nuovi attrezzi. Il metodo rimane sempre quello…il mio. Di tanti strumenti e attrezzi ho sempre più fiducia in un semplice, ma geniale macchinario sviluppato dal collega Salvatore Buzzelli (SensoBuzz) con il quale sto collaborando da 5 anni per sviluppare un modello di allenamento complementare a quelli tradizionali. Un allenamento fisico e mentale.

Sembra scontato chiederlo a te, ma in una carriera conta più il fattore psicologico o il fattore fisico?
Secondo me bisogna essere onesti, umili e darsi da fare per evolversi e migliorare: imparare ad ammettere i propri errori cercando di non ripeterli. Conoscere i propri limiti e superarli. Non girarci intorno. Nello sport il primo problema è sempre fisico, ma la soluzione è sempre mentale. Nessuno è perfetto. Imparare da tutti è sempre utile. Dare il massimo è mentale. Tutte le risposte esistono, basta farsi delle domande. Questo vale nello sport come nella vita. Non esiste il giusto o sbagliato, esistono le azioni e le conseguenze. E ricordarsi sempre che nella vita si può avere tutto, ma non tutto nello stesso momento! La carriera è una priorità: se giochi a tennis la priorità è il tennis.

Come vedi la carriera di Federer e Nadal, i due big veterani del circuito, da qui a 3 anni? E su cosa dovrebbero lavorare secondo te per mantenere ancora altissimo il loro livello di gioco?
Roger ha ancora tanto da dare fisicamente, spero per noi che ne abbia anche mentalmente! Per quello che ho visto dal vivo questa stagione, sta meglio di altri anni, ma gli manca un pizzico di esplosività, il famoso 10% sul ginocchio. Un pizzico di potenza in più ed è sempre Re Roger! In campo lo vedo come un Dio, fisicamente sta bene e tennis stellare. Però secondo me arriva a Rio 2016 e lascia. Spero di no, perché è un genio ed è una persona evoluta. Rafa è il mio preferito, perché è educato e generoso. È ancora giovane, tra 3 anni starà sempre lì a lottare. Secondo me si potrebbe muovere meglio, anche se quando lo dico ai colleghi ridono tutti! Comunque per Federer direi la potenza e per Rafa il footwork.

Domanda secca: due tennisti, un uomo e  una donna, presi tra i primi 15 delle classifiche attuali per i quali la preparazione atletica ha costituito, in assoluto, l’ arma vincente della carriera.
Halep e Ferrer

Quali sono le collaborazioni che ricordi con più soddisfazione nella tua carriera?
Mi manca molto Federico Luzzi! Come disse una volta a Federer negli spogliatoi di Roma: “Roger, dopo la mezzanotte sono io numero 1”. Ma sarò sempre riconoscente a Potito di avermi dato tanta fiducia e tante emozioni, per me rimane sempre il mio personale numero 1.

C’è  un tennista, uomo o donna che sia, che vorresti seguire, oppure che avresti voluto seguire?
Avrei voluto seguire Anna Kournikova! Per ovvi motivi…

Hai seguito in passato anche una grande promessa del tennis azzurro, ossia Giacomo Miccini, che abbiamo visto recentemente giocare il primo turno al Challenger di Recanati (da wildcard): sembrava destinato ad una grande ascesa, poi invece problemi fisici l’hanno più volte bloccato. È il tuo grande rimpianto? Ne hai altri nella tua carriera?
Jack Miccini è un rimpianto, sì. Come Burnett e tanti altri italiani, come la Giovine e Naso ad esempio. La Giorgi è dinamite. Ho seguito anche Fognini per un mese circa a febbraio del 2009: è estremamente facile da allenare atleticamente, mi sarebbe piaciuto continuare ma non c’erano i presupposti. Fosse per me allenerei tutti, ma per fare le cose per bene ci vuole tempo…

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