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(S)punti Tecnici

Australian Open: (s)punti tecnici da bordocampo, day 4

Last updated: 02/12/2016 18:41
By Luca Baldissera Published 22/01/2015
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5 Min Read
Jurgen Melzer prepara dritto e rovescio in open stance (foto di Luca Baldissera)


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Sono i dettagli più piccoli e meno evidenti la base tecnica di un colpo da professionista: il veterano Jurgen Melzer esibisce una finezza del footwork assolutamente da manuale

Giornata torrida oggi a Melbourne, per la prima volta la famigerata “estate australiana” si è fatta sentire con tutta la sua calura: non ci si è arrivati, ma ho avuto il dubbio che si potessero addirittura creare le condizioni per applicare la “heat rule”, ovvero l’interruzione degli incontri all’aperto, e la chiusura del tetto degli stadi coperti con condizionamento dell’aria, per l’eccessiva e pericolosa temperatura.

In questa specie di forno hanno giocato Paolo Lorenzi e Vasek Pospisil, per tre ore e trentacinque minuti, cominciando a mezzogiorno: per di più sul campo 13, in fondo a Melbourne Park, dove non c’è nemmeno la più piccola possibilità di stare all’ombra. Bravi loro, bravo anch’io che me la sono vista tutta, e peccato per Paolo, ma Vasek è uno solido, non un campionissimo ma con servizio e dritto fa davvero male.

Mentre andavo verso il campo prima del match, e me la sono presa comoda, non avendo tutta questa fretta di accomodarmi nella canicola, sono passato al court 7, dove si stava allenando Jurgen Melzer. L’austriaco, trentatreenne ex numero otto del mondo, ora 108 ATP, qui ha superato le qualificazioni, il primo turno, e ha poi perso da Tomas Berdych. Sono stato contento di vederlo, perchè è a fine carriera, ed è stato veramente forte, con un tennis mancino assai brillante, tanti anticipi e variazioni: un giocatore divertente, insomma.

Stamattina stava allenando la postura in risposta al servizio, e gli approcci ai colpi da fondo, con lo sparring a rete che gli spingeva palle rapide da sopra la testa per simulare i grandi servizi. La cosa interessante da notare stando vicino e di fianco al giocatore è la gestione del peso, a partire dall’appoggio del piede esterno. Jurgen qui si allena a rispondere a palle potentissime, che non danno assolutamente il tempo di variare la stance rivolgendosi verso la palla più di tanto: l’ovvia soluzione è l’esecuzione in open stance, postura frontale rispetto alla palla.

Sia di dritto che di rovescio (bimane! A una mano è terribilmente più difficile!), anche se non ci si gira verso il colpo con le gambe bisognerà comunque rivolgere il peso da quel lato per poi proiettarlo verso la palla: la soluzione tecnica, in questo era un fenomeno il “maestro della risposta” Andre Agassi, è mantenere il piede esterno al colpo (sinistro se eseguiamo un dritto, destro per il rovescio) rivolto in avanti, mentre quello interno va a ruotare (pivot) in fuori. In questo modo si “libera” l’articolazione del ginocchio della gamba interna stessa, permettendo una flessione rivolta verso il colpo pur con gli appoggi che rimangono frontali.
Si fa così perchè è un movimento (una rotazione in effetti) che può essere rapidissimo, molto più veloce del sollevare e spostare i piedi con un vero e proprio passo o saltello, e l’ideale, da manuale del footwork, è trovarsi nell’esatto istante della conclusione del backswing di preparazione con i piedi a 90° perfetti tra loro, quello esterno (ricordo, “esterno” rispetto allo sviluppo dello swing) rivolto verso il campo, quello interno rivolto in fuori. Per nulla facile. Ma guardiamo la foto in alto, e osserviamo dove è la testa della racchetta (esatto istante di caricamento massimo del backswing) e come sono messi i piedi (esattamente ad angolo retto tra loro). Il tutto in un quarto di secondo, come un passo di danza di precisione assoluta, eseguito in totale automatismo. Jurgen è semplicemente perfetto.

Ora, mi rendo conto che stiamo andando a vedere veramente i dettagli più specifici e tecnici possibili, ma sono proprio questi dettagli che fanno la differenza, uno accanto all’altro, tra il colpo del giocatore “qualsiasi” e quello del professionista: troppo spesso ci si dimentica che sono queste finezze coordinative e di footwork, quasi invisibili all’occhio non allenato a coglierle, che messe tutte insieme creano l’esecuzione ottimale, quella che fa dire al tennista della domenica “sembra facile”… e poi ci prova piantando giù i talloni a caso, e ci rimane pure male, quando quella che nella sua immaginazione era una rispostona anticipata alla Agassi gli si schianta sulle siepi, ma quelle del campo accanto, però.


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TAGGED:Australian Open 2015Jurgen MelzerLavagna tattica
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