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Reading: Ritorna Stanimal spietato con Federer: “Un match perfetto” (Martucci). Federer non è Borg: gode Wawrinka. E Nishikori sfinito si offre a Tsonga (Clerici). Federer, via col vento. Stavolta è Wawrinka lo svizzero giusto (Semeraro). Non regge più i tornei lunghi, ma Federer resta il più amato (Giua)
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Ritorna Stanimal spietato con Federer: “Un match perfetto” (Martucci). Federer non è Borg: gode Wawrinka. E Nishikori sfinito si offre a Tsonga (Clerici). Federer, via col vento. Stavolta è Wawrinka lo svizzero giusto (Semeraro). Non regge più i tornei lunghi, ma Federer resta il più amato (Giua)

Last updated: 03/06/2015 11:29
By Alberto Giorni Published 03/06/2015
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16 Min Read


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Ritorna Stanimal spietato con Federer: “Un match perfetto” (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport)

Il vento fa, il vento disfa. II vento trasforma, e confonde, e riporta indietro nel tempo. Stan Wawrinka diventa terribilmente simile all’ultimo picchiatore, protagonista del Roland Garros, lo sfortunato Robin Soderling, l’unico ad aver battuto Nadal sulla sacra terra rossa negli ultimi dieci anni, lanciando il primo ed unico successo a Porte d’Auteuil nel 2009 di Roger Federer. E il Magnifico è vittima, guarda caso, del potentissimo «Stanimal», allenato da quello stesso Magnus Norman che aveva saldato i garretti di Soderling nelle famose acciaierie svedesi. Mentre Michael Chang, l’eroe della miracolosa Parigi 89, rivive nel panni dell’allievo, il giapponese Kei Nishikori, capace di rimontare due set all’eroe di casa, Jo Wilfried Tsonga. Con l’aiutino sempre del vento che, facendo rovinare un tabellone sugli spettatori, stoppa per quaranta minuti il moro, sul 6-1 5-2. Senza impedire il 6-4, ma spezzandogli quel ritmo forsennato e trionfale, ed innervosendolo poi, sul 4-4 del terzo set, quando il numero 14 del mondo cede, di nervi, al numero 5. II Philippe Chatrier ammutolisce: come per magia, Jo è costretto all’errore proprio sul colpo più forte, il dritto, dai mille recuperi del castiga-francesi (7-1 fino a ieri negli Slam). Jo trema e fa tremare la sua gente. Anche se poi, al quinto set, trova la spinta decisiva dal pubblico giacobino. Sempre più impetuoso e feroce, sempre più inesorabile e deciso nel pretendere Tsonga nella seconda semifinale al Roland Garros (nel 2013 perse con Ferrer), la seconda stagionale dopo Melbourne. II sosia di Ali giovane, s’impone di fisico, dopo tre ore e tre quarti, come non riuscì Lendl contro Chang nell’89, ma sa di dover ringraziare i 15mila seguaci di Chauvin, scrive con le scarpe un «Roland je t’aime» sulla sabbia e si stende lì. Estatico. «Sono super contento, è stata dura, perché lui è tornato nel match ed era sempre più forte, ma io ho tenuto la testa alta».

La gente paga il biglietto e desidera lo spettacolo, ma al Roland Garros molto spesso vuole anche decidere il risultato. «Ringrazio il pubblico che ha reso l’atmosfera fantastica», recita Wawrinka al microfono in campo dopo aver vinto il derby svizzero, con metà Suzanne Lenglen schierato in modo imbarazzante per Roger e l’altra metà … pure. «Ho giocato il mio miglior match sulla terra rossa e l’ho fatto contro la persona che più mi ha aiutato in carriera. Sono felice: gioco la prima semifinale al Roland, dopo aver vinto il titolo juniores (2003). Roger era in difficoltà perché giocavo bene».

Il pubblico gli è ostile, anche in modo scorretto, ma Stan è caricato a pallettoni: ha l’88% dei punti con la prima, a una media di 200 chilometri l’ora, e mette giù 43 vincenti (contro 28 errori). Scorbutico ed essenziale, «Stan the man» concede 4 palle-break nel primo set, ma le salva lui, e poi è inattaccabile al servizio, e sfodera una contraerea da fondo-campo impenetrabile per Fede-rer. Che non pub cercare la via della rete, imitando Edberg, oggi suo coach, in tribuna. E non pub evitare il primo sgambetto del delfino, negli Slam. «Avrei voluto rimontare nel primo set e vincere il tie-break del terzo, le ho provate tutte (…)

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Federer non è Borg: gode Wawrinka. E Nishikori sfinito si offre a Tsonga (Gianni Clerici, La Repubblica)

Credo di aver capito perch6 i campioni di oggi affittano quelli di ieri. Quelli di oggi non sono più abituati a pensare, sommersi da una professionalità a prevalenza muscolare e robotica. Spinti dagli enormi guadagni, dei quali non saprebbero che fare senza consulenti bancari professionisti, il corpo perfetto per l’assistenza di medici, massaggiatori, fisioterapisti, le racchette ormai controllate quanto computer, sperano che un’idea, magari piccolissima, possa essere generata dalle passate esperienze dei loro zii, per non parlare dei nonni Oggi, per esempio, Roger Federer doveva aver pregato Stefan Edberg di assentarsi dall’amata Londra, e di sedersi col suo seguito, insieme alla moglie Mirka, perché forse gli comunicasse , magari con lo sguardo, il da farsi. Di fronte a Wawrinka, Federer affrontava, tra gli altri, il problema di chi gioca, come si dice, a specchio, contro qualcuno non meno nerboruto, non meno monomane, non meno nato sul rosso. Forse, pur nella sua credula fiducia, simile a quella dei bambini ricchi che ottengono tanti giocattoli, Roger si era dimenticato che, pur con il suo mirabile gioco serve&volley, Edberg mai aveva vinto un Roland Garros. Sono passati, infatti, decenni, e sono cambiate palle e racchette, dai tempi nei quali si giocava come Edberg, e i prati, almeno quelli, erano più veloci. Oggi, contro Wawrinka, ci sarebbero voluti tipi alla Borg, o magari Nadal degli anni sani. Oggi ci sarebbe voluto un Pietrangeli contemporaneo capace di bloccare il polso, almeno sull’altrui servizio, e non tentare ribattute di cieca violenza.

Il grande infantilismo di Federer, vecchio bambino benedetto, ha fatto sì che, per tre set, le sue tattiche rimanessero eguali a quelle altre volte vittoriose, e addirittura lo hanno spinto a contestare le chiamate finali di un arbitro ovviamente imparziale, mentre Wawrinka dava un esempio di maturità cancellando con la suola i marchi positivi delle righe trafitte da Roger. Speriamo di rivederlo, Roger, ben altrimenti a suo agio su terreni a lui più adatti, magari sulla distanza più breve. Vecchio Scriba, gli sono debitore di spettacoli di bellezza non inferiori a un Nizinskij, ad un Nureyev. Ma preferirei davvero un ritiro, a prove inferiori al miglior Federer, quello del passato. Per assistere al match del quale ho scritto, senza dettagliare i punteggi, ormai preclusi a chi ancora si serva della carta, ho assistito solo all’ avvio e alla fine dell’altra semifinale, quella in cui Tsonga pareva aver travolto Nishikori. Avendo casualmente ascoltato lunedì una conversazione del giapponese, mi ero divertito ad una sua affermazione, gin Giappone non esistono campi in terra., smentita da un noto collega di Tokio, «Guarda che ne abbiamo uno». Pareva, all’inizio del match, che il tennista avesse avuto ragione, ma il suo spirito d’adattamento deve essere vivissimo se, smarriti i primi due set, avrebbe consolidato la sua regolarità, mentre Tsonga, al mutamento del gioco, sembrava incredulo, e immerso in soliloqui irritati (…)

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Federer, via col vento. Stavolta è Wawrinka lo svizzero giusto (Stefano Semeraro, La Stampa).

Via col vento. Sui quarti del Roland Garros tira un’aria di burrasca che fa crollare un pannello dello schermo gigante del centrale (tre feriti leggeri, il match fra Tsonga e Nishikori lungamente interrotto) e trascina via Roger Federer, sbattuto qua e là anche dai rovesci di Stan Wawrinka, il suo ex sottoposto che, dopo una vita da mediano (di lusso) passata all’ombra del Genio, da un paio di anni ha trovato il coraggio di volare. Nel 2014 è preso gli Australian Open, ora è in semifinale a Parigi. La partita l’ha vinta lui, servendo come un dannato (88 per cento di punti con la prima palla), dominando da fondo e tenendo i nervi saldi anche nel tie-break finale. Non l’ha persa Federer, anche se lo svizzero alfa ha qualcosa da recriminare. «Giocare in queste condizioni è stato duro – abbozza – e questo rende ancora più impressionante la partita di Stan. Tutti sappiamo di cosa è capace, ma la vittoria in Australia mi aveva sorpreso: ho sempre pensato che le sue chance più grandi fossero qui. Per me è tempo di pensare a Wimbledon, il mio vero obiettivo».

Nei 18 precedenti derby svizzeri, Federer aveva vinto 16 volte: questo è il terzo successo di Stan the Man, sempre sulla terra. La confessione di Stan «Per tutta la vita ho dovuto sostenere una rivalità, che non mi sono cercato, contro il più grande Genio della storia», aveva spiegato alla vigilia. «Battere la persona che ti ha aiutato di più nella carriera non è facile – ha ripreso ieri, ammettendo l’Edipo tennistico che l’ha posseduto a lungo ma oggi credo di aver giocato la mia miglior partita sulla terra». Ha poi ringraziato il pubblico, peraltro tutto federeriano: un allenamento per la semifinale contro l’enfant-du-pays Tsonga che è sopravvissuto allo tsunami Nishikori e sul match-point ha fatto tremare, lui sì, un Centrale in attesa di un Messia francese dai tempi (1983) dell’antenato Noah.

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Non regge più i tornei lunghi, ma Federer resta il più amato (Claudio Giua, repubblica.it)

Accade ancora di rado, ma con crescente frequenza Roger Federer decide che in certe circostanze risalire la corrente è inutile, oltre che impossibile. Continua a giocare, ma non trova più i vincenti. Fa punti, eppure quelli che pesano sono pochi. Mostra sprazzi di tecnica sublime soltanto quando l’avversario si prende una pausa. Va così in una giornata ventosa che lo innervosisce oltremisura e invece sembra rinvigorire Stan Wawrinka, che grazie al successo (6-4 6-3 7-6 in 2 ore e 9 minuti) riesce per la prima volta ad approdare alle semifinali del Roland Garros.

È la conferma che, a quasi 34 anni, Roger non ha la tenuta indispensabile per fare tutti interi i tornei di lunga durata. Per arrivare in finale a Roma ha giocato quattro partite, lo stesso numero necessario per disputare i quarti di uno Slam. Alla quinta, non ce l’ha fatta al Foro Italico e nemmeno a Parigi. Se poi deve scendere in campo per tre giorni consecutivi, è la testa più che il fisico a imporgli limiti che un tempo non conosceva. E il sostegno del pubblico non gli basta più.

Poi c’è il fattore Stan. L’anno scorso Wawrinka sconfisse Federer in finale a Monte Carlo (4-6 7-6 6-2). Grande fu la sorpresa nonostante tre mesi prima il Tano Belloni (vedi Wikipedia) del tennis svizzero avesse vinto lo Slam d’Australia. Fino ad allora Roger era stato per il connazionale Stan quello che Rafael Nadal, spagnolo, è per il connazionale David Ferrer: in pratica, ingiocabile. Una sola volta era riuscito a prevalere, nel 2009, anche allora sulla terra rossa. La risposta di Roger alla delusione patita nella finale nel Principato arrivò in luglio nel quarto di finale sull’erba di Wimbledon, con il netto successo in tre set (3-6 7-6 6-4). Nel match successivo, alle Finals londinesi, Federer faticò invece parecchio ad aver ragione del compagno di Davis (4-6 7-5 7-6). Il match fu poi oggetto di polemiche perché a qualcuno sembrò che Mirka Federer avesse apostrofato l’amico del marito durante il gioco. Il Daily Telegraph ricostruì la vicenda così: “Tutti hanno sentito una voce femminile gridare crybaby, piagnone, dalla tribuna”. Per fortuna pochi giorni dopo a Lilla i due si presero insieme la prima storica Davis per la Svizzera e ogni eventuale attrito tra i clan rientrò. In semifinale a Roma, tre settimane fa, Roger lasciò le briciole (6-4 6-2) a Stan. Poi la vicenda senza storia di oggi. Wawrinka ha dominato in lungo e largo per un’ora e tre quarti, rischiato qualcosa nel terzo set, controllato la situazione nel tie break decisivo. I successi di Roger su Stan sono ora sedici contro tre. Divario non colmabile, ma intanto Wawrinka venerdi in semifinale troverà Jo-Wilfried Tsonga, trent’anni come lui, da stasera numero 12 ATP, che ha sconfitto al termine di una lunga maratona Kei Nishikori, numero 4 della classifica mondiale.

Il giapponese ha combattuto in condizioni ambientali difficili, contro l’ultimo francese rimasto in tabellone a Parigi e contro il pubblico del Philippe Chatrier tutto schierato con lui. Hanno infastidito invece entrambi il vento particolarmente capriccioso e l’incidente sugli spalti – una copertura di lamiera è crollata sugli spettatori, ferendone leggermente tre – con conseguente lunga interruzione del secondo set.

Jo-Wilfried Tsonga, tornato ad essere competitivo ad alto livello nel corso di questo Roland Garros, ha disputato tre set ad altissimo livello ma s’e trovato in difficoltà quando Kei ha imposto ritmo e profondità nel terzo e nel quarto set. Nel determinare il 6-1 6-4 4-6 3-6 6-3 finale hanno contribuito sia l’efficienza del servizio del francese, sia i troppi errori di Nishikori, per lo più concentrati nei tre set vinti da Tsonga. Il quale ha mostrato nel quinto set una concentrazione non comune, perché per nessuno è facile contenere Nishikori in rimonta: è la situazione agonistica che il giapponese preferisce. Ma è errore comune considerare Tsonga giocatore di risorse fisiche non comuni e di scarse qualità nervose. Dei transalpini, non a caso è lui ad aver ottenuto i migliori risultati nell’ultimo decennio, anche se è la prima volta che arriva così vicino al successo nello Slam della terra rossa. Che per un francese è il massimo.


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