È una città lontana, lontanissima dall’immaginario occidentale che la vuole tutta luci, colori, samba e ballerine, la Rio de Janeiro che sta lentamente lavorando per prepararsi ad accogliere i Giochi della XXXI Olimpiade. Una metropoli piena di contrasti che vive, ancora oggi, appoggiata sulla inconciliabile distonia tra le spiagge ricche, vivaci e piene di turisti, a Copacabana, Ipanema e Leblon, e le favelas arroccate sui “morros” appena dietro, ricettacolo non solo di criminalità e povertà da terzo mondo, ma anche di un ceto medio cresciuto meno velocemente rispetto al costo della vita, e non ancora in grado di comprarsi una casa nella Rio più urbanizzata.
Il panorama di Rio che si gode dall’alto
In mezzo a tutto questo, i lavori per costruire i Giochi: lontani, a dire il vero, dal cuore pulsante della ex capitale del Brasile.
Prima materialmente che geograficamente: girando per le strade di Rio, in qualsiasi quartiere e anche nelle prossimità degli impianti, non c’è nessun rimando, un cartellone, un manifesto, un led, un volantino, che parli di Olimpiadi. Al Maracanà campeggiano ancora i cartonati dei Mondiali di calcio, lo scheletro del Villaggio Olimpico e delle sue infrastrutture è lontanissimo dal centro, il cantiere di ampliamento dello Stadio “Joao Havelange”, che sarà il tempio dell’atletica, è nudo di qualsiasi riferimento olimpico, e il viaggiatore distratto e non sportivo penserebbe che lì si stia lavorando e basta, non che si stia preparando il terreno per ospitare la specialità regina dell’evento sportivo più importante dell’epoca contemporanea.
Lo stadio del Maracanà, che ha ospitato i Mondiali di calcio
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