Come detto, le Olimpiadi sono lontane anche geograficamente dalla Rio più conosciuta: Barra da Tijuca infatti, il quartiere deputato a ospitare il Villaggio Olimpico e gran parte degli impianti, è lontano, lontanissimo da Botafogo, Flamengo o Copacabana. Traffico compreso, oggi ci vogliono quasi due ore per arrivarci, e scoprire che il cantiere è ancora tutto aperto: dal Comitato Olimpico Brasiliano rassicurano, il ritardo è studiato apposta per non gravare sui costi di manutenzione di palestre e stadi che sarebbero vuoti fino al prossimo agosto. Sarà tutto pronto tra gennaio e aprile, così come anche le nuove linee di trasporto, metropolitana in primis, i cui cantieri stanno intasando ancora di più il traffico. Entro la fine del 2015 anche il Villaggio Olimpico sarà collegato a Rio da mezzi veloci che eludano il traffico: il lavoro dei giornalisti che seguono più discipline, altrimenti, sarebbe quasi impossibile. Le distanze, infatti, sono importanti (tra il Maracanà, sede delle cerimonie di inaugurazione e chiusura e delle partite di calcio, e il Villaggio Olimpico ci sono circa 40 chilometri), e complicate dai “morros” che fanno inerpicare e restringere le strade, creando un traffico molto congestionato.
Gli spazi di Rio de Janeiro, infatti, sono enormi, e le sedi deputate a ospitare le gare, le più disparate: dal quartiere olimpico di Barra da Tijuca dove si svolgeranno le manifestazioni di nuoto, tennis, basket, lotta o ginnastica ci si sposta infatti a Copacabana per il canottaggio, il beach volley e il ciclismo, per poi salire a Flamengo con la vela, al Sambodromo per il tiro con l’arco, al Maracanà e al Maracanazinho per calcio e pallavolo, allo Stadio Olimpico vero e proprio (costruito nel 2007 non troppo distante dal Maracanà) che ospiterà l’atletica ma non le cerimonie, per arrivare a Deodoro, a nord, dove si assegneranno le medaglie di scherma ed equitazione. Un’organizzazione suggestiva, che animerà la città tutta, aumentandone ancora il fascino: ma che diventa comunque una responsabilità pensando alle sacche di criminalità della metropoli carioca e all’efficienza, ancora da trovare, dei mezzi di trasporto.
Insomma, la speranza è che davvero sia tutto pronto per il 5 agosto 2016 e che le Olimpiadi, come dicono a tutti i livelli sportivi e politici in Brasile “siano un’opportunità, anziché uno spreco come lo sono stati i Mondiali di calcio del 2014”.
Allora le spese furono ingenti e le opere costruite a danno della popolazione (con espropri e sfratti) e in zone non ricettive per il post-mondiale: alcuni stadi sono oggi vere e proprie cattedrali nel deserto. Le Olimpiadi, invece, utilizzeranno molti impianti preesistenti e quelli nuovi saranno o smantellati subito dopo o riutilizzati come centri di allenamento federali. Insomma, gli sprechi saranno ridotti al minimo.
Rimane l’insanabile contrasto di una città che si è candidata a ospitare, nell’arco di soli due anni, i due maggiori eventi sportivi dell’epoca contemporanea, ma che non è in grado di offrire lo sport di base (e non solo) ai suoi cittadini più giovani, confinandoli in gran numero nella disperazione delle favelas. A poche centinaia di metri dalle medaglie d’oro dell’Olimpiade, da ricchezze e da spese che, forse, potevano essere convertite in altro.