Battuti sequestro e cancro, la terza vita di Victoria Duval (Semeraro)

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Battuti sequestro e cancro, la terza vita di Victoria Duval (Semeraro)

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Battuti sequestro e cancro, la terza vita di Victoria Duval (Stefano Semeraro, La Stampa)

Prima un sequestro di persona, poi un terremoto, infine il cancro. Victoria Duval di mestiere fa la tennista e gli avversari più pericolosi che ha dovuto affrontare nei suoi primi 19 anni di vita non sono compresi nella classifica mondiale Wta, ma in quella cosmica della iella. E li ha battuti tutti. Nata a Miami, ha passato l’infanzia in quell’inferno di povertà che è Haiti, la patria dei suoi genitori, e a 7 anni è stata rapita insieme a due sue cugine: la pistola puntata addosso, la paura di non rivedere più la sua famiglia. Tornata negli States ha rischiato di perdere il padre Jean-Maurice, medico, che era rimasto a lavorare ad Haiti e si è salvato per miracolo dal devastante terremoto del 2010, passando 11 ore sotto le macerie e cavandosela solo grazie ai 30.000 dollari scuciti da due soci del circolo di tennis dei Duval che spedirono un elicottero privato per trasportarlo lontano dalle epidemie. II tunnel della malattia Victoria nel frattempo era diventata una delle promesse del tennis americano e nel 2013 a 17 anni fu capace di eliminare al 1° turno degli Us Open la campionessa uscente Sam Stosur: la fine dell’incubo? Macché, l’anticamera di uno peggiore.

Nel 2014, il giorno prima di scendere in campo per le qualificazioni di Wimbledon, ha infatti scoperto di avere il morbo di Hodgkin, un tumore dell’apparato linfatico. «Andai su internet per informarmi e quando vidi quali erano gli effetti collaterali della chemioterapia mi prese un attacco isterico. Decisi comunque di restare a Londra e giocare: mi rifiutavo di affrontare la realtà. Piansi per tutta la partita, fu terribile». Quella partita Victoria la vinse e si fermò poi solo al 2 turno del tabellone principale. Dopo il torneo entrò contemporaneamente fra le top-100 Wta e in ospedale per il primo ciclo di chemio. «C’erano giorni in cui mi sentivo malissimo e per tenermi su mi dicevo: non sei malata, non sei malata! Lo ripetevo per 10, 20, 50 volte. E alla fine ho iniziato a sentirmi meglio». Anche grazie all’aiuto di Venus Williams, il suo idolo di ragazzina, che dal 2011 combatte contro la sindrome di Sjogren. Battuto il linfoma, la Duval la settimana scorsa è tornata a giocare – come nel tennis è riuscito anche ad Misa Kleybanova, Ross Hutchins, Felix Mantilla, non purtroppo ad Elena Baltacha -, vincendo anche un match e ora ha ottenuto una wild card per gli Us Open (…)

 

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