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Le due facce di Marco Cecchinato

In un anno avaro di soddisfazioni per il tennis maschile italiano un nuovo personaggio ha varcato la soglia della top100. Che futuro attende Marco Cecchinato?

Last updated: 21/10/2015 17:39
By Andrea Lavagnini Published 21/10/2015
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6 Min Read
Marco Cecchinato - US Open 2015 (foto di Luigi Serra)
Marco Cecchinato - US Open 2015 (foto di Luigi Serra)

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“È un bravo ragazzo pronto al sacrificio”. Marco Cecchinato, 23enne nato a Palermo e protagonista di una delle storie tennistiche italiane più belle di quest’anno (al maschile chiaramente; le ragazze sono inarrivabili). Marco è il secondo azzurro che quest’anno entra per la prima volta nei top-100. Non ce ne voglia il nostro “Lucone” Vanni (è lui l’altro italiano ad aver raggiunto questo incredibile traguardo), indubbiamente bravo a superare ogni più rosea aspettativa, ma il siciliano è chiaramente fonte di maggiori speranze per il popolo tennistico italiano, se non altro per un discorso anagrafico.
Marco attualmente occupa la posizione numero 88 della classifica mondiale (best ranking 82, raggiunto la settimana del 5 ottobre). Il suo è stato un percorso da manuale e l’ascesa graduale è un premio per il duro lavoro e l’enorme umiltà dimostrata. Cecchinato nel 2013 decide di accogliere l’invito di coach Sartori e di Andreas Seppi di andare ad allenarsi nella fredda Caldaro, due anni lontano dalle comodità (e dal clima) di Palermo. Il 2013 però diventa l’anno della svolta. Marco inizia l’anno al numero 411 del ranking, vince il suo primo Challenger a San Marino e chiude al numero 163!

Cecchinato è un esempio per i giovani che dalle retrovie smaniano per raggiungere i grandi palcoscenici e abbandonare l’impervio mondo dei Future e dei Challenger con nuovi e ambiziosi obbiettivi e, perché no, con il portafoglio più gonfio. Marco invece sembra essere diverso da questo modello appena descritto: a differenza dei suoi colleghi, il giovane palermitano continua a preferire i Challenger nostrani o nelle “immediate” vicinanze, ai tornei ATP. Beh, la domanda sorge spontanea: perché? Perché un 23enne, dalle buone potenzialità, dovrebbe scegliere di rimanere nel limbo dei tornei minori, quando potrebbe tranquillamente permettersi di affrontare realtà più importanti?
A livello Challenger, Cecchinato è stato capace di raggiungere dieci semifinali, una finale e vincere un titolo (a Torino, battendo in finale il belga Coppejans). Il circuito maggiore invece ha riservato poche soddisfazioni al siciliano che non è riuscito a passare le qualificazioni in Australia e a Parigi (a Wimbledon ha addirittura preferito non provarci) e ha perso contro Fish a New York. Slam a parte è riuscito a qualificarsi solo tre vote su dieci tentativi (Rio de Janeiro, Buenos Aires e Winston Salem) perdendo sempre al primo turno.

Il fatto che però incuriosisce maggiormente è che dopo la sconfitta con un commuovente Mardy Fish, Marco ha preso parte ad altri tre Challenger, mentre dall’altra parte del mondo si svolgeva la tournée asiatica. Per fare degli esempi concreti, nel torneo 250 di Shenzhen vinto da Thomas Berdych, l’ultimo a entrare di diritto in tabellone è stato lo statunitense Austin Krajicek numero 97 del mondo. Nel 250 malese di Kuala Lumpur il giocatore con il ranking più basso ad entrare automaticamente in tabellone era Nikoloz Basilashvili (coetaneo di Cecchinato) numero 98. Proibitivi invece i tabelloni principali dei due ATP 500 di Pechino e Tokyo. Per fortuna in contemporanea c’era il Challenger da 42.500 dollari di Mohammedia, in Marocco, in cui l’azzurro è testa di serie numero 4. Ben più accessibili invece le qualificazioni dei due tornei asiatici: nella capitale cinese il cosiddetto “last direct acceptance” è stato il modesto cinese Yan Bai, numero 285; in Giappone è stato Hiroki Moriya, numero 236, ad avere l’ultimo posto. Ma nulla, Marco non si è mosso dalla tanto amata terra rossa.

Per sua stessa ammissione, come tantissimi altri giocatori sudeuropei o sudamericani, ama giocare tanti colpi, non si tira indietro nella battaglia né negli scambi prolungati, uno stile che non si adatta facilmente alle superfici rapide. Però Marco nei soli 13 incontri sul veloce in fondo vanta un bilancio positivo: 7 vittorie e 6. E le sconfitte in fondo ci stanno, con Fish, con Benoit Paire o con Aljaz Bedene.

Le scelte di Cecchinato o di altri, come i vari Federico Delbonis o Pablo Carreño Busta o Facundo Arguello (la lista può continuare quasi all’infinito), vanno valutate ovviamente nel loro complesso, sappiamo bene che la vita del tennista non è semplice, specialmente se ci si trova in quelle zone di classifica, in cui basta un mese senza una vittoria per ritrovarsi 20-30 posizioni più indietro, mandando all’aria quanto di buono fatto nei mesi precedenti. Per non parlare poi del lato economico. Affrontare una trasferta di diverse settimane in un continente lontano dal proprio può rappresentare un azzardo, specialmente nel caso in cui quanto guadagnato non vada a finire nella colonna degli utili. Ma da appassionati e tifosi si preferirebbe il rischio si corresse, che si dimotrasse una diversa ambizione, una diversa fiducia in sé stessi. Quale sarà la faccia nuova di Marco Cecchinato? Quella dell’ambizioso combattente, oppure quella del modesto, ma forse irrealizzato, giocatore di Challenger? Coraggio Marco, in fondo l’hai detto tu che vuoi divertirti no?


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