Nadal, che batosta: “Questo tennis è diventato folle” (Cocchi). Malinconico Nadal, dissolto al primo turno (Clerici). Sconfitti ma ricchi come campioni, i furbetti di un tennis minore (Semeraro). Fognini saluta Melbourne, Murray attacca l’Atp (Giorni). Dov’è il killer instinct di Nadal e Fognini? (Giua)

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Nadal, che batosta: “Questo tennis è diventato folle” (Cocchi). Malinconico Nadal, dissolto al primo turno (Clerici). Sconfitti ma ricchi come campioni, i furbetti di un tennis minore (Semeraro). Fognini saluta Melbourne, Murray attacca l’Atp (Giorni). Dov’è il killer instinct di Nadal e Fognini? (Giua)

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Nadal, che batosta: “Questo tennis è diventato folle” (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Ci sono buone probabilità che ieri, dopo la sconfitta con Verdasco al primo turno, Rafa Nadal più che il lettino del fisioterapista, abbia cercato quello dello psicanalista. L’uscita immediata dal primo Slam di stagione, sa tanto di psicodramma per lo spagnolo che soltanto nel 2013, col k.o al 1° turno da Darcis a Wimbledon, era andato così male in un Major. A Melbourne, poi, non aveva mai fatto meno dei quarti negli ultimi dieci anni. Cinque set: 7-6, 4-6, 3-6, 7-6, 6-2, in 4 ore e 40 di gioco sono serviti a Verdasco per vendicarsi della sconfitta subita in semifinale nel 2009. Allora la battaglia fu epica, cinque ore e un quarto di scambi feroci in cui a soccombere, con doppio fallo finale, fu Verdasco. «Non so come ho fatto – ha detto Fernando – a un certo punto chiudevo gli occhi e colpivo, e le palle entravano tutte». Il tabellino del vincitore alla fine conterà 90 vincenti a occhi chiusi contro i 37 del maiorchino.

Il finale della stagione 2015, la peggiore di Rafa, a secco di Slam dal Roland Garros 2014, sembrava dare segnali positivi sulla sua rinascita. Il mancino era precipitato fino al numero 10 della classifica mondiale, prima di risalire nella seconda parte della stagione strappando pure la qualificazione al Masters.«Non voglio più parlare del 2015 – diceva Rafa a Doha, torneo inaugurale del 2016 in cui è arrivato in finale, strapazzato da Djokovic —. Ora sto meglio, fisicamente e psicologicamente e voglio solo guardare avanti, ho già passato troppo tempo a preoccuparmi più di me stesso che dell’avversario». E invece oggi Rafa non ha ingranato, non è mai stato pericoloso con il compagno di Davis: «E’ una sconfitta molto pesante per me – ha detto Rafa —, soprattutto perché non sono venuto qui come lo scorso anno, quando non stavo bene. Mi sentivo pronto, ho giocato e mi sono allenato molto bene fino a qui».

Quello che appare più evidente in Rafa è la mancanza di cattiveria. Quella crudeltà sportiva che non ti fa avere pietà dell’avversario: «E’ difficile quando arrivi a un torneo carico e pronto e poi esci così presto, ma sento di aver fatto del mio meglio, o almeno così pensavo. Posso solo guardare avanti e pensare ai prossimi impegni continuando a lavorare sodo». L’ennesima vita di Rafa dopo gli infortuni, soprattutto quelli alle ginocchia, che lo hanno costretto a fermarsi più a lungo, sembra essere partita a handicap. Nel suo terribile 2015 era stato messo in dubbio anche il suo rapporto con Zio Toni, l’uomo che lo ha portato a vincere 14 Slam e nove Roland Garros. L’argomento torna d’attualità dopo questa sconfitta: perché non affiancare a Rafa e Toni un grande ex del passato? La ricetta ha funzionato con Federer e Djokovic, con Cilic e Nishikori, con Murray insieme alla Mauresmo. «Non c’è niente che possa fare se non allenarmi come ho fatto in tutti questi mesi». Ma il tennis in questi anni è cambiato, lo sottolinea anche Rafa: «I giocatori cercano di colpire più vincenti possibili da ogni posizione. Questo sport negli ultimi anni è diventato folle».

Va anche detto che Nadal non ha mai avuto molta fortuna a Melbourne, lo Slam che nella sua lunga carriera ha conquistato soltanto una volta. Nel 2006 e nel 2013 non aveva giocato per colpa degli infortuni. Nel 2010 si è ritirato contro Murray e nel 2011 ha avuto uno stiramento nel match contro Ferrer. Anche nel k.o con Wawrinka del 2014 ha avuto problemi di schiena (…)

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Malinconico Nadal, dissolto al primo turno (Gianni Clerici, La Repubblica)

Nadal ha perduto, per la seconda volta nella sua vita di Grand Slammer, in primo turno di uno dei Quattro Grandi Tornei. La domanda che in molti si facevano l’anno passato, nei suoi momenti di improvvisa difficoltà, viene ripetuta da esperti e da tifosi: «E’ finito?». Su queste pagine, due geni della medicina e della chiropratica, Parra e Caronti, già avevano pronosticato la fine anni fa, per sopravvenienti difficoltà muscolari. L’anno passato, tuttavia, a un primo periodo funebre, era seguita una mezza rinascita, che pare adesso nuovamente rimandata, o secondo i pessimisti, conclusa. Di simile incontro, al quale non ho avuto la fortuna di assistere, ricordo tuttavia un precedente, non solo nella memoria, il 30 gennaio 2009, quando in molti scoprimmo il per noi sconosciuto madrileno, Verdasco. Commetto autoplagio, e ricopio «Quell’inatteso fenomeno di Verdasco, madrileno chic, ricco col campo in casa, seduttore, costringeva Nadal ad una posizione difensiva e, battuto che avesse, entrava dentro il campo, per scambiare violento col rovescio bimane, e costringeva il numero uno (di allora) a cambiare gesto, ad utilizzare il rovescio ad una mano, per tener bassa la palla».

Rod Laver, che aveva avuto la cortesia di rivolgermi la parola, mi avrebbe ricordato la difficoltà dei mancini, come lui, nel mutare schemi e rotazioni contro altri mancini, vicenda che accade una volta su dieci, o addirittura quindici. Da allora, Verdasco, ormai trentaduenne, ha convinto tutti della sua incostanza, addirittura superiore al suo talento. Si è affrettato ad uscire dai primi dieci, che aveva raggiunto proprio quell’anno, ed è addirittura sceso al n. 45. Ma ciò ê solo lievemente complementare ad una domanda rivolta a Nadal, nella conferenza stampa: «Lei pensa che sia ancora presto, nella stagione, per attuare i cambiamenti che suggerisce suo zio coach, e per tornare in alto?». «E’ difficile prevedere il futuro – ha risposto il come sempre educato Nadal – mi pareva di giocare molto bene in allenamento». E allora, cosa pensare da una lontana scrivania? A vincere è stato il geniale e incostante Verdasco? A perdere è stata la brutta copia di Rafa o il Nadal di una volta? Mi spiace di propendere per la copia.

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Sconfitti ma ricchi come campioni, i furbetti di un tennis minore (Stefano Semeraro, La Stampa)

All’inizio, purtroppo, ci furono i giocatori. Non tutti, per carità, e neanche molti, ma un manipolo di anime svelte, «soprattutto sudamericani, con qualche italiano», suggerisce lo scommettitore di professione, onesto ma informato, che preferisce restare anonimo. II virus zero delle scommesse tennistiche del nuovo Millennio, che fiorirono fra il 2003 e il 2008 circa, sfruttando la piattaforma Betfair. Prima che i bookmakers stessi si rivolgessero all’autorità giudiziaria e all’Integrity Unit del tennis mettendo la sordina a quell’epoca “felice”. Carneadi che navigavano anche attorno al numero 120 del mondo e trovato un gruppetto di compari riuscivano a combinare il business, mettendo da parte un milione di dollari pur beccandole sempre (o quasi) al primo turno. Nomi? Quelli che si possono fare stanno nell’elenco pubblicato dalla Integrity Unit, i poliziotti anti-corruzione di Atp e Wta. Per gli altri, che circolano nell’ambiente da tempo (vedi la scioccante “black list” pubblicata da un sito svedese nel 2011 e prontamente rimossa: sempre ammesso che fosse vera), servono le prove. Anche l’autorevole Bbc tiene la bocca cucita Vittoria involontaria Si può però ricostruire il milieu di quei tempi, fra furbetti del campettino a volte coinvolti in storie esilaranti. Come quella del match giocato in un Challenger della Mitteleuropa dove uno dei due fu costretto a ritirarsi lasciando affranto l’avversarlo che aveva già programmato la sconfitta.

Il favore fu restituito mesi dopo, da qualche parte in Sudamerica, per compensare il mancato guadagno. Un sistema artigianale su cui, una volta annusato l’affare, si sono buttati gli allibratori clandestini. Quelli con la faccia truce e valigetta farcita di dollari che si spostavano fra alberghi e players lounge dei tornei, sussurrando proposte ghiotte a chi faticava a sbarcare il lunario. Figli di un tennis minore che invece di sognare 3000 dollari all’inseguimento di una vittoria potevano metterne da parte 50.000 pianificando una sconfitta. Per truccare basta un set Poi ci sono stati gli atleti, soprattutto provenienti dall’Est Europa, che la proposta non la potevano proprio rifiutare, perché si trattava di restituire un favore fatto da qualche finanziatore interessato ai tempi dei tornei juniores. «Una volta parlai con l’agente di un giocatore – racconta un’altra gola profonda – che ne era anche il benefattore, e lui mi spiegò che a due o tre “telefonate” il suo pupillo prima o poi avrebbe dovuto rispondere». Tutte situazioni vecchie che la Tiu probabilmente conosce, ma che fatica ad indagare superando un muro di gomma di omertà. Oggi il fenomeno continua, ma in tono minore. Quasi sempre in periferia e in basso, dopo aver rischiato di sfiorare destini nobili, perché in fondo nel tennis per truccare un match basta perdere un solo set, neppure una partita intera. Russia, Italia, qualche cantone asiatico sono stati in questi anni i brodi di coltura di un vizio non più cosi fiorente, ma duro da debellare (…)

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Fognini saluta Melbourne, Murray attacca l’Atp (Alberto Giorni, Giorno-Carlino-Nazione)

Uniti dall’amicizia, dal doppio e dai quattro tiebreak di ieri, ma divisi dal risultato. Finisce già al primo turno l’avventura agli Australian Open di Fabio Fognini, prosegue invece quella di Simone Bolelli al termine di due match dall’identico punteggio, decisi da pochissimi punti.

Peccato per Fognini, che dopo quattro ore sotto il sole cocente ha ceduto 7-6(6), 7-6(7), 6-7(5), 7-6(1) al mancino lussemburghese Gilles Muller, n.38 Atp, autore di 34 ace. Nonostante un problema muscolare, l’azzurro non si è risparmiato e rimpiange il setpoint mancato sia nel primo che nel secondo tiebreak, poi nel terzo set è ricaduto in un battibecco con il giudice di sedia con cui c’erano già stati dei precedenti. Il britannico Keothavong in maniera eccessiva gli ha inflitto un punto di penalità per un urlo di frustrazione; Fabio ha protestato a lungo senza però deconcentrarsi e lottando fino alla fine. «Ho avuto diverse occasioni – la sua delusione –. Mi dispiace, ma siamo solo a inizio stagione e avrò altre possibilità». Eliminato anche Marco Cecchinato (4-6, 6-2, 6-2, 6-2 dal francese Mahut). Qualche ora più tardi, Bolelli è uscito a braccia alzate dall’ultimo tiebreak superando l’americano Brian Baker, al rientro dopo due anni di infortuni. Il bolognese al secondo turno non avrà niente da perdere con il beniamino di casa Bernard Tomic, n.17: «Tomic avrà tutto il pubblico a suo favore, spero ci sia anche qualche italiano».

La prima grande sorpresa è l’uscita di scena di Rafael Nadal per mano del connazionale Fernando Verdasco, vendicatosi della sconfitta subita qui nella celebre semifinale del 2009, durata 5 ore e 14’. Nadal ha perso l’istinto del killer: fino a un paio di anni fa non avrebbe sprecato un vantaggio di 2-0 nel quinto set, invece è stato seppellito dai 90 vincenti di uno strepitoso Verdasco e si è arreso 7-6(5), 4-6, 3-6, 7-6(4), 6-2. E’ solo la seconda volta che Rafa esce al primo turno di uno Slam, dopo Wimbledon 2013. Tra le donne, fuori la n.2 Halep (6-4, 6-3 dalla Zheng) e Venus Williams (6-4, 6-2 dalla Konta).

Intanto Andy Murray, dopo aver battuto Zverev, ha commentato il caso scommesse attaccando l’Atp: «Bisogna fare di più per proteggere i giovani dal rischio di truccare le partite, spiegando loro che è un grave errore. L’Atp deve essere più attiva e andare a parlare con i giocatori. Trovo ipocrita che molti tornei siano sponsorizzati da società di scommesse (…)

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Dov’è il killer instinct di Nadal e Fognini? (Claudio Giua, repubblica.it)

Non un nome, non una circostanza in più rispetto a quelle da tempo note come la citatissima partita tra Nikolaj Davidenko e Martin Vassallo Arguello del 2 agosto 2007 a Sopot, persa dal russo allora numero 4 ATP dopo che milioni di euro erano stati scommessi sulla vittoria dell’argentino, per buona parte della carriera oscillante tra quota 50 e 150 del ranking mondiale. E così la storia delle partite truccate che coinvolgerebbero anche un plotone di tennisti in gara agli Australian Open resta brutta ma non ha l’effetto dello tsunami temuto per qualche ora. BBC e BuzzFeed, titolari del colpo giornalistico, non aggiungono altro a quanto rivelato, le autorità della “industry” – come qui chiamano l’ATP e il suo strumento anticorruzione, la Tennis Integrity Unit – si limitano a giurare di aver fatto e di fare tutto il possibile per evitare che si corrompa la disciplina sportiva più facilmente inquinabile per sua natura: come il pugilato dei tempi d’oro, quello immortalato in decine di film. L’amministratore delegato dell’ATP, Chris Kermode, ha tamponato per ora così la faccenda: “Nessuna prova è stata nascosta. E La Tennis Integrity Unit deve avere le prove: se le avessimo, mostreremmo tolleranza zero”.

In attesa di sviluppi, che non mancheranno, il tennis giocato torna in primo piano. Con due sconfitte: quella di Fabio Fognini per mano di Gilles Muller, 32 anni, 38 ATP, e quella di Rafael Nadal, che esce di scena al termine di un match drammatico con il madrileno Fernando Verdasco, anch’egli 32 anni, 45 ATP, da tempo uscito dal gruppo dei migliori. Match paralleli e simili, che ho potuto seguire a fasi alterne. I due meglio classificati (23 e 5), più giovani (classi 1986 e 1987) e storicamente titolati hanno ceduto dopo aver lottato come leoni, come certificano i risultati: 7-6 4-6 3-6 7-6 6-2 tra i due spagnoli, 7-6 7-6 6-7 7-6 tra il lussemburghese e il ligure. Combattuto e perso. Stupisce l’attuale carenza di killing instinct da parte di Fabio e Rafa, che in passato hanno dimostrato di averne in sovrappiù. Soprattutto il secondo, capace di azzannare alla gola qualsiasi avversario nel momento della difficoltà. Non è più così, ed entrambi devono prenderne atto e studiare le contromisure.

Esattamente lo stesso risultato della partita di Fognini, set dopo set, ha avuto quella di Simone Bolelli: portando a casa la vittoria, però. Il bolognese aveva come avversario l’americano Brian Baker, straordinario e fragilissimo talento che ha avuto la carriera – poi sviluppata a livello universitario USA – fermata continuamente da infortuni alle ginocchia, alle anche e alla spalla. Uno che in un lontano passato ha messo sotto Djokovic, Murray e Tsonga. Lo stesso Bolelli, peraltro, è per molti aspetti da considerare un campione solo parzialmente espresso, per motivi di carattere piu psicologiche che fisiche.

Partita ad alta tensione durata tre ore e tre quarti sul campo 10, con un coro di italiani che non s’è mai stancato di dare il proprio appoggio. L’arma vincente di Simone è stato il servizio, che l’ha aiutato a prendersi i tre break decisivi (26 a 15 il conto finale degli ace, 0 contro 7 quello dei doppi falli). Ma anche con i vincenti, che restano il più affidabile misuratore del tasso di aggressività, stavolta Bolelli ha nettamente prevalso: lungolinea o cross, quando ha accelerato, ha quasi sempre fatto male a Baker.

Non è invece riuscito nell’impresa di passare il primo turno di uno Slam Marco Cecchinato, 23 anni, 92 nella classifica ATP. Che s’è preso il primo set contro il francese Nicolas Mahut, che tutti ricordano per l’interminabile match a Wimbledon condiviso con John Isner e ormai doppista quasi a tempo pieno. Poi però il palermitano ha dovuto subire l’esperienza dell’avversario nei tornei top. Se manterrà la classifica nei primi cento, avrà altre occasioni allo stesso livello (…)

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