Djokovic e Federer, ritorna l’eterno duello (Crivelli). Roger e Serena, due irresistibili vecchietti (Clerici). Djokovic-Federer è da festa nazionale, Serena senza rivali (Giorni). Torna il classico Novak-Roger, una semifinale da non perdere (Giua)

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Djokovic e Federer, ritorna l’eterno duello (Crivelli). Roger e Serena, due irresistibili vecchietti (Clerici). Djokovic-Federer è da festa nazionale, Serena senza rivali (Giorni). Torna il classico Novak-Roger, una semifinale da non perdere (Giua)

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Djokovic e Federer, ritorna l’eterno duello (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Avviso ai naviganti: se qualcuno imita Djokovic, Djokovic se lo mangia. Coraggioso, il samurai Nishikori, ad affrontare il sesto grado serbo provando a maneggiare le stesse armi di chi si trovava di fronte, e quindi a ritmo altissimo e con il progetto di chiudere lo scambio al terzo-quarto colpo. Solo che il servizio è venuto a mancare troppo presto e, a quelle velocità, il giapponese ha finito per andare fuori giri. Travolto. Da 100 errori gratuiti a 27 (9 per set) e la battuta a risolvere ogni problema nei pochi momenti delicati: Nole fa 19, che sono i match vinti consecutivamente negli Slam dalla sconfitta con Wawrinka a Parigi. E poco importa se sui social ricominci subito la litania degli esausti del tennis ultramoderno tutto gambe e angoli, senza fantasia: adesso arriva la madre di tutte le partite e si presume ci sarà da divertirsi. Già, la semifinale da sogno, quella apparecchiata ancor prima del torneo dal sorteggio che li ha messi dalla stessa parte, la rivalità che si è infiammata nel 2015 e che resta incredibilmente la più calda del circuito. Insomma, Novak contro Federer per la 45a volta nelle rispettive carriere (22 pari il conto), dopo le otto sfide solo l’anno scorso, in cui il loro testa a testa ha assegnato, tra l’altro, la corona di Wimbledon e degli Us Open, sempre sulla testa del numero uno. Sarà il 15 incrodo in uno Slam, più di qualsiasi altra coppia nell’Era Open: «Djoker» e Nadal sono arrivati a 13 in un Major, Rafa e Roger a 11, McEnroe e Lendl a 10.

Insomma, ancora una volta il mondo che non gira intorno a Djokovic chiede al più forte di sempre di arrestare la marcia senza confini del più forte di adesso. Il Divino arriva all’appuntamento con il conforto di un successo tutto sommato facile su Berdych, corroborato dal rendimento da Barishnikov della rete: 24 punti su 29. E dalla fiducia di poter sempre imprimere alla storia il marchio del suo infinito ed inimitabile talento: «L’idea di poter giocare partite come queste, insieme all’obiettivo di riuscire a conquistare un altro Slam, ha un grandissimo valore per me, senza dubbio, ed è una buona parte della ragione per cui sto ancora giocando a tennis. Io sento di poter essere ancora competitivo al top, sento di poter battere ancora tutti i ragazzi del circuito». Nel cuore degli appassionati, i gesti bianchi di Roger dovrebbero finire dritti al museo dell’immortalità, soprattutto nel mare indistinto del corri e tira odierno, e il legame quasi simbiotico tra Federer e la sua gente si esprime anche nel fremito che percorre la Rod Laver Arena quando, da intervistato a fine match, diventa intervistatore: «Che ne dite, volete vedere la Sabr (l’ormai celeberrima risposta al servizio di mezzo volo, che in Australia non ha ancora messo in scena, ndr)?». Sul prevedibile boato, scatta la promessa: «Ok, la giocherò almeno una volta nella prossima partita. Fin qui, non ho avuto il feeling giusto per questo colpo».

Non che Djokovic non ci possa dormire la notte: passata la grande paura contro Simon e pagato il consueto scotto di una partita molto più complicata delle altre, Nole è ripartito alla grande verso il sesto trionfo a Melbourne, che lo porterebbe ad eguagliare Roy Emerson. Eppure il dominatore di adesso è maturato soprattutto con le delusioni di prima. «E’ incredibile ripensare a tutte le sfide che ho avuto con Roger, Rafa o Murray: loro mi hanno reso un giocatore migliore (…)

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Roger e Serena, due irresistibili vecchietti (Gianni Clerici, La Repubblica)

Serena e Federer hanno giocato altre due partite, due match che ho osservato non dalla tribuna di Melbourne, ma in tv, in un Club di tennis, aspettando il mio doppietto di pensionato. Pensandoci, ritengo che un Club di tennis sia il posto migliore, dopo la tribuna stampa, per avere qualche ideuzza riguardo ai match. Oggi, per esempio, il mio partner Antonio, ha osservato: «Giocano forse meglio di dieci anni fa, Serena a Federer. Secondo te, si è alzata l’età alla quale sia può arrivare, mantenendo il miglior standard? Sarà effetto delle cure che circondano i tennisti, degli allenatori atletici, massaggiatori, e delle diete, magari maniacali, come quella del glutine di Djokovic? «Ho allora fatto quattro passi, e estratto da uno scaffale della segreteria ‘500 anni di Tennis’, per consultare quel che avevo scritto e dimenticato.

Ho rivisto Laver, nato nel ’38, battere un Primi Dieci come l’americano Tom Gorman vincendo gli ultimi due set 12 games a 4, nell’anno della rinascita professionistica della Davis, il ’73, quando Rod aveva ormai 35 anni. «Guarda Tilden, quando non c’erano né gli allenatori né le diete- mi ha suggerito Aldo. Disciplinatamente sono andato al Capitolo del Grandissimo Big Bill, e ho trovato che non solo aveva vinto Wimbledon a 34 anni, nel 1930, ma a 38 aveva resistito a Vines, sottraendogli la metà dei match del Tour Professionistico. «E Serena? – ha commentato Antonio«. La Sharapova, dopo la sconfitta, l’ha definita con un aggettivo bellico: «E’ esplosiva» ha ripetuto più volte. Compete con la Navratilova, che aveva vinto il suo ultimo US Open a 34 anni. Quando però le hanno chiesto il segreto della sua longevità, Serena ha risposto che se lo conoscesse sarebbe lieta di distribuirne la ricetta (…)

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Djokovic-Federer è da festa nazionale, Serena senza rivali (Alberto Giorni, Giorno-Carlino-Nazione)

Ieri era l’«Australia Day», festa nazionale, ma i fuochi d’artificio sono attesi anche domani, giorno della miglior semifinale possibile tra Novak Djokovic e Roger Federer. Sarà la puntata numero 45 di una serie che non passa mai di moda: i precedenti sono in perfetta parità, 22-22, e il serbo punta al sorpasso già effettuato nei confronti di Rafael Nadal. Più giovane di sei anni, Djokovic è favorito anche perché si gioca al meglio dei cinque set, però un Federer in versione extralusso potrebbe rimescolare le carte.

Intanto i quarti di finale degli Australian Open si sono trasformati in altrettante esibizioni. Dopo i 100 errori gratuiti commessi contro Simon, Djokovic si è limitato a 27 nel match con il giapponese Kei Nishikori, al quale ha concesso solo nove game (6-3, 6-2, 6-4). L’unico momento di difficoltà è arrivato all’inizio del terzo set quando il n.1 del mondo è andato sotto 0-2, poi non c’è stata più storia. Il segreto della metamorfosi? Non aver preso in mano la racchetta alla vigilia: «Ogni tanto è necessario per liberare la mente – ha rivelato il serbo –. Da quando ho iniziato la preparazione invernale mi sono allenato ogni giorno e un po’ di riposo ci voleva». L’anno scorso Djokovic ha vinto due finali Slam con Federer, a Wimbledon e agli US Open: «Non trovo molte differenze ad affrontarlo in semifinale: ogni incontro per noi è una finale e mi aspetto una grande lotta.

Anche lo svizzero ha dato spettacolo battendo 7-6, 6-2, 6-4 il ceco Tomas Berdych e timbrando la semifinale n.39 negli Slam, ma da perfezionista non è pienamente soddisfatto: «Naturalmente sono contento, tuttavia speravo di non perdere il servizio due volte: in semifinale non potrò permettermi cali di tensione, servirà un match perfetto (…)

Nel femminile, neanche un’intossicazione alimentare ha fermato Serena Williams, che con un netto 6-4, 6-1 ha superato Maria Sharapova per la diciottesima volta di fila. La russa non si impone dal lontano 2004 e il servizio non l’ha aiutata: è passata dai 21 ace con la Bencic ai soli 3 di ieri. La statunitense in semifinale troverà la Radwanska (vincitrice 6-1, 6-3 sulla Suarez Navarro), sempre sconfitta negli otto precedenti. «Lei è molto solida – concede la n.1 mondiale – e sta giocando bene, sarà un buon test per verificare il mio livello. Non sono obbligata a vincere il torneo». Di certo non si accontenta di partecipare.

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Torna il classico Novak-Roger, una semifinale da non perdere (Claudio Giua, repubblica.it)

Dopo la semifinale persa da Novak Djokovic agli UsOpen del 2014 contro Kei Nishikori, l’allora responsabile dello sviluppo globale di Uniqlo sbottò esultante: “Penso che gli appassionati di tennis siano stati contenti di non aver visto i soliti marchi Nike, Adidas o Puma in campo. Almeno per una volta”. Avesse vinto il serbo, avrebbe detto lo stesso. Così ragionano gli sponsor. Andersson ha lasciato sei mesi fa il colosso giapponese dell’abbigliamento ed è tornato in Svezia, dunque non dirà niente di altrettanto decisivo sul quarto di finale di oggi agli Australian Open tra il numero 1 al mondo e il numero 7, entrambi con maglietta blu Uniqlo ma con bordature diverse, gialle ed arancioni, calzoni in tinta per Kei, bianchi per Nole. Particolari che hanno incuriosito i quindicimila della Rod Laver Arena durante i minuti di riscaldamento per poi accantonarli a favore del gioco, con buona pace di Uniqlo.

Il match non è stato la replica di Flushing Meadows di due anni fa (6-4 1-6 7-6 6-3, clamoroso exploit di Nishikori ai danni dell’allibito Djokovic) e neppure di Londra di due mesi fa (Masters Finals, umiliante 1-6 1-6 subito dal giapponese). Piuttosto, una via di mezzo tra la netta prevalenza del campione uscente, rinfrancato dalla durissima prova di domenica contro Gilles Simon, e l’affannato tentativo dell’avversario di ritrovare l’ispirazione dei quattro turni precedenti, dodici game vinti e uno solo lasciato.

I primi due set hanno visto in campo un mattatore indiscusso e un perdente presto senza illusioni (6-3 6-2). Nole, l’altro ieri molto falloso, non ha sbagliato nulla. Concentrato e determinato, al livello delle sue migliori prestazioni della scorsa stagione, ha sfruttato ogni occasione per mettere in difficoltà e, soprattutto, in sudditanza psicologica l’avversario. Dopo aver cominciato molto bene, Kei ha invece perso la bussola del gioco, messo fuori facilissimi smash a campo vuoto, svirgolato elementari lungolinea di diritto, spedito in rete dropshot e rovesci in risposta alle bordate del serbo.

Il terzo set è stato all’inizio più equilibrato, con Nishikori che s’è preso un break, l’ha restituito, ha resistito fino al 3 pari per poi non saper più recuperare un secondo break a sfavore (6-4). Il passante incrociato di rovescio di Djokovic che ha chiuso la partita è stato il sigillo su una superiorità indiscussa.

Anche gli altri tre quarti di finale di oggi hanno ampiamente rispettato i pronostici, con Federer che ha dominato Berdych in tre set (7-6 6-2 6-4), Serena spietata con Sharapova (6-4 6-1), Radwanska che ha ritrovato il suo gioco migliore – quello dell'”ass on the ground”, il “culo per terra”, come dice il mio amico Max – con Suarez Navarro (6-1 6-3).

Sarà dunque il quarantacinquesimo confronto tra il serbo e lo svizzero a designare il primo dei finalisti degli Open di Melbourne. In ballo c’è il predominio: lo score è di 22 vittorie a testa, con Nole che però prevale per 9 a 7 nei match al meglio dei cinque set. Sarà ovviamente la partita più seguita del torneo per molti motivi tutti intuibili. Quello che mi piace sottolineare è che saranno poche in futuro le occasioni di vedere l’un contro l’altro schierati i due giocatori più costanti dell’ultimo quindicennio, ora che Nadal sembra non più recuperabile come protagonista assoluto, con loro, del tennis che conta. Meglio puntare le sveglie presto, venerdì (…)

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