Il perfezionismo. Un caratteristica della personalità su cui si discute spesso se si tratti di un pregio o un difetto.
Nel primo caso, viene visto come la volontà di raggiungere il miglior risultato possibile senza scoraggiarsi di fronte a eventuali ostacoli.
Nel secondo caso, come un qualcosa che rischia di porci alla ricerca di obiettivi troppo difficili da raggiungere o anche solo di diventare fine a se stesso, perché l’energia che sprechiamo per cercare di perfezionarci non trova un effettivo riscontro in miglioramento dei risultati. Anzi, rischia di non farceli raggiungere.
Tomislav Hadzic da ragazzo era un perfezionista. E gli accadde proprio questo.
Un nome, il suo, che molto probabilmente non dirà nulla ai lettori di Ubitennis. E pensare che da junior batteva tanti degli attuali top ten, e si allenava e giocava il doppio con l’attuale n. 1 del mondo Novak Djokovic. Ma il suo perfezionismo gli costò caro. Gli costò il suo sogno di diventare un grande tennista.
Scopriamo la sua storia, grazie all’intervista che il 30enne croato ha concesso al quotidiano del suo paese „Vecernji List“ a margine del torneo-esibizione di doppio a carattere benefico “Double 4 Others” svoltosi a dicembre a Zagabria, i cui proventi sono andati a favore dei bambini affetti dalla “Sindrome dei bambini farfalla”, una rara malattia genetica della pelle – il cui nome scientifico è epidermolisi bollosa – che rende la pelle estremamente fragile, come le ali di una farfalla.
Lei da ragazzo batteva molti degli attuali protagonisti dell’ATP Tour.
Non c’è niente di strano. Da ragazzini, a livello juniores, tutti si battono tra loro. Sono cresciuto con Rafael Nadal, Novak Djokovic, Tomas Berdych, Marcos Baghdatis (anche lui presente al torneo-esibizione di doppio, ndr), Janko Tipsarevic. Ho vinto e perso con molti di loro. Spesso da ragazzini siamo stati anche compagni di stanza.
Che futuro le pronosticavano?
Brillante, molto brillante. Ero predisposto, avevo le qualità necessarie per avere successo nel tennis professionistico. Ero bravo.
Cos’è successo?
Mi sono fatto male all’età di 17 anni, a Wimbledon, mi sono rotto la mano durante un allenamento. Stavo già mettendo la racchetta nella borsa, ma aveva giocato male gli ultimi scambi e allora ho detto: ‘Vado al allenarmi ancora un po’, gioco ancora un paio di palle’. Non potevo finire l’allenamento con dei brutti colpi, ero un perfezionista. E così è successo che sono scivolato e mi sono rotto la mano. Goran Ivanisevic mi ha dato delle pastiglie contro i dolori, ma non è servito a nulla. Ho giocato il primo turno con la mano rotta ed ho perso. Ho provato a tornare dopo l’operazione, ma non ero più a quel livello. Ma non sono il solo, ci sono altri tennisti croati che erano dei talenti eccezionali ma, ecco, non ce l’abbiamo fatta…
Cosa ricorda dell’attuale n.1 del mondo Novak Djokovic?
Lo conosco da quando è arrivato nel circuito juniores. Abbiamo giocato assieme per due anni, ci allenavamo e giocavamo il doppio insieme (anche a livello under 18, all’Eddie Herr International nel 2002, perdendo negli ottavi di finale, ndr). Nello stesso giorno potevamo essere acerrimi avversari in singolo e poco dopo compagni di doppio. Era incredibilmene maturo per la sua età. È veramente un ragazzo fantastico, gli sono affezionato. Oggi è un’icona, ma era così anche da ragazzo.
Qualche anedotto?
Quanti ne volete. Quando viaggiavamo non ci era permesso uscire dall’albergo. E allora giocavamo a carte, giocavamo a nascondino per i corridoi, e gli addetti della reception ci rincorrevano. Erano giochi da bambini. Succedeva in Giappone, a Wimbledon… I miei miglior amici erano Marco s Baghdatis e Dudi Sela.
E Nadal, lui è cambiato?
Fisicamente sì! Dovrei avere da qualche parte a casa delle foto, era magrissimo. La massa muscolare, per quanto ne so, la mise su per proteggere le ginocchia, perché aveva dei problemi. Nell’ultimo match che ho giocato contro di lui, in Francia, avevamo 14 anni, stavo vincendo 6-2 5-2 e avevo due match point a favore. Ho perso…
Ha giocato quindi anche contro il n. 1 croato Marin Cilic?
Sì, naturalmente, ho giocato anche contro di lui. Ero più grande ed era il periodo in cui giocavo veramente bene, quindi a livello juniores ero più forte. Mi ha invece battuto l’ultima volta che ci siamo incontrati (in un Future in Croazia nel 2005, il sedicenne Cilic ebbe la meglio sul ventenne Hadzic con il punteggio di 6-3 6-1, ndr). Era un ragazzo tranquillo, come lo è oggi. Dal punto di vista caratteriale, tutti sono rimasti più o meno com’erano.
Cosa fa oggi Tomislav Hadzic?
Ho due attività, una è un’agenzia di viaggi che si occupa di turismo sportivo. La vita va avanti…
Andando a spulciare i dati ITF e ATP, si scopre che Hadzic è stato n. 36 della classifica mondiale under 18. Dopo quella sconfitta a Wimbledon a 17 anni, nel 2002, tornò in campo dopo un paio di mesi. Ottenne anche un paio di buoni risultati livello giovanile (in primis la vittoria agli Open di Jugoslavia, a Novi Sad, torneo dove un quindicenne Djokovic fu eliminato nei quarti), prima di tentare tra i professionisti. Ma la sua carriera non decollò mai. Giocò per qualche anno a livello Future, senza però mai riuscire a superare più di un turno nel tabellone principale: arrivò al terzo turno solo in un torneo satellite in Croazia nel 2005. Risultati mediocri, che però gli consentirono di raccogliere qualche punticino ATP e di avere la piccola soddisfazione di entrare nella classifica mondiale (best ranking n. 926). Smise definitivamente nel 2008, a 23 anni, anche se di fatto mollò a fine 2006, dato che negli ultimi due anni giocò veramente poco: 5 tornei in tutto – di cui 4 nella sua città, Zagabria – senza mai superare le qualificazioni.
“La vita va avanti” ha detto giustamente Tomislav. Che ha abbandonato il sogno di diventare un tennista professionista e ha trovato la sua nuova strada nella vita. Ma chissà se oggi continua ad essere un perfezionista, oppure ha compreso che talvolta, come diceva Voltaire, “il meglio è nemico del bene”.