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Tornei scomparsi. WCT Finals Dallas, il Masters alternativo

Per “i tornei scomparsi” è oggi il turno delle WCT di Dallas. Storia di partite meravigliose e di fuoriclasse d’altri tempi. E del sempre meraviglioso John McEnroe

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Il nuovo corso del WCT non sortisce gli effetti desiderati dal suo patron e, fatta eccezione per Ivan Lendl, il circuito indipendente riscuote scarso interesse. La guerra tra Hunt e le altre associazioni di tennis tracima oltre i campi da tennis ma a farne le spese sono lo spettacolo e la stessa WCT, che vede i suoi sforzi vanificati da un afflusso di pubblico non in linea con le aspettative. A Dallas vanno in scena le prime di tre Finals (le altre saranno in autunno a Napoli e in gennaio dell’anno successivo a Detroit) e si trovano di fronte i primi due giocatori del mondo ma John McEnroe non è al meglio della condizione e lo si è visto già nel primo turno quando ha dovuto lottare per cinque set contro il connazionale Bill Scanlon. Ivan Lendl, che farà sue anche le altre due finali, batte McEnroe in quattro set e mette in mostra tutta la sua straordinaria consistenza. “E pensare che, quando avevo 17 anni, giocavo in prevalenza serve-and-volley; a quel tempo avevo un pessimo rovescio e, per evitare che gli avversari mi attaccassero, li anticipavo” dichiara l’uomo che non sorride mai.
Ma stavolta lo fa e continuerà a farlo per tutto il 1982, al termine del quale, anche grazie a 44 vittorie consecutive nel circuito, metterà in banca quasi 2 milioni di dollari.

Nel 1983 il WCT riduce drasticamente i suoi tornei e aumenta il numero dei partecipanti alle finali di Dallas dai consueti otto a dodici. I primi quattro della classifica entrano in scena direttamente dai quarti mentre gli altri sostengono un turno preliminare. Non mancano le sorprese, come la vittoria di Denton su McNamee negli ottavi o quelle di Gerulaitis su Vilas e Scanlon su Curren nei quarti ma in fondo è tutto un ricco antipasto in attesa del primo piatto, ovvero la finale che ripropone la sfida dell’anno precedente. La Reunion Arena si riempie fino all’ultimo posto e i fortunati possessori del biglietto assistono a una sfida memorabile. Le sceneggiate di McEnroe indispettiscono Lendl ma ancora di più sono le inusuali difese anticipate dell’americano a mettere angoscia al cecoslovacco. Tra continui ribaltamenti di prospettiva (primo set 6-2 John, secondo 6-4 Ivan che sale 3-0 nel terzo ma subisce sei giochi a fila e deve chiudere 7-5 il tie-break del quarto per continuare a sperare) si arriva tie-break decisivo, quello del quinto set. Qui, inopinatamente, Lendl crolla di schianto e si cambia sul 6-0 McEnroe ma è l’ultimo punto a scatenare le ire di Ivan: seconda di Lendl a cui Mac risponde con un chip-and-charge offensivo, lob preciso di Ivan che Mac aggancia appena in cielo, Lendl si avventa sulla palla e piazza un dritto robusto che costringe John a un balzello per compensare il rovescio di mezzo volo, rovescio incrociato di Ivan sul quale Mac trova un dritto contro-incrociato stretto che manda l’avversario sotto il seggiolone ma Lendl arriva e colloca un back velenoso in cross sul quale Johnny arriva con la punta della racchetta. La palla colpita dall’americano passa all’esterno del paletto che sorregge la rete e pizzica la riga laterale. Lendl sostiene che la palla sia passata tra rete e paletto di sostegno (e il replay televisivo lo confermerà) ma il giudice di sedia è inflessibile e decreta la vittoria di McEnroe. Indimenticabile.

Il 1984 è l’anno in cui McEnroe arriva direttamente dall’Olimpo e, in occasione dei tornei prescelti, scende tra i mortali per impartire lezioni di uno sport che conosce solo lui e assomiglia solo vagamente al tennis che giocano gli altri. Lamar Hunt sembra aver fatto pace con se stesso e con gli altri organismi del tennis mondiale e l’attività del WCT viene in parte conglobata con quella del Grand Prix. Dallas registra la defezione all’ultimo minuto di Ivan Lendl, infortunatosi due settimane prima in Lussemburgo, ma sono gli statunitensi a monopolizzare il tabellone. Nei quarti, solo il sudafricano Kevin Curren gioca per un’altra bandiera ma le sue due vittorie al quinto recuperando da 0-2 (contro Dickson e Kriek) animano un torneo che vive, come quattro anni prima, nell’attesa dello scontro tra McEnroe e Connors. Stavolta però la superiorità del mancino di Wiesbaden è talmente debordante che Johnny Mac può permettersi di attaccare addirittura la prima di servizio di Jimbo. “Quando sono così in fiducia con la mia battuta, nei game di risposta posso permettermi di rischiare” spiega McEnroe, il primo a confermarsi campione del mondo WCT dopo Rosewall.

Dal 1985 l’attività del WCT si riduce enormemente e le finali di Dallas non sono più l’appuntamento conclusivo di un circuito a parte. La Buick ha sostituito la Cadillac ed è sponsor ufficiale della manifestazione. McEnroe, campione uscente, perde non senza stupore nei quarti contro il regolarista svedese Nystrom mentre un altro svedese, Stefan Edberg, fa vedere i sorci verdi a Ivan Lendl prima di cedere alla distanza. Il cecoslovacco torna ad alzare il trofeo dopo aver battuto in finale Tim Mayotte, esausto dopo aver risalito la china di un quarto set quasi compromesso con Nystrom, e fa registrare il record di tre tornei vinti consecutivamente su tre superfici diverse: il cemento di Fort Myers, la terra di Montecarlo e il sintetico della Reunion Arena.

La Svezia sorride l’anno dopo, quando Anders Jarryd (in Texas al posto del campione in carica Lendl, fermato da un infortunio) conquista il titolo tra la sorpresa generale. Jarryd approfitta del ritiro di Tulasne nel secondo set degli ottavi ma non lascia nemmeno un set ai connazionali Nystrom e Wilander per raggiungere Becker in finale. Il tedesco, costretto a giocare tre partite consecutive, paga lo sforzo dei quattro set con Edberg (7-6 7-6 4-6 7-6). Boris spende tutto ciò che ha nel clamoroso recupero della prima frazione (sotto 1-5, strappa tre volte la battuta allo svedese e lo supera 7-3 al tie-break) ma la stanchezza e una gamba malandata favoriscono la vittoria di Jarryd. Becker però non cerca scuse: “Ha giocato meglio di me e ha meritato la vittoria”.

“Ho dimostrato a me stesso che posso competere con ottimi giocatori e, all’occorrenza, batterli”. L’uomo del 1987 è Miloslav Mecir, un cecoslovacco dalle movenze feline e dai colpi vellutati che disegnano geometrie talvolta insopportabili per gli avversari. Ne sa qualcosa Mats Wilander, arrivato in Texas un po’ in ritardo per aver dovuto accompagnare la moglie a far spese a New York e travolto da Mecir 6-1 6-1 6-3. Al forfait annunciato di Lendl si aggiunge, all’ultimo minuto, quello del n°1 Becker e qualcuno insinua che i suoi problemi di stomaco coprano in realtà il risentimento per essere stato costretto, l’anno prima, a giocare tre partite al meglio dei cinque set in tre giorni consecutivi. Potrebbe essere l’occasione per il rilancio di McEnroe. Il mancino conquista la settima finale a spese di Edberg ma qui trova nella risposta di Mecir un ostacolo insormontabile.

Con 41 ace in tre partite (più di tutti quelli degli altri sette protagonisti messi insieme!), Becker fa pace con Dallas e trova la sua miglior settimana da quando ha vinto a Wimbledon nel 1986. Il format del torneo è tornato già dall’anno prima agli otto finalisti e i due favoriti entrano regolarmente in finale ma Stefan Edberg viene da qualche settimana di inattività e la sua resistenza in finale si limita a un set e poco altro. Il periodo pasquale e l’assenza di due top-player come Wilander e Lendl si fanno sentire sull’afflusso di pubblico e di conseguenza Lamar Hunt decide di anticipare la data dell’edizione successiva alla fine di febbraio.

Ma siamo al capolinea. Il WCT, partito come un rapido nei primi anni settanta, arriva come una locomotiva alle soglie dei novanta. Brad Gilbert, il finalista a sorpresa della 19esima e ultima edizione delle Finals, ha in programma di andare a vedere i suoi amati Golden State Warriors quando viene chiamato d’urgenza per sostituire l’indisponibile Boris Becker. Così, terminato il basket, prende il volo della notte dalla California e arriva a Dallas appena in tempo per allenarsi dieci minuti e battere in tre set Stefan Edberg. Il futuro coach di Agassi, che qui si ritira a metà del secondo set dopo aver vinto il primo con McEnroe, conquista la finale a spese di un altro scandinavo, Mikael Pernfors, ma il big-match della settimana è la semifinale tra McEnroe e Lendl. Ivan è tornato sul trono dell’ATP dopo la vittoria agli Australian Open mentre l’americano è appena rientrato tra i primi 10 ma non batte un n°1 da almeno quattro anni. Due set identici che finiscono al tie-break (uno per parte), il terzo che finisce nella sacca di John (6-3) e il crocevia nel nono gioco del quarto. McEnroe concede tre palle-break, salva le prime due ma nella terza Lendl vede fuori il servizio del rivale che poi chiude a rete il punto. Infuriato, Ivan si sfoga con il giudice di sedia e, dopo aver ricevuto un penalty-point, si va a sedere minacciando di non giocare più. Interviene il supervisor e, dopo un conciliabolo con il collaboratore, a Lendl viene comminato un penalty-game. McEnroe si salva, cambia campo avanti 5-4 e chiuderà 7-5. Sarà la sua 14esima e ultima vittoria su Lendl, che non lascerà più nemmeno un set a John nelle rimanenti sei sfide.
Senza storia la finale con Gilbert: quinto titolo per McEnroe
, certamente il più degno di tutti a cui affidare la penna per scrivere la parola fine.

Il World Championship Tennis chiude i battenti l’anno dopo, quando Lamar Hunt annuncia che non ci sono più le condizioni economiche per proseguire. Il petroliere texano ha contribuito, forse più di ogni altro, a traghettare il tennis verso la sponda del professionismo e non a caso la sua lungimiranza è stata premiata con l’inserimento del suo nome nella Hall of Fame di tre diversi sport: tennis, football americano e hockey su ghiaccio.

Hunt muore a Dallas il 13 dicembre 2006 all’età di 74 anni; la Reunion Arena invece scompare prematuramente il 17 novembre 2009, fatta implodere dopo soli 29 anni, di cui gli ultimi due trascorsi in totale solitudine. Sia i Mavericks che gli Stars l’avevano abbandonata fin dal 2001, preferendogli l’American Airlines Center.

Albo d’oro

1971 Ken Rosewall b. Rod Laver 6-4 1-6 7-6 7-6
1972 Ken Rosewall b. Rod Laver 4-6 6-0 6-3 6-7 7-6
1973 Stan Smith b. Arthur Ashe 6-3 6-3 4-6 6-4
1974 John Newcombe b. Bjorn Borg 4-6 6-3 6-3 6-2
1975 Arthur Ashe b. Bjorn Borg 3-6 6-4 6-4 6-0
1976 Bjorn Borg b. Guillermo Vilas 1-6 6-1 7-5 6-1
1977 Jimmy Connors b. Dick Stockton 6-7 6-1 6-4 6-3
1978 Vitas Gerulaitis b. Eddie Dibbs 6-3 6-2 6-1
1979 John McEnroe b. Bjorn Borg 7-5 4-6 6-2 7-6
1980 Jimmy Connors b. John McEnroe 2-6 7-6 6-1 6-2
1981 John McEnroe b. Johan Kriek 6-1 6-2 6-4
1982 Ivan Lendl b. John McEnroe 6-2 3-6 6-3 6-3
1983 John McEnroe b. Ivan Lendl 6-2 4-6 6-3 6-7 7-6
1984 John McEnroe b. Jimmy Connors 6-1 6-2 6-3
1985 Ivan Lendl b. Tim Mayotte 7-6 6-4 6-1
1986 Anders Jarryd b. Boris Becker 6-7 6-1 6-1 6-4
1987 Miloslav Mecir b. John McEnroe 6-0 3-6 6-2 6-2
1988 Boris Becker b. Stefan Edberg 6-4 1-6 7-5 6-2
1989 John McEnroe b. Brad Gilbert 6-3 6-3 7-6

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