Il vero avversario di Federer verso la finale? Federer

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Il vero avversario di Federer verso la finale? Federer

Dopo l’eliminazione di Novak Djokovic, dalla sua parte lo svizzero ha antagonisti contro i quali è complessivamente 30-5 negli head to head. L’unica insidia sembra la condizione fisica

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Sette avversari per… cinque sconfitte. Roger Federer, dopo la sorprendente débâcle di Novak Djokovic contro Sam Querrey, deve essersi sentito molto sollevato. Inutile girarci attorno, pur conoscendo la sportività del campione elvetico: se lo fa mezzo mondo, i tuoi tifosi, è probabile che anche lui si senta più sereno con il campione serbo fuori dal torneo. D’altra parte ci ha pur perso le ultime tre finali Slam disputate, come dargli torto?

L’elvetico dovrebbe essere sollevato pure dall’occhiata alla parte alta del tabellone. Sette possibili avversari, a cominciare dall’unico sicuro, il coriaceo Steve Johnson, contro cui Roger ha perso soltanto cinque volte nell’arco di un’intera carriera. In 35 incontri disputati contro di loro, Federer è infatti in vantaggio 30-5 negli head to head complessivi.

Li riportiamo nel dettaglio:

vs Steve Johnson 0-0
vs Marin Cilic 5-1
vs Kei Nishikori 4-2
vs Milos Raonic 9-2
vs David Goffin 5-0
vs Nicolas Mahut 4-0
vs Sam Querrey 3-0

Un dato che non passa inosservato, e che rende Federer il favorito numero uno per raggiungere la finale di domenica prossima, la terza consecutiva, l’undicesima in carriera. Forse, però, quest’anno è il caso di usare il condizionale, e scrivere che Federer “sarebbe” il favorito se il suo fisico stesse bene. Nei primi tre turni, il fuoriclasse svizzero ha dimostrato di essere in netto progresso rispetto alle scialbe prestazioni a Stoccarda e Halle, palesando miglioramenti sulla mobilità e una certa disinvoltura che suggerisce l’assenza di problemi alla schiena.

La stagione a singhiozzo, tuttavia, rende difficile capire a quale livello di condizione sia Federer, che ad agosto compirà pur sempre 35 anni. Sono soltanto i problemi fisici a farlo muovere meno bene rispetto – per esempio – all’estate del 2015, o è il normale decorso del tempo? Probabile che la risposta non l’abbia nessuno, né Federer né Ljubicic, né Luthi o Mirka. Sarà il campo a dire se la centralità di Wimbledon nella programmazione stagionale dello svizzero avrà avuto gli effetti sperati. La certezza, come scrivevamo in apertura, e come ricordato anche dal direttore nel suo editoriale, è che l’eliminazione di Djokovic ha fatto piacere a molti, in testa il fuoriclasse svizzero, che, vedendo completarsi la parte alta del tabellone, avrà percepito le proprie chance di finale aumentare sensibilmente.

Con un Federer almeno all’80%, non si riesce infatti a capire come Johnson, al miglior risultato Slam in carriera, possa davvero impensierirlo. Nei quarti di finale, Cilic o Nishikori: non una passeggiata, ma l’unico successo del croato fu la supersemifinale a New York 2014 (mai più rivisto a quei livelli), mentre il giapponese ha perso le ultime tre sfide, e non è semplice immaginare un’impresa sull’erba. Proseguendo nel tabellone, il primatista di titoli Slam troverebbe Mahut o Querrey, che non lo hanno mai battuto, o più verosimilmente Goffin (a zero anche lui) o Raonic. La più grande minaccia per la finale, dal punto di vista di Federer, è senza dubbio il canadese, che ha fatto suo l’ultimo scontro diretto, lo scorso gennaio a Brisbane, seppure contro un avversario febbricitante. Federer, nel 2014, impartì una dura lezione a Raonic sui prati londinesi, sempre in semifinale. Da allora, Milos ha attraversato numerosi problemi fisici ma è tornato ad alti livelli, migliorando sotto molti profili e avvalendosi ora della collaborazione di John McEnroe, non proprio uno sconosciuto a Church Road. Lo svizzero, invece, può contare su uno che Raonic lo conosce benissimo, Ljubicic.

Senza nulla togliere agli avversari, però, viene da pensare che il vero ostacolo di Federer sia Federer stesso, la possibilità che non possa più tornare quello di prima, che la schiena faccia le bizze, o che la condizione sia ancora lontana da quella ideale. In questo senso, vista età e acciacchi, l’andamento del torneo è stato perfetto per lui: primi tre turni morbidi e contro tennisti che lo mettono in palla, match rapidi e senza l’assillo della pioggia, Querrey che fa il “lavoro sporco”.

Federer e il suo staff possono sfruttare i due giorni di sosta per allenarsi ad hoc, mettere benzina e arrivare vicino al top durante la seconda settimana. Se così fosse, se l’elvetico raggiungesse davvero un picco di condizione, sarebbe sorprendente che, sul prato amico e con Djokovic già a casa, non arrivasse all’appuntamento della seconda domenica.

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