Nadal, quando si vince perdendo (Piero Valesio, Tuttosport)
Tutti e due fuori dalle primissime posizioni del ranking, uno a casa da mesi e l’altro che per mettere piede fuori casa lo mette; ma non certo con risultati incoraggianti. Federer e Nadal protraggono nel tempo la loro comune vicenda umana e sportiva anche se sono, specie in questi momenti, assai diversi fra loro. Roger lo rivedremo in campo alla Hopman Cup: nutrire dubbi sulle sue reali possibilità di reinserirsi al vertice dopo sei mesi di stop è più che lecito; ma è altresì consentito ritenere che proprio i sei mesi di, chiamiamolo così, lavoro differenziato non solo abbiano messo in ordine la sua schiena ma abbiano anche rifornito la sua anima di una rinnovata voglia di spaccare il mondo. Rafa invece percorre una china diversa e proprio non si riesce a vederla rivolta verso l’alto. A Shanghai ha perso per mano di Troicki, uno che ai tempi belli sarebbe tomato sotto la doccia in un’oretta, forse scarsa. E dopo il match ha sinceramente spiegato il perché: «Devo ritrovare il mio diritto Ora non riesco ad eseguirlo come vorrei, dopo l’infortunio al polso ho dei problemi».
Difficile, quasi impossibile non pensare a coloro i quali, anni fa, mentre la rivalità dei due era nel vivo, pontificavano quanto segue: la carriera di Roger durerà il doppio rispetto a quella di Rafa perché lo svizzero manco suda quando gioca e lo spagnolo, invece, arrota se stesso e le sue giunture per arrotare anche la pallina. Prima o poi si romperà. Come sempre la vita ha più fantasia di chiunque e dunque pure colui che sembrava inavvicinabile dai guai fisici, ha dovuto chinarsi di fronte alle leggi dell’invecchiamento. Ma non è che quella considerazione fosse poi così fuori luogo: Nadal si è trovato con frequenza via via più intensa a pagare il conto di tutte le rotazioni impresse al suo fisico e alle palline. E per di più a dover fare i conti, lui che è stato un predestinato, a gestire la sconfitta non già saltuaria o contro Federer, ma contro giocatori dalla storia e dal talento immensamente inferiori rispetto a lui.
Ed è a questo punto che Nadal, pur perdendo troppe partite, è diventato un nuovo Nadal, forse più maturo, certamente più umano. Non si va lontano dal vero se si pensa che nel corso di quest’anno Rafa avrà affascinato di certo meno ragazzini di quando con fascia da mohicano e smanicato si era issato al ruolo di testimonial perfetto di un modo di vestire e di giocare a tennis: ma altresì si è meritato la stima di players e spettatori magari più adulti che però hanno apprezzato il modo in cui ha mostrato di accettare il suoi limiti attuali: pregio forse tanto importante quanto vincere uno Slam. Tempo fa Rafa ebbe a dire: visto come sto, voglio disputare ancora due anni ad alto livello, Poi potrei anche chiudere baracca Uno di quegli anni se no andato e forse lo spagnolo manco andrà al Master. Ne resta uno, il prossimo (…)
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Kyrgios, perdi apposta? “Non me ne importa” (Gazzetta dello Sport)
Se n’è uscito tra i fischi di chi pensava che avesse perso apposta. L’australiano Nick Kyrgios, numero 14 al mondo, ha ammesso di aver «preso solo la via d’uscita più semplice» dopo la sconfitta 6-3 6-1 in 48 minuti col numero 110 al mondo, Mischa Zverev, nel 2 turno sul cemento di Shanghai. Moscio e svogliato, stanco dopo il torneo vinto a Tokyo, perfino l’arbitro di sedia ha detto a Kyrgios: «È un torneo professionistico, comportati da professionista». Un tifoso gli ha urlato: «Rispetta il gioco, rispetta la gente». E lui ha risposto: «Vuoi venire tu a giocare? Non ti ho chiesto io di venire a vedermi». Definitosi «stanco fisicamente e mentalmente dopo una stagione così lunga», Kyrgios si è detto anche disinteressato a un posto alle Atp Finals (ieri si è qualificato Nishikori, dopo Djokovic, Murray, Wawrinka e Raonic): «Non me ne potrebbe importare di meno». Altra eliminazione eccellente è Rafa Nadal, che dopo un’ora e 35 minuti si è arreso 6-3 7-6 (3) al serbo Troicki. Sempre al secondo turno di Shanghai, il 34enne senese Paolo Lorenzi è uscito 6-2 6-4 col canadese Milos Raonic (…)