Nick testa calda. L’ultimo dei cattivi non cambia mai (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Voglio essere un ragazzo cattivo, se significa che mi divertirò ogni giorno. Nick Kyrgios manco era nato quando a metà degli anni 80 spopolavano da noi i versi di questa canzone dance di Den Harrow. E conoscendone i gusti musicali, dal rap (ma è riuscito a litigare, seppur solo via social, anche con Drake) all’hard rock, difficilmente il bad boy australiano ne ascolterà qualche nota, anche se quel ritornello può ormai diventare la colonna sonora di accompagnamento delle sue uscite da genio maledetto della racchetta. RICADUTA Sembrava aver messo la testa a posto, Nick. Vittoria, fresca di appena una settimana fa, a Tokyo, terzo trionfo stagionale e numero 14 in classifica, il top in carriera, con l’opportunità di puntare ancora al Masters di fine anno. Sembrava, appunto. Perché poi arriva un ottavo a Shanghai da grande favorito contro Misha Zverev, il più vecchio e meno forte dei fratelli tedeschi, e i fantasmi riaffiorano come un novello Dr. Jekill e Mr. Hyde che peraltro non ha mai nascosto di odiare il tennis («Ma è l’unica cosa che so fare»). In campo va un’ombra, che si lascia battere in 49 minuti, concede l’ultimo break con una battuta da sotto, chiede all’arbitro di chiamare in fretta il tempo per andarsene a casa e battibecca con uno del pubblico («Vuoi scendere tu a giocare?»). Conseguenza nota: multa di 16.500 dollari e un altro fiume di parole su un talento che potrebbe cambiare la storia ma non riesce a cambiare i suoi atteggiamenti troppe volte autodistruttivi. Tra l’altro, in conferenza stampa, Nick non si mostrerà affatto pentito: «Non capisco perché la gente debba prendersela, se fossero così bravi sarebbero in campo al posto mio; non sanno cosa vuol dire essere in campo e che cosa mi passi per la testa». Aggiungendo: «Se decidi di comprare il biglietto per vedermi giocare è una tua scelta, lo sai che sono imprevedibile, io non ti devo niente. Non ci perdo il sonno la notte. Sto lavorando per essere continuo di settimana in settimana anche se non si è visto perché ho scelto la via più facile, cioè mollare. Non ero arrabbiato, forse solo un po’ esaurito…». Poi sono arrivate le consuete scuse su Twitter. PSICOLOGO E PRECEDENTI Un giorno magari scopriremo che il tennis di oggi ha bisogno del talento, dei colpi e perfino delle mattane di Kyrgios e al tempo stesso dell’ira feroce dei suoi detrattori, un po’ come accadeva con McEnroe, ma intanto l’australiano è già diventato oggetto di studi clinici. Jeff Bond, per 22 anni psicologo all’Istituto dello Sport di Canberra, ritiene che sia inutile punirlo con ammende in denaro, visto che è già multimilionario, e sarebbe meglio sospenderlo, una posizione sostenuta in generale anche da Andy Murray («Non so se multarli sia la soluzione giusta per questi ragazzi»). Il problema è che l’Atp sta investendo molto in marketing sulla Next Generation stante il declino dell’epopea dei Fab Four, ma si ritrova con Kyrgios spesso fuori controllo, con Sasha Zverev che spacca tutte le racchette in mondovisione contro Tsonga a Shanghai e l’altro aussie Tomic, potenziale top ten, che risponde con il manico a un match point per poi gridare all’arbitro di poterselo permettere perché a 23 anni ha già guadagnato dieci milioni di dollari, oppure ritirarsi dopo 8 minuti e 45″ di partita (è successo quest’anno a Roma). Certo, ciascuno di loro potrà dire di non essere stato ancora cacciato dal campo come Super-Mac agli Australian Open del 1990 con il filotto insulti al giudice di linea-racchetta spaccata-insulti al giudice di sedia e al supervisor, come l’americano Jeff Tarango nel 1995 a Wimbledon («Sei il più corrotto degli arbitri», vomitò addosso allo svizzero Rebeuh) con il corollario di 48.000 dollari di multa, che resta la più alta mai data in una volta sola a un giocatore uomo, o ancora come Nalbandian nella finale del Queen’s 2012, quando lanciò la racchetta e colpì a una gamba un giudice di sedia, ferendolo. Insomma, l’elenco dei cattivoni contiene tanti fogli, e spiace che più di una volta ci sia finito pure un ragazzo d’oro come Fognini, incontenibile quando perde la brocca, come a Wimbledon nel 2014 (insulti al supervisor dopo una racchetta spaccata e 27.500 dollari di ammenda, una delle più pesanti di sempre) o ancora come quando apostrofò il serbo Krajinovic con un epiteto razzista. Anche se poi, a voler guardare, la multa più alta della storia ha alleggerito (seppur di poco) il conto corrente di Serena Williams, che fu obbligata a sborsare 82.500 dollari dopo la semifinale (persa) degli Us Open 2009 per minacce a una giudice di linea. Evidentemente, la rabbia non ha sesso