dal nostro inviato a Vienna
Dieci dei primi cento tennisti del ranking ATP sono spagnoli. Sette di loro quest’anno hanno vinto almeno un titolo (otto se si tengono in considerazione i Challenger) e David Ferrer, che non ci è ancora riuscito, è semifinalista e detentore del titolo a Vienna. Dati alla mano, poteva perciò sembrare strano sentire un reporter suo connazionale domandargli se ci siano speranze per il futuro. Ma David ha capito e – forse anche un po’ sollevato dall’aver terminato le domande in inglese – ha risposto serio: “Abbiamo avuto un’epoca d’oro molto lunga, culminata con Rafa numero uno e vincitore di tutti quegli Slam e io al best ranking di numero tre. Qualcosa del genere non tornerà, o almeno è molto difficile che accada”.
La spiegazione è semplice, anche se velata di una auto-consapevolezza un poco amara: “Potrà nascere un nuovo David Ferrer, magari, ma un nuovo Nadal no. Lui è stato qualcosa di unico e di irripetibile.” Riguardo la sopravvivenza del tennis nazionale però, Ferru non ha timori. “Abbiamo Carreno, e Bautista, che sono giovani – dice – e poi abbiamo un’ottima cantera di ragazzi dagli 11 ai 16 anni, sicuramente alcuni di loro diventeranno protagonisti in futuro”. Intanto lui proverà a rimanere protagonista nel presente, oggi pomeriggio contro Andy Murray.
