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Reading: Il Masters e le riserve. La sorpresa di Goffin, in campo per caso (Clerici). Goffin, una riserva da 3.800 € al minuto. Cose da Masters… (Crivelli). Djokovic tra sorrisi e smorfie (Marcotti). Master, calcoli da numero 1. Djokovic cerca il controsorpasso (Azzolini)
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Rassegna stampa

Il Masters e le riserve. La sorpresa di Goffin, in campo per caso (Clerici). Goffin, una riserva da 3.800 € al minuto. Cose da Masters… (Crivelli). Djokovic tra sorrisi e smorfie (Marcotti). Master, calcoli da numero 1. Djokovic cerca il controsorpasso (Azzolini)

Last updated: 18/11/2016 9:23
By Alessia Gentile Published 18/11/2016
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14 Min Read

Il Masters e le riserve. La sorpresa di Goffin, in campo per caso (Gianni Clerici, La Repubblica)

Lo spettatore seduto ai confini della tribuna stampa appare incerto, direi addirittura smarrito, nel guardare in campo Nole Djokovic contro un tennista a lui ignoto. La mia vicina australiana, Mary, decide allora di venirgli in aiuto e gli chiede la ragione del suo smarrimento. «E’ che non riconosco l’avversario di Djokovic. So che nel suo gruppo ci sono Raonic, quello grande e grosso, Thiem, il nuovo austriaco, e Monfils, che è nero. Ma questo chi è?». «Si chiama Goffin, il belga Goffin» risponde la mia collega. «Non capisco, come mai?» insiste lo spettatore. Decido allora di aiutare il mio simile, e di comunicargli che in questo torneo, costruito per il denaro, un giocatore che altrove si ritirerebbe viene sostituito da chi segue nella classifica i primi otto, se accetta di raggiungere al più presto Londra. Così, indisponibili Berdych e Nadal, è arrivato dal vicino Belgio Goffin, numero undici. Visto lo sconcerto dell’ignaro spettatore, aggiungo che, se Goffin avesse sostituito non un tennista battuto due volte come Monfils, ma un collega vincitore, un suo eventuale successo si sarebbe sommato con quelli del ritirato. «E’ già accaduto?» chiede smarrito lo spettatore. E Mary, che ha una memoria certo migliore della mia «Per fortuna no. In caso contrario si sarebbe verificato il fenomeno di qualcuno che non aveva diritto di giocare, e che finiva per battere chi aveva diritto». Questo non accade nel tennis tradizionale, perché un ritirato è un ritirato, e uno sconfitto rimane tale. Ho notato nello spettatore una sorta di sollievo, come accade quando si viene a sapere che la legge viene applicata, e mi sono diretto verso la conferenza stampa di Nole Djokovic che, per solito, dice cose sensate. Al di fuori della chiacchieratissima scappatella extra-matrimoniale, della quale nessuno dei presenti ha osato chiedergli, abbiamo così saputo che Nole si è sentito maggiormente a suo agio, a prescindere dell’avversario, che nei precedenti match del torneo contro Thiem e Raonic. E, lungi dal criticare, come mi sembrava ovvio, la struttura del Masters, Djoko si è spinto a farlo con quella dell’antica Davis, in conflitto con gli eccessi di una stagione di undici mesi. Brillante politichese, per chi potrebbe, in Serbia, diventare un ministro, se non proprio Premier.

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Goffin, una riserva da 3.800 € al minuto. Cose da Masters… (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Tanti saluti, ma con 262.000 euro in più (94.000 come riserva e 168.000 per aver giocato la partita) sul conto in banca grazie a un’oretta di match simil-esibizione e l’orgoglio di essere stato il primo belga di sempre a scendere in campo alle Finals di fine anno (fanno circa 3800 euro al minuto). Caro Goffin, benvenuto nel frullatore del Masters, un torneo che ha cambiato quattro volte nome ufficiale, si è giocato in 14 sedi diverse e quattro superfici (mai la terra, però), ha modificato quattro volte la formula, senza contare i cocktail delle partite al meglio dei tre o cinque set e che consente un giorno di gloria, o almeno di discreto guadagno, anche a una riserva che stava anelando solo la vacanza. A dire il vero il buon David, sostituto dell’acciaccato Monfils, è sembrato già su una spiaggia esotica, sballottato avanti e indietro da un Djokovic che invece ha preso molto sul serio l’allenamento: «Mi dispiace — dirà il belga — ma è difficile trovare il ritmo quando stai cinque giorni a palleggiare contando le ore che ti separano dal riposo e all’improvviso ti dicono che devi giocare contro Novak davanti a 15.000 persone». Buon per il serbo, cui l’uscita è servita a trovare ancor di più gli automatismi in vista dell’atteso crash contro Murray per il numero uno, sempre che Andy esca indenne dalla sfida odierna con cavallo pazzo Wawrinka: se perde in due set e Nishikori vince con Cilic (che potrebbe perfino ritirarsi e lasciare il posto all’altra riserva Bautista Agut), potrebbe essere addirittura fuori dalle semifinali, lasciando così il primato di fine anno al serbo. La corsa alla vetta del ranking accresce indubbiamente il fascino dell’appuntamento, malgrado la formula a gironi rappresenti un unicum in tutto il panorama del circuito. Eppure resiste dal 1986 e rimarrà almeno fino al 2018, quando il Masters dovrebbe cambiare sede e magari regolamento. Nelle prime due edizioni (1970-71) il titolo venne assegnato dopo un girone unico, dal 1972 al 1981 si utilizzò la formula di adesso, dall’82 all’85 si passò all’eliminazione diretta (12 giocatori e poi 16) e nel 1986 si tornò ai due gironi, anche se non è mai successo, a differenza del femminile, che un giocatore vincesse il torneo perdendo più di una partita nel round robin. Sono tante le proposte sul tavolo, dal recupero dell’eliminazione diretta con partite al meglio dei cinque set alla sede unica, fino alla rotazione delle superfici e dei campi indoor e outdoor. O forse in fondo siamo affezionati all’idea che l’epilogo stagionale sia qualcosa di diverso, magari senza sapere che la regola 4.01 B dell’Atp stabilisce che non siano i primi otto della Race a qualificarsi, bensì i primi 7 del ranking, seguiti dai due giocatori con la miglior classifica dall’8 al 20 che in stagione abbiano vinto uno Slam. Tale norma è stata applicata per tre volte: Ivanisevic al posto di Safin nel 2001, Costa nel 2002 (erano ben tre i vincitori Slam fuori dagli otto, con Johansson e Sampras) e Gaudio nel 2004 per Agassi. Due anni fa, invece, la qualificazione di Cilic attraverso gli Us Open costrinse Murray a giocare due tornei minori a ridosso delle Finals per agguantare l’ultimo posto, e ci arrivò spompato. Pazzie da Masters.

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Djokovic tra sorrisi e smorfie (Gabriele Marcotti, Corriere dello Sport)

Per ritrovare il sorriso, e un briciolo di serenità anche davanti ai taccuini, ha dovuto attendere la terza vittoria consecutiva alla O2Arena La più netta da quando è a Londra, con quella superiorità che aveva caratterizzato la sua prima parte di stagione. Il debutto a Londra aveva sollevato più dubbi che certezze, e contro Dominic Thiem aveva cancellato il primo set smarrito con una vittoria d’esperienza. Contro Milos Raonic si era garantito la semifinale. Ieri, grazie al successo sul sostituto David Goffin (subentrato all’infortunato Gael Monfis) non solo si è assicurato il primo posto del girone ma anche il momentaneo sorpasso al vertice. Un primato nel ranking mondiale quanto mai temporaneo, in attesa del match di oggi di Andy Murray contro Stan Wawrinka. «Non sarei stupito se tornassi subito numero 1 del ranking – il commento di Djokovic – Siamo tutti umani, ogni giorno dobbiamo affrontare nuove sfide, nella vita personale e professionale. In alcuni momenti dell’anno ci si sente meglio o peggio, l’importante e saper gestire queste situazioni». Nell’esibizione contro il belga Nole ha smarrito solo tre game, disputando un gioco solido ed efficace. In conferenza stampa ha dimenticato anche il battibecco di martedì, quando era stato accusato di eccesso di nervosismo. Ma anche ieri, va detto, in apertura di match ha ricevuto un warning per perdita di tempo. Rivolgendosi all’arbitro di sedia Fergus Murphy, lo ha apostrofato: «Non hai idea di cosa sia il tennis». Quindi ha chiesto un colloquio con il direttore del torneo, Tom Barnes. «So di essere tra i giocatori più lenti del circuito, ma era solo il quarto game dell’incontro. Sarebbe stato più rispettoso se prima del warning mi fosse stata fatta una sorta di richiamo. C’è da capire bene il motivo di ogni decisione del giudice, ma bisogna sempre arbitrare con il buon senso». L’ultima battuta è per la formula di questo torneo, spesso criticata. «Invece a me piace molto. Anche le Olimpiadi dovrebbero essere così. Credo che invece non vada bene l’attuale format della Coppa Davis, soprattutto per i top player. Il calendario è pessimo. Secondo me ci dovrebbe essere un round robin tra le varie squadre in una settimana, poi semifinali e finale. E si dovrebbe giocare due set su tre, magari in due giorni, o ancora con due singolari e un doppio. Ma la ITF non sembra interessata, propone persino di togliere il fattore casalingo che è la caratteristica principale della Davis».

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Master, calcoli da numero 1. Djokovic cerca il controsorpasso (Daniele Azzolini, Tuttosport)

È il torneo dei ragionieri, e lo è sempre stato. In questa edizione, poi, i conteggi sono molto più complicati. Ma è in ballo il numero uno. E anche il numero due. E il tre, il quattro e il cinque. In sostanza, è tutto da decidere, e tutto si deciderà in volata. Una stagione in quattro o cinque match, quanti ne rimangono da qui al termine della kermesse alla 02 Arena di Londra. Il Master si pasce da sempre delle sue formule aritmetiche, non ne può fare a meno. La storia insegna che un po’ di faccia tosta e un minimo di dimestichezza con addizioni e sottrazioni abbiano spesso cambiato il volto del torneo di fine stagione. C’è chi le ha utilizzate per risparmiare un po’ di energie nel terzo match del round robin, dopo aver appurato che la vittoria di un solo set gli avrebbe assicurato il passaggio in semifinale, e chi – con un tocco d’astuzia in più – abbia perso di proposito un match per garantirsi, sempre in semifinale, l’incrocio più propizio. Quest’anno non succederà niente di simile: tutto ciò cui andremo ad assistere nei prossimi giorni sarà genuino, al cento per cento. Merito di Djokovic, o meglio, merito del suo collasso tecnico di metà stagione. E tutto si è rimesso in discussione. Il numero uno, migrato sulle spalle di Murray, e le sue stesse voglie, che sembravano azzerate e invece stanno rispuntando proprio in queste giornate dedicate ai gironi eliminatori. Ha avuto un sorteggio che più facile non si può, è vero. Tutti quelli che a lui non fanno un baffo nemmeno quando gioca male sono finiti nel suo girone. Ma vincendo (ieri contro Goffin, il belga che ha sostituito Monfils, un match più simile a un allenamento) ha ritrovato il gusto per le imprese difficili, e ha deciso di vendicare il sorpasso di Murray con un controsorpasso proprio all’ultima giornata, e all’ultimo set. Ieri sera, Djokovic era a 11.380 punti, Murray a 11.585. Duecentocinque punti di differenza che potranno tornare 405 stasera. I match del round robin offrono 200 punti a vittoria Murray però dovrà battere Wawrinka. E Wawrinka (5.315 punti), fino a ieri sicuro numero tre, ora non lo è più tanto. Ieri sera Raonic guidato dalla sacra trimurti dei coach (Piatti, Moya e McEnroe) lo ha scavalcato grazie alla vittoria su Thiem. Poi c’è Nishikori – oggi contro Cilic, già eliminato dai giochi – che vincendo andrebbe in semifinale, dove i punti raddoppiano (400), per diventare 500 in finale e 600 per la vittoria. Così, Wawrinka deve battere Murray, e Murray (per la semi basta vincere un set) non deve perdere con Wawrinka per non ritrovarsi Djokovic già in corsia sorpasso. Un bell’intreccio, vedremo chi farà quadrare i conti.


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