Parla Ubaldo: il “piccolo” Dodig migliore in campo, vero specialista del doppio
Coppa Davis, finale: Cilic/Dodig vincono secondo pronostico, la Croazia è avanti 2-1
Era il più piccolo, appena 1 metro e 83 cm, in mezzo a due giganti che sfiorano i due metri (del Potro e Cilic) e a un altro longilineo di un metro e 90 (Mayer), ma è stato di gran lunga il più bravo.
Ivan Dodig, uno Slam nel suo palmares nel 2015 al Roland Garros con il brasiliano Melo (più una finale a Wimbledon), non solo non ha mai perso il servizio (come del Potro) ma è stato di gran lunga il migliore in campo, quello che ha intercettato di più a rete, quello che ha chiuso più volée, quello che ha dimostrato più grinta, più capacità di caricare il compagno.
Direi quasi, in altre parole, che lui avesse – o quantomeno mostrasse – forse più voglia di vincere rispetto a tutti gli altri. La folla croata lo sentiva e i cori “Ivan Dodig, Ivan Dodig!” si sono sprecati. Tanto sembra freddo Cilic (che dentro di sé poi in realtà freddo non è per niente), tanto appare sempre super-hot “caldo” Dodig. Capace anche di dar carica ad un pubblico che non chiedeva altro.”Idemo Idemo Hrvatska!!” (“andiamo andiamo Croazia”) cui gli argentini scatenati – e Maradona più scatenato di tutti, anche se nelle parole dell’immediata vigilia aveva espresso tutta la sua tristezza e il cordoglio per la morte di Fidel Castro: “È il dolore più grande che ho sentito dopo la morte di mio padre” – replicavano, dopo aver cantato l’inno nazionale durante la cerimonia di presentazione, con il loro coro di battagli “Vamos, vamos Argentina/ vamos vamos a ganar/ que esta banda quilombera/no te deja de alentar”.
Ma anche se il doppio si vince sempre in due, come avrebbe banalmente ricordato Orsanics e anche Krajan (perchè non si può dire che Cilic abbia giocato male) era come se si vedesse a occhio nudo che per lui, per Ivan Dodig, il doppio è tutto. Per gli altri la priorità è e resta il singolare 360 giorni l’anno. E il doppio è quasi un’altra cosa, una cosa totalmente diversa, quasi un altro sport. Non è che in 5 giorni si può cambiare radicalmente
Lo so bene anche per averlo capito quando da modesto giocatore in singolare quale ero, in doppio mi trasformavo e diventavo un tennista… decente.
Per anni, insieme al declino del doppio – un declino soprattutto di interesse, di scomparsa dalla tv e dai giornali, perché come diceva Rino Tommasi “alla fine è difficile che per il doppio ci si schieri da tifosi come per il singolare, chi vince vince e la gente che magari applaude i doppisti e si diverte però poi nemmeno ricorda i vincitori…per non parlare dei giornalisti che appena finiti i singolari devono scrivere su quelli e il doppio non lo vedono nemmeno ma quasi sono costretti ad ignorarlo” – ho sentito dire che i migliori giocatori di singolare avrebbero fatto man bassa di titoli dello Slam se si fossero iscritti anche al doppio. Si è letto più volte, su molti media, che il doppio era diventato una gara di consolazione.
A favore di questa tesi parevano dimostrarsi i trionfi di McEnore con Fleming, e anche quelli di coppie semi-improvvisate come Becker-Stich, Wilander-Nystrom a Wimbledon, oppur più recentemente anche Nadal-Marc Lopez alle Olimpiadi così come Federer-Wawrinka a Pechino 2008. A supporto della stessa tesi indubbiamente gioca anche l’età avanzata di certi protagonisti del doppio oggi, i fratelli Bryan (sia pure calanti), certi ultraquarantenni come Nestor e Zimonjic, i Paes, gli Stepanek…
Però è anche vero che questi specialisti del doppio hanno acquisito un’esperienza e una padronanza del “mestiere” che non è facile improvvisare se il doppio non lo si gioca mai e non si è avuto molte opportunità di giocarlo neppure da ragazzino, negli incontri interclub.
E del Potro, giusto per fare un esempio che credo calzante, il doppio non lo ha quasi mai giocato nemmeno da ragazzino, a differenza dei grandi nomi citati sopra, dei McEnroe, dei Becker, degli Stich, degli Edberg che quindi qualche meccanismo lo avevano giocoforza imparato prima di decidere di dedicarsi soprattutto o quasi soltanto al singolare…
Oggi un singolarista che scende in campo in doppio invece di fatto lo improvvisa totalmente. Non è abituato a incrociare, non sa far squadra. Gioca il doppio da singolarista.
È quello che hanno fatto, al di là degli incessanti “batti cinque” divenuti quasi asfissianti nella loro assurda ripetitività, oggi Mayer e del Potro. E non diversamente da loro anche Marin Cilic, che però almeno negli scambi da fondocampo ha fatto sentire tutta la sua potenza e non di rado con il dritto ha sfondato il muro avversario.
I croati hanno studiato – più che indovinato – la tattica giusta per “disarmare” del Potro, fortissimo quando riesce a giocare il dritto anomalo da sinistra a destra (ma anche la risposta incrociata di rovescio): si sono messi con la formazione all’australiana quando servivano nei punti dispari, non solo nei vantaggi, e così del Potro era costretto a giocare diritto avanti a sé, sempre lungolinea, con colpi quindi spuntati. Mai davvero potenti. Da sinistra verso destra è capace di coprire e quasi schiacciare il dritto, ma giocando dritto finiva per giocarlo quasi liftato, con molta minor potenza. Difatti ha vinto molti meno scambi di quelli che avrebbe certamente vinto se avesse potuto scambiare incrociato.
Poi si dirà che questo doppio è stato ugualmente equilibrato e che si è deciso nei primi due set soltanto al tiebreak, ma alla fine – così come a Glasgow quando Jamie Murray fu decisamente migliore rispetto al fratello Andy (altra riprova che oggi uno specialista finisce per offrire un rendimento migliore di fronte a chi non lo è) – si sa che il doppio si decide su pochi punti quasi sempre. Dodig li ha fatti, gli argentini no.
È stato Cilic, nel secondo set, a servire male sul 4-3 (anche se lì è stato anche Dodig a sbagliare un paio di volée) e a rimettere in corsa gli argentini. Ma se diamo un’occhiata ai ranking di specialità ecco che Cilic è n.124 nelle classifiche, Dodig è n.13 (è stato n.4 l’8 giugno 2015), mentre se del Potro è solo n.351 e Mayer n.122 un motivo ci sarà.
Chiaro che queste posizioni si spiegano ovviamente con una totalmente diversa programmazione, ma se tu ti alleni tutto l’anno a giocare un certo tipo di competizioni è assolutamente normale che tu possa offrire un rendimento migliore quando sei chiamato a dimostrare quel che sai fare e che fai sempre.
Gli argentini hanno un gran spirito di squadra, sentono molto la nazionale (forse del Potro un po’ meno…), ma non hanno mai avuto grandi doppisti. Ma singolaristi, come Vilas e Clerc ad esempio, che quando giocavano fianco a fianco era come se giocassero due singolari paralleli. Forse gli argentini sono troppo individualisti, forse fanno talmente tanta fatica ad emergere come singolaristi – le loro condizioni economiche di partenza non sono quasi mai state favorevoli -che non è poi così sorprendente scoprire che in cinque finali di Davis hanno vinto solo un doppio. (nel 2011 a Siviglia)
Un conto è battere Fognini-Lorenzi (altro doppio impovvisato) come hanno fatto a Pesaro del Potro e Pella, un altro conto è battere Dodig e Cilic che già avevano battuto i fratelli Bryan e il doppio francese Herbert-Mahut nella semifinale di Davis.
Vabbè ora vedremo che succede questa domenica, se del Potro vincesse contro il suo gemello diverso Cilic, ci sarà da divertirsi sul 2 pari, quando probabilmente scenderanno in campo Leo Mayer e Ivo Karlovic.