Eccoci arrivati alla fine di questo excursus cinematografico affiancato al mondo del tennis. Se sarà o meno davvero l’ultimo articolo dedicato alla rubrica Tennis e cinema non lo sappiamo ancora con certezza, ma la speranza è quella di essere riusciti ad avvicinare i cinefili a questo fantastico sport e gli appassionati di tennis al magico mondo del cinema. L’intenzione era quella di stimolare riflessioni a riguardo e di incentivare la poliedricità dei nostri lettori. Speriamo di poter dire “missione compiuta”. Il nostro regalo di Natale sarà la ciliegina sulla torta di questo 2016, ovvero Sir Andy Murray. Per analizzare la figura del tennista britannico è doveroso spostarsi dall’America, che ha fatto da sfondo ai pezzi precedenti, per giungere nella plumbea e piovosa Londra. A creare questo ponte tra la tanto amata Manhattan e la grigia capitale britannica è in primis uno dei più amati e controversi registi di Hollywood: Woody Allen. Dunque il regista di origini ebraiche abbandona la sua New York anni trenta per catapultarsi nell’Europa del 2000, nella quale si sente perfettamente a suo agio, essendo considerato il più europeo dei registi americani, grazie al suo stile inconfondibile: dalle sceneggiature alla scelta accurata delle colonne sonore, fino ad arrivare ai dialoghi mai banali, sempre carichi di verve, graffiante ironia e un pizzico di cinismo. È proprio quest’ultimo aspetto a caratterizzare il film in questione, “Match point”.
Si presume che tutti gli amanti del nostro sport abbiano visto questa pellicola cinematografica o quanto meno ne abbiano sentito parlare. Infatti nel suddetto film, Allen utilizza lo sport sulla terra rossa come allegoria della vita e, in particolare, del ruolo giocato dalla casualità. Pertanto fin dalle prime battute si può cogliere il tema che sarà il filo rosso del film. “Chi disse preferisco avere fortuna che talento percepì l’essenza della vita”; sulle note dell’aria “Una furtiva lagrima” dell’opera “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti, Woody Allen lascia al protagonista del suo capolavoro l’onore di dar voce al proprio pensiero riguardo all’importanza della dea bendata nella vita di ognuno. Infatti il personaggio principale del film, Chris, riuscirà a cavarsela nelle sue disavventure, causate da lui stesso, proprio grazie alla fortuna. Sempre durante le prime battute di Match point, corrono le immagini di una pallina da tennis che attraversa la rete, fino a quando non si ferma in aria, avendo preso il nastro. Nel film un anello viene paragonato alla pallina da tennis ed è fondamentale per capire il destino nella vita, sempre in chiave allegorica. Perciò Allen non esclude l’importanza del talento, tuttavia egli si focalizza sul fatto che arrivati in fondo, al match point, non basta il solo talento, ma è necessaria anche un po’ di fortuna.
A questo proposito si inserisce Andy Murray, che, dopo un brillante 2016, ma non devastante, è riuscito a piantare la bandierina sulla vetta della classifica mondiale. Badate bene, non si sta sottolineando il fatto che il tennista britannico abbia vinto alla lotteria, al contrario: egli ha cominciato la stagione da numero due del mondo, per poi inanellare una serie di finali (in particolare quelle degli Slam Australian Open e Roland Garros) fino ad arrivare alla seconda metà dell’anno, vincendo Wimbledon, facendo il bis di medaglia d’oro alle Olimpiadi, vincendo i Masters 1000 di Shanghai e Parigi e diventando così per la prima volta numero uno del mondo e suggella questo incredibile risultato con la vittoria alle ATP Finals. Con un palmarès di questo livello (e parliamo solo dell’anno in corso) non si può certo attribuire al caso il suo grande successo. Ed è proprio qui che emerge imperante la filosofia Alleniana: il talento serve, è necessario, ma non basta. “La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita, terrorizza pensare che sia così fuori controllo”, con queste parole Chris affronta vis a vi la paura che attanaglia molte persone e, nel caso specifico, forse anche gli amanti del tennis e di Murray. Infatti, onore al merito ad Andy, che è sempre rimasto nell’ombra dei suoi più spietati avversari, per poi attaccare e portare a casa il punto decisivo della prima partita. Egli ha costruito mattone su mattone il proprio gioco, spesso definito passivo, dal momento che il suo punto di forza è la difesa (non per nulla Andy è uno dei migliori ribattitori del ranking, se non il migliore in assoluto). Ha sfidato i tre moschettieri del circuito, il più delle volte perdendo e mostrandosi sempre un gradino al di sotto dei tre super uomini.
Tuttavia, Sir Andy Murray ha tessuto il suo delitto perfetto, ha studiato il piano migliore in silenzio, rimanendo sempre schivo e riservato di fronte al pubblico e ai microfoni. Come il protagonista del film di Woody Allen, anche l’attuale numero uno del mondo ha vissuto un profondo conflitto interiore, dettato dal fatto di non essere particolarmente amato dal pubblico, di non rimanere molto simpatico agli spettatori e di essere considerato sempre come “quello forte, ma non imbattibile”. Ma così come Chris, che da maestro di tennis era riuscito ad accedere agli agi e i lussi dell’alta borghesia, sposando una donna che non amava tanto quanto la bella e seducente Scarlett Johansson, decide di non rinunciare a tutto quello che aveva costruito, anche Murray non rinuncerà tanto facilmente al primo posto del podio, conquistato dopo anni di sacrifici. Tuttavia Andy ha vinto solo un set della partita, anche grazie al famigerato caso di cui si parlava poc’anzi. Il britannico ha avuto la fortuna di emergere in un momento difficile per il nostro sport: Rafael Nadal e Roger Federer si sono momentaneamente allontanati dai campi da gioco e Novak Djokovic ha subito un leggero calo di prestazione nella seconda metà della stagione. Questo è stato l’anello di Andy Murray che lo ha salvato e ha condotto la sua impresa al successo. Allen afferma che “bisogna trovarsi al posto giusto nel momento giusto”; il momento vissuto dal numero uno del ranking incarna appieno queste parole.
Ciò nonostante, il tennista di Glasgow deve augurarsi di poter giocare ancora il definitivo match point contro i suoi avversari più temuti: senza di essi, infatti, il tennis di Murray rischia di vivere un lungo e difficile tiebreak, continuando a portare sulle proprie spalle il peso di essere diventato numero uno per una situazione favorevole. Come noi tutti ben sappiamo, il net è un momento di autentica sospensione; Murray è in fase di sospensione in attesa che la palla cada dalla parte opposta del campo, determinando così la sua vittoria definitiva. C’è ancora un ultimo punto da giocare per Andy, il suo match point lo sta aspettando, ma il tennista non deve mai dimenticare che “a volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro, con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince… Oppure no e allora si perde”.