Il posto dove valeva la pena essere

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Il posto dove valeva la pena essere

Tommy Haas saluta Roma dopo aver eliminato Ernesto Escobedo: la sua è stata più di una vittoria soprattutto per chi è accorso a vederlo

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Trentanove anni: a vederlo in campo non si direbbe perché Tommy Haas salta, impreca (in tedesco), lotta, suda e soprattutto, oltre a disegnare le righe, rema. Il problema però è quando ti si avvicina talmente tanto da poter sentire anche tu tutti i suoi anni sulle gambe. Da così vicino inoltre si può capire anche perché a trentanove primavere può permettersi una stagione come questa nel circuito maggiore: oltre al talento infatti salta subito all’occhio un fisico da perfetto atleta che chiaramente custodisce e cura con la massima attenzione. Tommy, insomma, è questo (tanta dedizione) e altro. “L’altro” è fatto soprattutto di classe purissima e costringere gli appassionati a raggiungere il campo 2 per vederla è quasi un’ingiustizia. Chiunque sia stato a Roma anche mezza volta conosce bene il campo numero 2. In pratica il più vicino allo stadio olimpico, l’ultimo angolo di tennis prima del regno del calcio già pronto alla fine di Coppa Italia tra Juventus e Lazio di questa sera.

Essere lì per vedere la partita di un tennista all’ultimo anno di carriera non è di certo il massimo anche perché quello spicchio di tribuna è completamente pieno e sul campo adiacente ci sono Suarez Navarro e Bellis intente in un’altra battaglia. Dietro di noi scorgiamo anche Nick Bollettieri, seduto sui gradoni per gustare il match più bello del martedì romano. “Mr. Bollettieri anche lei sul campo 2 per vedere Tommy”– gli chiediamo durante un cambio campo – “Of course” risponde col suo solito sorriso. Più tardi incroceremo anche Claudio Pistolesi, probabilmente uno sguardo al vecchio Tommy l’avrà dato anche lui.

In scena va il quasi banale scontro generazionale perché opposto al tedesco c’è Escobedo, uno della NextGen, tra quelli che probabilmente andranno a Milano a fine Novembre. Lo stile è totalmente diverso, gli anni di differenza si sarebbero visti tutti anche se i due si fossero scambiati faccia e vestiti. Mai un back, mai un drop, solo bordate col servizio e col dritto (quando colpisce con i piedi ben fermi fa male). Ovviamente tutto il gioco è orientato sulla massima focalizzazione, gente come Escobedo non può permettersi un attimo di pausa. Ma d’altronde chi può nel tennis di oggi? Il suo angolo cerca di spingerlo per tutto il match, coach Lucassen su tutti: smette però quando Haas gli rivolge qualche rimprovero dopo aver esultato per un suo errore. Sembra di stare al circolo, dal box dello statunitense di origini messicane si fanno piccoli piccoli e non arriverà più nessuna parola. Forse è rispetto, forse consapevolezza di aver passato un po’ il limite ma c’è da scommettere che se ci fosse stato qualcun altro al posto dell’ex numero due del mondo le cose sarebbero andate diversamente e Lucassen e soci starebbero ancora lì ad agitarsi dalla seconda fila.

La sensazione che si prova per i tre lunghissimi set vissuti da bordo campo è quasi empatica, si possono quasi sentire i pensieri che viaggiano a mille chilometri orari nella testa dei due tennisti. La disapprovazione per le tre palle break consecutive non capitalizzate, per l’epilogo del set sfumato o anche solo per un colpo che finisce fuori di due centimetri rovinando tutto il piano tattico che si ha in mente. Alla fine Haas vince in tre 6-0 4-6 7-6(1), con tanta umiltà verrebbe da dire. Anche perché non avrebbe meritato nemmeno quel campo per il suo probabile ultimo torneo di Roma: dopo tutto qui il tedesco può vantare la prima apparizione nel 1997, venti (venti!) anni fa, una finale nel 2002 e un quarto nel 2014. In totale undici apparizioni e ventitré match giocati. Non sono di certo i numeri di Nadal, per carità, la storia di questo torneo non l’ha fatta di certo lui. Il tedesco però ha fatto tanto altro e se avesse perso sul campo numero 2  non sarebbe stato di certo cosa bella. Oggi c’è stato il “Pietrangeli” per lui, e la sconfitta contro Milos Raonic: la sua storia romana è terminata, ma può andar bene così. Roma, già ieri, gli ha fatto capire che sarebbe sempre pronta a tributargli l’applauso che merita. Un po’ quello che avrebbe voluto fare con Francesca Schiavone…

Sulla strada verso casa resta la nostalgia di un tennis che non c’è più e allora oggi andremo alla ricerca di un bar con ancora Virtua Tennis 2000.

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