Carreno Busta, anche solo guardandolo, trasmette fiducia. Pacato e laborioso, il tennista asturiano ha appena riacciuffato la top 20 ATP ed è addirittura ottavo nella race. Un risultato assolutamente incredibile se pensiamo che il buon Pablo, appena quattro anni fa, era finito oltre la seicentesima posizione del ranking dopo un grave infortunio alla schiena che ne aveva messo a repentaglio la carriera. Ma la cocciutaggine spesso in questo sport aiuta non poco e il ragazzo è ripartito nel gennaio del 2013 mettendo a segno una clamorosa striscia di sette Futures vinti consecutivamente, ottimo viatico alla stagione della riscossa: alla fine dell’anno, Carreno aveva rimontato 588 posizioni e fu nominato “giocatore più migliorato dell’anno” dall’ATP. Con una tempra del genere, non sorprende che egli non si preoccupi troppo del futuro del tennis spagnolo, in particolare di quello post-Nadal, e anzi tenda a difenderlo preventivamente. Perché è vero, “Nadal è irripetibile, e se paragoniamo a lui ogni cosa è finita”, ma gli accostamenti forzati spesso lasciano il tempo che trovano, e i prossimi anni della racchetta iberica potrebbero non essere così scuri. Anche senza Rafa. Pablo purtroppo ha mollato presto gli ormeggi contro Rafa Nadal, ritirandosi per un problema agli addominali. Ma il suo rimane un ottimo Roland Garros.
Sei presenza fissa in Davis, tra una settimana sarai a ridosso dei top 10, sei l’ottavo miglior tennista della stagione: inizi a sentire le farfalle nello stomaco?
No. Ovviamente sono molto contento perché se sono qui è perché sto lavorando bene, e quindi i risultati stanno arrivando. Non mi metterò più pressione del necessario né mi darò obiettivi che mi costringano ad andare più rapidamente di quanto io non debba. Il ranking non inganna, ma ho ancora molto da imparare.
Ti consideri già un giocatore importante per il circuito?
Mi considero un tennista, soltanto questo, per quanto a poco a poco spero di guadagnare peso a livello nazionale. Con Rafa davanti è molto difficile che noialtri alle spalle possiamo diventare protagonisti, tuttavia sono migliorato e ho davanti a me ancora molti anni per dare battaglia.
Un anno fa si parlava di te come una promessa, da quel momento hai iniziato ad andare sempre più in alto a gran velocità. Come l’hai vissuta?
Sei mesi fa non mi consideravo una promessa, oggi non mi considero il migliore. Sei mesi fa ero allo stesso punto in cui sono oggi, soltanto un po’ più indietro nel ranking. L’anno scorso sono cresciuto molto e da allora devo mantenere la stessa ambizione per continuare a migliorare.
Sei esploso a 25 anni. Perché non prima?
Alla fine, ogni persona ha il suo punto di maturità. Io ho iniziato ad approcciarmi al tennis professionistico più tardi di altri giocatori. Ho sofferto un infortunio grave a 19 anni e quello ha cambiato tutto. Tutte queste cose ti rallentano un po’… Ad ogni modo erano già cinque anni che ero nel circuito e non ero tra i primi 20, ma ero tra i primi 100 e credo che la cosa vada tenuta in conto. Ovviamente con tutti i tennisti spagnoli forti degli ultimi anni la gente non si interessava a chi stava dietro, però noi eravamo qui.
Un’ernia del disco ti ha tenuto lontano dai campi per sette mesi e quasi ti ha stroncato la carriera, è vero?
Quando scoprii il problema, dopo aver sentito svariati medici, avevo soltanto due opzioni: operarmi o abbandonare il tennis. Non ne avevo altre. Alla fine decisi di operarmi e andò tutto bene.
Ti dà fastidio che si dica che il tennis spagnolo non abbia futuro?
Il tennis spagnolo forse non ha davanti a sé i tempi che ha avuto la fortuna di vivere grazie a Rafa Nadal, che ha battuto ogni tipo di record, e tutti gli altri grandissimi giocatori degli ultimi anni. Credo sia abbastanza logico che, se la barra viene posta tanto in alto, sia molto difficile accontentarsi di ciò che sta arrivando. A me tutto questo interessa poco, se devo essere onesto: so che non potrò avere la carriera di Rafa, ma cercherò di spingere al limite le mie possibilità, e se ci riuscirò sarò contento, avrò raggiunto il mio obiettivo.
Dietro a Nadal ci siete tu, Bautista, Ramos… insomma non mancano le cosiddette seconde linee.
Sì, è vero. Tutti e tre abbiamo tra l’altro ancora molti anni di carriera davanti a noi. Lo dice la storia recente del nostro sport: si inizia a vincere più tardi e si finisce ben oltre i trent’anni. Ripeto, nessuno di noi potrà lontanamente avere l’impatto che ha avuto Nadal, così la gente può pensare “se questi sono il futuro della racchetta in Spagna, per noi è finita”. Ma sono certo che in molti apprezzeranno chi tra noi darà il massimo per continuare a sventolare con orgoglio la bandiera spagnola in alto come merita.
Cosa ti ha trasmesso, in particolare, la generazione d’oro?
Ho avuto, e sto avendo, la fortuna di competere nella loro stessa epoca. Ho ammirato moltissimo, oltre a Rafa, grandi campioni quali certamente sono Ferrer, Robredo, Garcia-Lopez. Li guardavo in tv da ragazzino e per me è un grande orgoglio condividere lo spogliatoio con simili giocatori. Alcuni tra loro non stanno attraversando il momento migliore della carriera ma è normale, con tutto quello che hanno dato. Forse a breve qualcuno smetterà, ma di sicuro emergeranno volti nuovi che contribuiranno a far sì che in Spagna si continui a parlare di tennis.
Il tuo idolo è Juan Carlos Ferrero. Perché proprio lui?
Perché quando ero piccolo, avrò avuto dieci anni, e ho iniziato a seguire il tennis in televisione, una dei miei primi ricordi è legato alla Coppa Davis del 2000, la prima vinta dalla Spagna. Juan Carlos vinse il punto decisivo, poi diventò numero uno del mondo e campione del Roland Garros. È davvero stato il campione con cui sono cresciuto, il primo che mi ha reso nervoso mentre guardavo le partite. È stato il mio idolo, ed è incredibile che io possa lavorare alla sua accademia e ascoltare i suoi consigli.
E cosa ti dice?
Mi dà suggerimenti, mi scrive prima e dopo ogni partita. È un grande aiuto, fa parte della squadra. I miei tecnici veri e propri sono Samuel Lopez e Cesar Fabregas, ma la sua presenza è comunque costante. Ciò che mi dice lo tengo per me, altrimenti qualcuno potrebbe venire a conoscere i miei segreti!
Adesso ti tocca Nadal, come si prepara una partita del genere?
Non solo è contro Nadal, ma è sul centrale dell’Open di Francia, e nei quarti di finale. Me l’avessero predetto solo qualche anno fa non ci avrei creduto. Però non sono qui per miracolo, dopo tutto ho vinto delle partite, quindi devo cercare di godermi il momento, provare a divertirmi e soprattutto sperare di aver smaltito le scorie del match contro Raonic. È stata una partita durissima anche e soprattutto a livello fisico, e contro Nadal, se fisicamente non sei al 100%, le tue opportunità si riducono ulteriormente.
Dì la verità, prima di partite così si dorme?
Te lo dico domani! Ultimamente sono tranquillo e riposo bene. Devo dire che in questo senso giocare così tante partite aiuta. Rispetto ad alcuni anni fa non c’è paragone: posso essere nervoso per un match, ma la sera prima dormo.
Cosa rappresenta Nadal per te?
Rappresenta uno dei migliori tennisti della storia e uno dei migliori sportivi spagnoli di sempre, è ovvio. Non saprei cosa dire di Rafa che non sia già stato detto milioni di volte. Ha vinto nove Roland Garros, e può vincerne altri. Ciò che ha fatto è irripetibile, insieme a Federer ha segnato un’epoca, non solo nel tennis.
E il rapporto con Rafa nello spogliatoio com’è?
È molto richiesto, ma siamo amici. L’ho conosciuto a Madrid in Coppa Davis, aveva vinto gli US Open e facevo da sparring partner. Da quel momento siamo diventati buoni amici. È una grande persona.
Ma poi si può vincere?
Vediamo. Quest’anno ha perso solo una partita sulla terra, ma siccome ne ha persa una ti dovrei dire che sì, si può vincere. Però è estremamente complicato, devo essere al massimo fisicamente e da lì impostare il mio match, sperando che lui non attraversi la sua miglior giornata. Sta schiacciando i suoi avversari con una facilità incredibile. Cercherò di impedirgli di fare il suo miglior gioco e dare il meglio di me.
Per chiudere, qual è il miglior consiglio che tu abbia mai ricevuto?
Mi è stato più volte ripetuto che nulla è impossibile se si lotta per ottenere ciò che più si desidera. Io sto lottando e le cose stanno andando alla grande, così non mi arrendo.
Sentiremo molto spesso il nome di Carreno in futuro?
Lo spero proprio!
Traduzione a cura di Emmanuel Marian e Raoul Ruberti