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“Tra quaranta giorni è già Gstaad”. Ma nel frattempo erba, serve&volley, trallalà

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Un altro miracolo della vecchia scuola l’abbiamo ammirato. In questo 2017 che proprio non vuole liberarsi delle facili battute su quanto somigli al 2006 Nadal si è rimesso a fare il fenomeno, nel senso pieno del termine. Ha mollato giusto una partita sulla terra battuta, per il resto ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Federer se n’è stato saggiamente in disparte, avendo annusato l’odore di sciagura. Se si tratta di una diabolica spartizione di potere tra il Re svizzero e l’Imperatore spagnolo lo scopriremo a Wimbledon, quando in teoria dovrebbe toccare di nuovo allo svizzero.

Ma prima, un bel respiro. È finita la tortura (si fa per dire) delle scivolate, dei grugniti dilatati, degli out infiniti, dei calzoncini sporchi, dei rimbalzi su cui ci si deve arrampicare, dei kick che salgono come palloni aerostatici. C’è una bella notizia per gli amanti dell’attacco in controtempo. È arrivata l’erba. Ce ne accorgiamo perché pigiando quei due numeri pari sul telecomando troviamo un match di Pospisil su un campo da biliardo. Contro il padrone di casa Griekspoor non ha ancora giocato una prima di servizio senza assalire la rete. È cinque minuti che guardiamo, Vasek non ne vuole sapere. “O la rete o la morte” è la réclame di questo spot che sta andando in onda: il ritmo è sincopato e la palla, udite udite, questi due la colpiscono ad altezza-ginocchia.

Mentre Griekspoor fa una fatica del diavolo negli “scambi” e si vota spesso a San Servizio, questo incontro sembra condito da un ingrediente inconfondibile: la fretta. La pallina ha fretta di arrivare, di conseguenza gli omini con la racchetta hanno fretta, persino le telecamere cambiano inquadratura in modo frenetico. I back di rovescio nascono fluidi e arrivano secchi, baciano appena il verde che subito si concedono alla gravità e se l’ovale non è all’altezza giusta il punto te lo sei giocato. Che verrebbe da chiedersi, ma dove va la pallina così di corsa? Dove andate tutti così di corsa? Tra quaranta giorni si chiude, mugugna un ciuffo d’erba nei pressi della T del servizio. Tra quaranta giorni è già Gstaad e di nuovo topponi e un sacco di spagnoli in tabellone.


Wimbledon: una foto molto brutta scattata a un racchettapalle

È questo il destino dell’erba: una fugace parentesi nel ferreo duopolio terra-cemento. Non un (l’apostrofo lo si metta o tolga a piacimento, essere accusati di sessismo è un attimo…) amante nascosta per sfuggire alla routine domestica, non un viaggio introspettivo alla ricerca di sé stessi di cui non dare notizia a nessuno. L’erba si prende tutta la scena, monopolizza il tennis per più di un mese, poi torna nell’oblio. Come una popstar francese dei primi anni 2000 seduce, portatrice di uno spettacolo nuovo, e abbandona. Non prima di aver incoronato un nuovo campione in quello che ancora chiamano il tempio del tennis, nonostante ne abbiano profanato il manto trasformando l’erba di una volta in un surrogato per tutti gli usi. Quei ciuffi inflessibili che una volta impedivano tassativamente l’esecuzione di colpi nati e cresciuti sulle altre superfici hanno lasciato spazio al compromesso. Fuori da Wimbledon qualcosa di più genuino è rimasto.

Un’aria più tradizionale si respira a ‘s-Hertoghenbosch, dove tutto comincia. Per l’intera campagna verde rimarrà l’espressione più incontaminata del tennis su erba: i campi rimangono quasi immacolati dal lunedì alla domenica, saranno la magie del clima o dei giardinieri olandesi, e i top player non sgomitano per entrare in tabellone. Mentre a Stoccarda il ritorno dell’erba non regge il confronto con il l’attesa per Federer-Haas, in Olanda ci sono sì Cilic e Sascha Zverev, ma la scena è tutta di Mahut, Brown, Pospisil e Muller. Persino uno come Dolgopolov che risponde solo alle sue regole deve dividere con Karlovic il ruolo di attrazione supplementare.

La seconda settimana offre i fuochi d’artificio del Queen’s e di Halle, si assegnano 1000 punti complessivi e si vedono in campo quasi tutti i top 10. La maggior parte anticipa il viaggio a Londra (Wawrinka, Nadal, Murray, Raonic e Cilic oltre a Kyrgios e Delpo), Federer trascina Thiem e Nishikori a fargli da paggetti in Germania, dove la carovana viene accolta dai fratelli Zverev. Impeccabili per funzionalità le strutture teutoniche, si lasciano preferire per impatto estetico e tonalità del verde i campi del Queen’s Club. A inizio settimana si annunciano le wild card per Wimbledon, alla fine se ne delineano le teste di serie.

C’è però una terza settimana. Quella in cui Djokovic si ricorda che forse è il caso di cominciare a testare la nuova superficie per evitare di finire in bocca a un nuovo Querrey, e in contemporanea a Eastbourne si gioca un ATP 250 dall’estrazione tennistica molto eterogenea. Bellucci, Schwartzman, Cuevas e Gasquet danno l’idea di aver firmato per l’entry list sbagliata; ci sono poi tutti gli statunitensi possibili, anche quelli che non amano il serve&volley. Ma nei giorni che precedono Wimbledon l’attenzione è da conservare per il nuovo torneo di Antalya, previsto dal 25 giugno nella lussuosa e quasi imbarazzante cornice del Kaya Palazzo Belek (non dentro, appena fuori)A meno di un chilometro dal mare Lorenzi sarebbe la prima testa di serie, se non fosse per la smania di Dominic Thiem di rovinarsi la condizione in vista degli appuntamenti di rilievo.

Quindi il torneino da due settimane, tutti in bianco, un sacco di storia e la regina in tribuna. Per chiudere dal 17 luglio c’è Newport, l’Epifania della stagione sull’erba, che celebra i nuovi ingressi nella Hall of Fame mentre viene sopraffatto dalla contemporaneità dei tornei di Bastad e Umag. I due brutali ATP 250 su terra battuta segnano la fine del monopolio verde. Il sonno di Pospisil prende a farsi disturbato.

Fuori da questo flashforward lo stesso Pospisil ha appena chiuso 6-1 il secondo set con Griekspoor. Pare abbia vinto. Un attimo fa lottava per il primo set. Ma dove vai così di fretta Vasek? “Non c’è tempo. Tra quaranta giorni è già Gstaad“.

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