Focus
“La battaglia dei sessi” al cinema [VIDEO]
Il premio Oscar Emma Stone è Billie Jean King nel film sullo storico incontro del 1973, in proiezione nelle sale di tutta Italia

Il tennis è stato per decenni un elemento di spunto per il cinema, quasi mai il tema principale di una intera pellicola. Basti pensare agli esempi più celebri, come il monologo iniziale di “Match Point” di Woody Allen o la background story di Luke Wilson ne “I Tenenbaum” di Wes Anderson (chiaramente ispirata a Bjorn Borg, anche nel look). O perché no, l’immortale partitella di Fantozzi e Filini. Questo autunno, per una curiosa coincidenza che ci auguriamo non rimarrà un caso isolato, usciranno nelle sale ben due film tennistici, entrambi basati su storie vere – e che storie! – ed entrambi con un cast stellare. Il primo dei due è “La battaglia dei sessi”, di Valerie Faris e Jonathan Dayton, in proiezione in tutta Italia da giovedì 19 ottobre e distribuito da Fox Searchlight Pictures, al quale seguirà in novembre “Borg/McEnroe”.
La pellicola racconta la vicenda della partita del 1973 tra Billie Jean King e Bobby Riggs, interpretati dal premio Oscar 2017 Emma Stone e da Steve Carell, anche lui candidato all’Oscar nel 2015. La coppia di attori – rigorosamente pagata la stessa cifra – mette in scena non solo il match che cambiò per sempre il tennis femminile, dando una enorme spinta in avanti all’emancipazione della donna nello sport, ma anche le vicende personali di King e Riggs, con tutti i loro tormenti intimi. “Per me è stata la prima volta nel ruolo di un personaggio reale, la pressione era tantissima” ha detto Stone, che ha avuto la vera Billie Jean King al suo fianco fin dall’inizio della lavorazione. “Ho provato a catturare il suo spirito e riportarlo in modo realistico, piuttosto che fare una imitazione”. Steve Carell non ha potuto incontrare il vero Bobby Riggs, scomparso nel 1995, ma ha ricevuto l’assistenza speciale del suo coach e amico Lornie Kuhle.
Entrambi gli attori hanno comunque dovuto studiare con attenzione l’incontro originale, così come i registi. La cura è stata riservata principalmente alla gestualità tra un punto e l’altro o ai movimenti del singolo colpo, con le scene di gioco vere e proprie affidate a degli stuntman (la classe 1992 Kaitlyn Christian e Vince Spadea, che questa settimana è addirittura tornato in campo al Challenger di Las Vegas, dividendo una wild card di doppio con l’ex compagno di camper di Wilander, Cameron Lickle). Il risultato è un equilibrio perfetto tra i ciak di gioco e quelli al di fuori del campo. Inoltre, pur con qualche concessione hollywoodiana, la sceneggiatura riporta in maniera quasi documentaristica le varie fasi di promozione e di contrasto tra i protagonisti e l’effetto di viaggio indietro nel tempo è acuito dalla scelta di girare tutto il film in analogico, su pellicola, con obiettivi originali degli anni ’70. Non soltanto racchette di legno insomma, ma fedeltà totale al decennio rappresentato.
Storia e storia dello sport che diventano mezzo per raccontare la battaglia per la parità, il femminismo e il riconoscimento pubblico dell’omosessualità. La scelta della regia non poteva essere più indovinata: il tema del ruolo femminile in una società controllata dal desiderio maschile è il filo conduttore della filmografia di Faris e Dayton, marito e moglie (nonché tennisti amatoriali) nella vita. “La battaglia dei sessi” è il loro terzo lavoro, dopo l’acclamato “Little Miss Sunshine” del 2006 e “Ruby Sparks”, ed è di gran lunga il più ambizioso. Perciò anche se Emma Stone non colpisce tutti i rovesci per davvero – il lavoro muscolare c’è stato eccome, ma a inseguire la pallina si sentiva “come un labrador” – il film vale la visione. Anche soltanto per capire, come ha fatto il cast, che “il cattivo” non è Bobby Riggs, bensì un mondo che si rifiuta di aprire gli occhi e accettare il prossimo come suo pari.
ATP
ATP Houston, il tabellone: Tiafoe e Paul guidano il monopolio americano
Sei teste di serie su otto sono per giocatori di casa, ma attenzione ai sudamericani Etcheverry e Garin, campione nel 2019

Dopo la parentesi sudamericana di febbraio, la terra è pronta a tornare la protagonista del circuito. Da lunedì e fino alla fine del Roland Garros, e quindi per più di due mesi, si giocherà solo sul rosso. In campo maschile si partirà con tre tornei 250 in tre continenti diversi: Estoril, Marrakech e Houston. Quest’ultimo sarà, come spesso capita, la casa dei giocatori americani, storicamente non troppo amanti della terra europea. Tre delle ultime quattro edizioni sono state vinte da rappresentanti del team USA e ci sono tutti i presupposti perché le tradizioni vengano rispettate anche quest’anno: al via ci saranno infatti almeno dieci giocatori di casa e sei di questi avranno lo status di testa di serie, lasciandone soltanto due alle altre nazioni. I favoriti per arrivare in finale sono Frances Tiafoe e Tommy Paul, ma entrambi non conservano ricordi particolarmente positivi delle loro esperienze a Houston.
In tre apparizioni Tommy ha vinto solo due partite e non è mai andato oltre gli ottavi, mentre Frances ha come miglior risultato i quarti della scorsa edizione quando si fermò al cospetto di Isner. Proprio Big John, che ha disputato tre finali in questo torneo vincendo quella del 2013, è uno degli altri due americani, insieme a Tiafoe e Paul, che approfitterà di un bye al primo turno. Il quarto e ultimo è Brandon Nakashima che, dopo il trionfo alle Next Gen di Milano, sta faticando a trovare continuità di risultati in questo avvio di stagione.
La seconda linea statunitense è poi composta da JJ Wolf, numero 5 del seeding e chiamato a un primo turno complicato contro Jordan Thompson, e da Marcos Giron (settima testa di serie). Nelle retrovie ci sono invece, oltre a Kudla e Kovacevic, le wild card Steve Johnson (vincitore qui nel 2017 e nel 2018) e Jack Sock (anche lui campione del torneo nel 2015). Un altro past champion che ha ricevuto un invito per il tabellone principale è Fernando Verdasco che contro l’australiano Kubler (testa di serie n. 8) andrà a caccia di una vittoria ATP che gli manca dallo scorso settembre.
Tra chi punta a spezzare il monopolio a stelle e strisce, però, ci sono soprattutto due sudamericani: il primo è Etcheverry, finalista a Santiago a febbraio, che al primo turno affronterà Juan Manuel Cerundolo (fratello di Francisco); il secondo è Garin, già capace di trionfare sulla terra di Houston nel 2019. Il cileno sfiderà all’esordio Dellien con vista su un possibile secondo turno con Nakashima.
Questo il tabellone completo del Fayez Sarofim & Co. U.S. Men’s Clay Court Championship 2023:

Flash
Quando un italiano vince sul numero 1: Sinner che batte Alcaraz vale il Panatta che battè Connors? [VIDEO]
Il direttore Scanagatta, a seguito della vittoria di Sonego su Djokovic, ripercorse tutti i 7 exploit italiani contro i n.1 del mondo. Da Barazzutti a Sonego, passando per Volandri e Fognini

Con la vittoria su Carlos Alcaraz, Jannik Sinner non ha solamente raggiunto la seconda finale in un Masters 1000 della carriera ma ha anche battuto il numero 1 del mondo per la prima volta (risultato che tra l’altro costa allo spagnolo la prima posizione del ranking a partire dalla prossima settimana a favore di Djokovic). Battere il primo del ranking ATP ha sempre un sapore più speciale e nella storia del tennis italiano solamente altri sei giocatori sono riusciti nell’impresa in Era Open, in ordine cronologico: Barazzutti, Panatta, Pozzi, Volandri, Fognini e Sonego, a cui si aggiunge ora anche Sinner
Tornando indietro agli anni ’60, va segnalato che Nicola Pietrangeli battè Rod Laver nella finale degli Internazionali d’Italia a Roma nel 1961 (non c’è ufficialità sulla classifica di quel periodo, anche se Laver l’anno dopo compì il Grande Slam), e sempre in quegli anni Giuseppe Merlo battè sei giocatori campioni Slam.
Il primo a farcela nell’Era Open (cioé dal 1972 in poi) è stato Corrado Barazzutti, nel 1974, ai quarti di Monaco di Baviera sulla terra rossa battendo il romeno Ilie Nastase, sconfitto 3-6 7-6 6-1 dal tennista di Udine. Successivamente fu Adriano Panatta addirittura due volte vincitore sul numero 1 del mondo. Prima nella finale di Stoccolma 1975, sul cemento con l’americano Jimmy Connors che soccombe 6-4 6-3, poi il bis del romano un paio d’anni più tardi, ancora contro Connors, battuto 6-1 7-5 al secondo turno del torneo di Houston (cemento) nel 1977.
Si cambia millennio per arrivare al 15 giugno del 2000, durante il terzo turno del Queen’s su erba, quando il barese Gianluca Pozzi ha sfruttato al massimo le condizioni fisiche non perfette dello statunitense Andre Agassi, il quale perso il primo set 6-4 si ritira sul vantaggio di 3-2 nel secondo set. Sette anni dopo tocca a Filippo Volandri, al terzo turno degli Internazionali di Roma: il 10 maggio del 2007 il livornese supera 6-2 6-4 Roger Federer con una partita a dir poco memorabile per la storia recente del tennis italiano.
Roma palcoscenico di un altra vittoria azzurra sul numero 1 mondiale, il 16 maggio del 2017, impresa messa a segno da Fabio Fognini che ha sconfitto al 2° turno per 6-2 6-4 lo scozzese Andy Murray. Infine torniamo alla storia recente: 30 ottobre 2020, ATP 500 di Vienna, semifinale. Un Lorenzo Sonego strepitoso batte il numero 1 del mondo Novak Djokovic lasciandogli appena tre giochi e infliggendogli la peggior sconfitta in carriera nei match giocati al meglio dei tre set a livello ATP. Un 6-2 6-1 incassato dal serbo dopo aver acquisito matematicamente la posizione in cima al ranking anche al termine di quella stagione.
ATP
ATP Miami, Sinner ha un nuovo fan. Alcaraz: “Tifo per te”
Abbraccio sincero nonostante la dura sconfitta tra Carlos Alcaraz e Jannik Sinner: “Forza amico”

Non si sono risparmiati i complimenti nelle rispettive conferenze stampa Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, che nella semifinale di Miami hanno dato vita ad un nuovo capitolo bellissimo della loro rivalità. Qui il video-commento del direttore sul match.
Sinner ha spiegato come “ci si diverte a giocare così, ci vogliono due tennisti per fare punti così belli”, mentre lo spagnolo ancora una volta ribadisce quanto affrontare un tennista del livello di Jannik gli permetta di migliorare: “Riesco solo a pensare a come migliorare per riscire a batterlo“.
Oltre a queste dichiarazioni però, i due tennisti si sono parlati anche a fine incontro durante la stretta di mano. Nonostante la delusione arrivata dopo tre ore, Carlos non ha perso il sorriso e si è complimentato con Jannk con un sincero abbraccio accompagnato da queste parole: “Vai a prendertelo. Forza amico. Tiferò per te“. Chissà se la rivalità tra questi due giovani tennisti raggiungerà mai le vette toccate con i match tra Federer e Nadal, quel ch’è certo però è che il livello di sportività e amicizia tra i due non sarà da meno.