La Fed Cup di CoCo Vandeweghe - Pagina 2 di 2

Al femminile

La Fed Cup di CoCo Vandeweghe

Dopo 17 anni gli USA tornano a vincere la Fed Cup, proprio nell’anno in cui hanno cambiato la guida tecnica

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Aliaksandra Sasnovich e Aryna Sabalenka
Mentre seguivo nel doppio decisivo Sassnovich e Sabalenka ho provato a immaginare quanto forte potrebbe essere una tennista in grado di prendere il meglio da tutte e due: l’intelligenza tattica, la mobilità e le volèe di Sassnovich unite alla pesantezza nei fondamentali e al coraggio di Sabalenka. Probabilmente si avrebbe un mix pronto per entrare subito in top ten.

Al momento però, le cose sono un po’ differenti, visto che prese singolarmente hanno entrambe degli handicap: Sasnovich cerca di supplire con un gioco articolato alla struttura fisica un po’ leggera che la limita; e la sua relativa potenza si traduce in un servizio e un dritto non sempre incisivi.
D’altra parte Sabalenka alterna momenti di tennis irresistibile, in cui sembra poter travolgere l’avversaria a suon di vincenti, ad altri in cui finisce fuori giri e regala errori in serie; conseguenza di un fisico potente ma non sempre sotto controllo, e dalla mobilità migliorabile. E forse non è un caso che nell’ultima stagione abbia spesso sofferto di cali di rendimento alla distanza, con un record negativo al terzo set (6 vinte, 16 perse).

Sappiamo però che si tratta di due tenniste in crescita (nate nel 1994 e nel 1998), con margini di miglioramento, e che hanno fatto intravvedere possibilità superiori al loro attuale ranking (numero 90 e numero 79). Aliaksandra è da un paio di stagioni che oscilla attorno al centesimo posto, ma in Fed Cup è stata decisiva per la promozione della Bielorussia nel 2016, e per la finale del 2017. Per spiegare quanto sia stata fondamentale per il suo team: negli ultimi due anni in Fed Cup ha perso solo da Kasatkina e Vandeweghe, mentre ha battuto avversarie come Stephens, Bacsinszky, Golubic, Gasparyan, Bertens. E chissà che Sasnovich non riesca a imitare proprio il percorso di Kiki Bertens, giocatrice per alcuni anni inespressa, che dai successi dell’Olanda in Fed Cup ha ricevuto l’iniezione di fiducia fondamentale per crescere anche nei tornei WTA; fino ad arrivare al numero 18 del mondo.

Sabalenka è già ora una delle migliori teenager in assoluto, visto che attualmente in top 100 più giovani di lei ci sono solo Bellis e Vondrousova. Forse per Aryna il problema potrebbe essere quasi opposto a quello della sua compagna di nazionale. Infatti mentre Sasnovich rischiava di condurre una carriera nelle pieghe del circuito, senza mai riuscire a diventare protagonista, per Aryna il pericolo è invece quello della troppa attenzione che circonda le giocatrici precoci considerate ad alto potenziale.

Sarà per lei fondamentale riuscire a mantenere l’equilibrio nell’affrontare una professione che alterna momenti di entusiasmo ed euforia a frangenti meno fortunati e più difficili. Sarebbe importante se riuscisse a fare progressi nell’interpretazione del gioco, oltre che allargare un repertorio tecnico che al momento non appare completissimo. Ma l’età è dalla sua, e già nel 2018 potremo cominciare a verificarla ad alti livelli, visto che ha raggiunto un ranking sufficiente per prendere parte agli Slam senza dover passare dalle qualificazioni.

Eduard Dubrou
Sul capitano bielorusso ho poco da dire. A Minsk si è trovato nella tipica posizione del selezionatore che ha a disposizione due giocatrici molto più forti delle altre compagne di squadra, e dunque non deve fare altro che mandare in campo sempre le titolari. In occasione del doppio conclusivo Sabalenka ha dimostrato di essere ancora acerba nei pressi della rete, ma ugualmente non credo che il capitano potesse schierare una formazione diversa.
Nel tennis prima ancora che le caratteristiche tecniche esistono le categorie, e per il momento le “riserve”, per ragioni diverse, non sembrano all’altezza. La più anziana era la venticinquenne Lidziya Marozava, con un best ranking in carriera da numero 464 in singolare. E tenuto conto della inferiore competitività del tennis di coppia, non è che la sua classifica di numero 69 in doppio garantisse un rendimento all’altezza di Vandeweghe o Rogers.

La più giovane convocata era Vera Lapko, attualmente 133 del ranking. Nata nel settembre 1998 (cinque mesi dopo Sabalenka), Lapko è una interessante promessa, in stagione ha fatto bene a livello ITF, ma ha vinto la sua prima partita in un main draw WTA solo il mese scorso. Pensare di affidarsi a lei nel doppio decisivo per la vittoria di una Fed Cup sarebbe stato troppo. E lo dico senza volerla sminuire, perché Vera è stata una stella a livello junior, con il primo posto nel ranking e la vittoria agli Australian Open 2016.
Ogni tennista ha i propri tempi e percorsi di crescita, e in questo momento la sua maturazione è in una fase diversa rispetto a Sabalenka: mentre Lapko giocava (e vinceva) a livello junior, Aryna sin da ragazzina aveva scelto di dedicarsi agli ITF delle adulte, abituandosi prima a competere nel tennis professionistico.

Vika Azarenka
Concludo con un’ipotesi che ha aleggiato durante il weekend. Come sarebbero andate le cose se la Bielorussia avesse potuto schierare la sua giocatrice più forte, Vika Azarenka? In fondo prima che Vika venisse bloccata in California dai problemi legati alla causa per l’affidamento del figlio, sembrava una possibilità molto concreta.

Con il senno di poi, visto cioè come sono andate le partite, secondo me fino al 2-2 l’andamento non sarebbe cambiato. A mio avviso Azarenka avrebbe potuto battere la Stephens incerta di questo periodo, ma ho moltissimi dubbi che al rientro dopo mesi di inattività sarebbe riuscita a superare la Vandeweghe vista a Minsk: troppo solida CoCo, avversaria molto tosta per chi si trovi a scendere in campo dopo un lungo stop e con alle spalle solo sei partite negli ultimi diciotto mesi (due match sull’erba di Mallorca e quattro a Wimbledon).

Poi però sarebbe arrivato il momento di affrontare il doppio, e qui credo che le cose sarebbero state differenti. Anche se nelle ultime stagioni l’ha giocato poco, Azarenka è stata una ottima interprete del doppio, la migliore tra le giocatrici di punta nate nel biennio 1989-90 (Radwanska, Azarenka, Kvitova, Wozniacki). Ancora giovanissima, fra il 2008 e il 2011 era stata capace di arrivare tre volte in una finale Slam con tre compagne differenti. E nel misto vanta tre vittorie Slam e la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra 2012. Vika ha dimostrato di possedere tutte le caratteristiche che occorrono per fare bene nel doppio contemporaneo: volèe da ferma sopra la media, una prima di servizio ad alte percentuali, e soprattutto una risposta come pochissime nel circuito; per non citare la solidità negli scambi da fondo. Le basi ideali per avere alti rendimenti nel doppio di oggi.

Ecco, secondo me una coppia Azarenka/Sasnovich sarebbe stata favorita rispetto a Vandeweghe/Rogers. E se la Bielorussia fosse riuscita a vincere avrebbe concluso in modo straordinario un triennio comunque eccezionale di Fed Cup, caratterizzato da due promozioni consecutive nel 2015 e 2016. Dai gironi zonali sino al vertice della manifestazione.

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