La passione per il tennis colpisce ogni appassionato in modo diverso: c’è chi si mette a giocare furiosamente con l’obiettivo di scalare le classifiche e sconfiggere tutti, muro di casa compreso; c’è chi si attacca a tv e computer per vedere quante più partite possibili e passa le notti facendo zapping tra i Challenger in Nuova Caledonia e le qualificazioni WTA in Tasmania; e ci sono altri che invece vengono colti da “bug” tennistici meno “mainstream”, ma che richiedono comunque tanta passione, tempo e dedizione.
Tra questi c’è il lettore di Ubitennis Aldo Romeo, parmigiano di nascita ma da oltre trent’anni trapiantato negli Stati Uniti, che coltiva il suo interesse per il tennis collezionando racchette di ogni tipo ed inseguendo il sogno di poter vedere sempre più pezzi della sua galleria autografati dai rispettivi utilizzatori.
Commercialista di professione, Aldo ha iniziato ad interessarsi seriamente di tennis quando ancora viveva in Italia ed all’età di 14 anni si era aggiudicato i campionati provinciali giovanili in singolo e doppio. “A quell’epoca però giocavo anche a pallavolo – ci ha raccontato durante il nostro incontro – e con la mia squadra arrivammo alle finali nazionali per la categoria ragazzi, per cui la pallavolo per un po’ diventò prioritaria rispetto al tennis. Poi a 17 anni mi trasferii negli Stati Uniti con la famiglia e fino a dopo il college non ho più giocato”.
Nonostante abbia ripreso a giocare solo a livello sociale, la sua passione per gli attrezzi da gioco è invece diventata un hobby molto serio, tanto da dedicargli un’intera stanza della sua casa nei sobborghi di Cincinnati dove vive con la sua famiglia. “È stata mia moglie che mi ha imposto di confinare tutte le racchette in questo spazio ben definito – ci confessa – in modo tale da non costringere tutti quanti a vivere in mezzo a fusti e corde”. Sono circa 800 gli esemplari in suo possesso, di tutte le epoche e di tutte le provenienze. “Le racchette più antiche che posseggo risalgono alla fine dell’800, e cerco di ottenerle nelle migliori condizioni, possibilmente con le corde originali. Esistono produttori che riescono a produrre dei budelli vecchi, fatti su ordinazione, proprio per accordare le racchette antiche”.
Mentre parliamo Aldo ci fa vedere i pezzi pregiati della sua collezione, che include anche la racchetta utilizzata da Bill Tilden per vincere gli US National Championships nel 1929. Purtroppo però non c’è la Spalding Davis Cup Top Flight utilizzata da Nicola Pietrangeli e prodotta esclusivamente in Australia: “Non riesco a trovarla, davvero non ci riesco. Pietrangeli giocava solamente con racchette fabbricate in Australia, anche se non ha mai ufficialmente accettato denaro per sponsorizzare il marchio per mantenere il suo status di dilettante. Forse però si è pentito della sua scelta, perché quando è caduta la divisione tra professionisti ed amatori ha iniziato a mettere la sua firma su tutto, compresa questa racchetta da supermercato…”
Tra gli attrezzi ordinatamente appesi ai ganci ci sono parecchi modelli che nel corso degli anni sono stati utilizzati dai campioni: “Ora è più semplice sapere con quale racchetta giocano i vari giocatori, mentre nei primi anni del ‘900 si trattava di dover decifrare le fotografie, che spesso però venivano dipinte per far risaltare meglio i contorni. Il mio obiettivo è cercare di avere gli autografi dei campioni sulla loro racchetta, e possibilmente l’istantanea del momento in cui firmano, per dimostrare l’autenticità della firma. Da qualche tempo però per motivi di sicurezza non è più possibile portare le racchette ai tornei professionistici, per cui costruisco dischi di legno sui quali faccio apporre la firma e poi fisso i dischi al piatto corde. Alcuni campioni sono un po’ sorpresi quando vedono questi pezzi di legno: Martina Hingis voleva sapere a cosa servissero, e Serena Williams, una volta capitone l’uso, mia persino fatto i complimenti per l’idea”.
Come uno scrigno pieno di tesori per gli appassionati di tennis, lo stanzino di Aldo rivela cimeli su cimeli: dalla leggendaria Wilson T 2000 utilizzata da Connors (“il primo modello, con la saldatura esterna”) alla Wilson Pro Staff di Pete Sampras (“una di quelle prodotte nell’Isola di St. Vincent, perché Sampras utilizzava solamente quelle”).
Celebre è la storia di Jimmy Connors e della sua ricerca delle T 2000 finite fuori produzione: “Ho un amico che era rappresentante della Wilson a quel tempo – racconta Aldo – e mi ha confermato come lui andasse in giro per i vari rivenditori offrendo i nuovi modelli in cambio di eventuali rimanenze dei vecchi per poter fare questi ultimi a Connors”.
La maggior parte degli autografi sono stati raccolti al torneo di Cincinnati, che Aldo frequenta regolarmente, oppure a Newport in occasione della cerimonia di introduzione alla Hall of Fame, dove ogni anno si tiene la riunione annuale dell’associazione Tennis Collectors of America, di cui Aldo è membro. “In occasione di una di quelle riunioni incontrai Andre Agassi nell’albergo di Newport, che mi fece una bella firma, soprattutto dopo aver capito la peculiarità della richiesta. E dopo di lui sono riuscito ad ottenere l’autografo anche da sua moglie Steffi Graf”.
Aldo si definisce un collezionista ‘a prezzi bassi’, perché alcuni articoli possono arrivare a prezzi davvero elevati, e vorrebbe che i giocatori fossero maggiormente sensibili alle richieste di autografi da parte degli appassionati.
“Alcuni campioni sono stati molto gentili con me, come ad esempio Monica Seles, incontrata anche lei a Newport alla Hall of Fame, che fu squisita. Altri invece sono stati molto meno comprensivi. Per come la vedo io si tratta di un’occasione per ‘fare marketing’ ed avvicinarsi ai propri tifosi, ed i tennisti potrebbero imparare dagli altri sport da questo punto di vista. Sono stato al Gran Premio di Formula 1 ad Indianapolis una volta ed ottenni un magnifico autografo da Michael Schumacher, un’autentica leggenda. Se uno come lui non riesce a trovare la disponibilità per fare una bella firma invece che uno scarabocchio, forse potrebbero farlo anche atleti che hanno vinto molto meno di lui. Se gli agenti o le organizzazioni dei giocatori riuscissero a sensibilizzare i tennisti verso questo segmento di appassionati forse il mondo del tennis ne trarrebbe beneficio”.
Una nicchia del collezionismo cui Aldo partecipa con grande entusiasmo è quello dei prototipi, modelli di racchette dal design innovativo che hanno avuto più o meno fortuna a livello commerciale, ma che rappresentano piccoli tesori per gli appassionati collezionisti. “È un settore piuttosto seguito, quello degli attrezzi particolarmente complicati, perché può capitare che ci siano solamente pochi esemplari per modelli, specialmente quelli che sono stati abbandonati molto presto”.
Ad eccezione delle racchette di legno antiche e dei pezzi originali utilizzati dai campioni, tutti gli articoli più moderni sono nuovi, mai usati, per preservarne il valore dal punto di vista collezionistico. Più le racchette sono “intonse” e maggiori “garanzie” ci sono sull’autenticità del pezzo e dell’eventuale autografo, più elevati sono i prezzi che vengono offerti nel mercato del collezionismo, all’interno del quale c’è una fitta rete di contatti tra appassionati dei cinque continenti.