Tutti gli “aficionados” degli Australian Open sanno che il 26 gennaio è l’Australia Day, che fino a qualche anno fa con i fuochi d’artificio interrompeva il gioco a Melbourne Park; il 17 gennaio 2018 sarà invece sembrato a molti un “Ukraine Day”, dal momento che in apertura di programma, sui tre campi principali del torneo, erano impegnate tre tenniste ucraine. Che non si sono limitate a fare atto di presenza, sia chiaro. Macchè! Hanno vinto
tutte e tre! A noi italiani che di tenniste in gara ne abbiamo ormai ancora una sola – e non si sa per quanto perché per Camila Giorgi sarà tutt’altro che facile battere Asleigh Barty, n.17 del mondo, davanti al suo pubblico sulla Rod Laver Arena nel match d’apertura della sessione serale, quindi alle nove del mattino – tutto ciò ha procurato una sana punta di invidia. Di sicuro tre tenniste italiane contemporaneamente sui campi principali non le abbiamo mai avute. E non credo che ci siano state, del resto, molte nazioni che abbiano potuto vantare un simile record di… felici circostanze.
Sulla Rod Laver Arena ha vinto alla distanza su Katerina Siniakova la n.4 del mondo Elina Svitolina, una delle grandi protagoniste dell’ultima stagione e pretendente al trono di n.1 del mondo. Svitolina ha concluso in 2017 con cinque titoli del circuito WTA, tre dei quali negli importanti Premier 5 di Dubai, Roma e Toronto. La Hisense Arena ha visto invece l’affermazione contro pronostico di Kateryna Bondarenko su Anastasia Pavlyuchenkova. La veterana 32enne, attualmente n. 98 della classifica WTA ma con un passato nelle Top 30, è la sorella più giovane di Valeria ed Alona Bondarenko, anche loro tenniste professioniste. Kateryna ed Alona, in particolare, hanno visto la loro carriera incrociarsi diverse volte con le ragazze italiane: alle Olimpiadi di Pechino nel 2008, le due sorelle ucraine sconfissero ai quarti di finale, e quindi ad un passo dalle medaglie, il doppio composto da Pennetta e Schiavone annullando un match point nel terzo set. Due anni più tardi, poi, le stesse quattro giocatrici si incrociarono al primo turno di Fed Cup, nel quale le azzurre si presero la rivincita sull’indoor di Kharkiv sulla strada che le portò alla conquista della seconda “insalatiera rosa” consecutiva.
Ma sicuramente l’ucraina che ha fatto più sensazione in questa edizione del torneo è stata Marta Kostyuk, 16 anni da compiere a fine giugno e n. 522 WTA, che dopo aver superato le qualificazioni cui era stata invitata con una wild card ha superato Shuai Peng (n. 27 WTA) e Olivia Roworska (n. 168) raggiungendo il terzo turno in un torneo dello Slam al primo tentativo. La ragazzina, che ha come manager Ivan Ljubicic e che vanta tra i suoi finanziatori anche l’ex n.3 mondiale Milos Raonic, due anni fa fu chiamata a parlare di fronte al parlamento ucraino per perorare la causa dello sport ucraino, bisognoso di maggiori finanziamenti per tentare di raggiungere l’eccellenza nelle varie discipline.
Si può certamente dire che a livello di tennis femminile i risultati stanno arrivando: sono quattro al momento le giocatrici entro le prime 100 (oltre alle già citate Svitolina e Bondarenko ci sono anche Lesia Tsurenko, n. 43, e Kateryna Kozlova, n.86), cui se ne aggiungono altre due nelle prime 200 e la giovanissima Kostyuk che, dopo la vittoria agli Australian Open junior nel 2017 (6 partite), le qualificazioni qui (altre tre) e le due in tabellone è imbattuta a Melbourne da 11 partite. È la più giovane tennista al terzo turno di uno Slam dai tempo di Mirjana Lucic, 1997. Se tanto ci da tanto, si profila un futuro luminoso. Ivan Ljubicic e Milos Raonic credono talmente in lei da averci investito. E lei di qualcuno che investisse sulle sue chances aveva proprio bisogno. Pensate che a 13 anni proprio lei era stata addirittura al Parlamento ucraino per chiedere che fossero destinati più fondi per aiutare gli sportivi ucraini, di tutte le discipline. Insomma era già una donnina che sapeva il fatto suo. La personalità non le manca davvero. Molti la pronosticano ai piani alti delle classifiche già fra pochi mesi. Davvero niente male per una nazione nata dallo sgretolamento dell’Unione Sovietica poco più di 30 anni fa e che nel tennis aveva avuto come unico esponente di vertice Andrei Medvedev, ex n.4 mondiale e finalista al Roland Garros nel 1999 e rimontato da Andre Agassi dopo essere stato in vantaggio due set a zero.
Ma, insomma, questo giorno per il tennis ucraino è stato certamente un giorno da ricordare. Quello per il tennis italiano qui deve ancora venire.