Ancora scosso dalle arcane profezie di Laverod, Rogelfo riprende il lungo cammino quando, appena giunto nell’infida contea di Melb, incrocia un Bedente, mammifero ungulato dalle lunghe zanne che, improvviso, lo attacca da dietro mirando al vetusto, scricchiolante dorso; il vecchio, giratosi di scatto grazie ai munifici calzari avuti in dono dalla ninfa Nike, estrae l’infallibile Wilsonia e con tre colpi annienta la bestia. Poi ne taglia con fendente di rovescio il possente coscio: verrà buono per lauta cena cui inviterà l’amico troll rossocrociato Statrinka, rinverdendo così i fastosi, giovanili banchetti in quel di Erbasilea e Los Anna. Il gigante, intanto, dopo avvio sonnolento dovuto a cattiva digestione dei 16 pan d’ori ingurgitati nei baccanali dicembrini, lo attende satollo in patria non prima di aver opportunamente ruminato il Berankio, energizzante e tonico lichene delle steppe, spesso usato dal troll anche prima dei congressi carnali con l’amata Donnavecia, sua dolce metà e fanciulla, a dispetto del nome, ancor giovane e soda. Intanto, dalle terre dell’est, si intravede minaccioso il profilo, peraltro sottilissimo, di Djovak, potente e temuto negromante che, sceso a valle dall’inaccessibile caverna serbobarica ove si era volontariamente isolato per mesi in compagnia di un auGuru a divinare studiando il volo degli uccelli, marcia spedito lanciando anatemi a forma di cuore tanto subdoli quanto efficaci. Così rinvigorito, nulla appare preoccuparlo; nemmeno la vista a terra di Cinoar, ciclopico battitore dei Grandi Laghi che, privato del terrifico guanto monoarto ed ormai a guisa di un Sansone con parrucchino, giace esanime per aver perduto l’antica, devastante forza d’urto…