Un brutto episodio dai connotati ancora sfumati a causa dell’assenza di testimoni e di microfoni sufficientemente vicini. Una marea di polemiche e un affaire tanto antipatico quanto lontano dal potersi dire concluso. I fatti sono ormai arcinoti: subito dopo aver perso in due set la sfida di primo turno al neonato torneo di New York contro Ryan Harrison, Donald Young ha puntato a mezzo social il dito contro il rivale, accusandolo di avergli rivolto pesanti ingiurie a sfondo razzista nel corso dell’incontro. “Pensavo fosse uno sport per gentiluomini“, la desolata chiosa di Young sull’irrinunciabile profilo Twitter.
L’ATP ha naturalmente promosso un’indagine sull’accaduto; indagine conclusa senza colpevoli né sanzioni a causa dell’assenza di prove certe, ma per Harrison la faccenda sembra tutt’altro che definita. “Potrei adire le vie legali – ha dichiarato durante un’intervista concessa al podcast Beyond The Baseline il numero 58 ATP -, Young ha assassinato la mia immagine e infangato il mio nome“. Harrison ha ammesso che la tensione durante la sfida c’era ed era palpabile, negando tuttavia di aver pronunciato all’indirizzo dell’avversario alcun insulto a sfondo razziale. “Ci siamo scambiati qualche parola e ovviamente non erano gentilezze, ma non ho mai offeso Young tirando in ballo il colore della sua pelle“.
Harrison, già accusato il mese scorso a Brisbane di aver pesantemente offeso il rivale Yannick Hanfmann facendo leva sulla nazionalità, tedesca, di quest’ultimo, ha minacciato di adire le vie legali per difendere l’onorabilità della propria immagine. “Ciò che dice Young è falso e frutto dell’invidia, visto che negli ultimi confronti diretti ha sempre dovuto subire. Valuterò il da farsi con i miei legali“. Un brutto episodio, che volentieri ci saremmo risparmiati, tutto sommato.