Kvitova-show: quarto titolo da inizio anno (Cocchi). Schiavone, wild card speciale: "Il tennis è come un veleno positivo" (Crivelli). Volandri: "Pole Nadal, perché Roma non è Madrid" (Scalia). Panatta: "Tennis, amore e disincanto" (De Bac)

Rassegna stampa

Kvitova-show: quarto titolo da inizio anno (Cocchi). Schiavone, wild card speciale: “Il tennis è come un veleno positivo” (Crivelli). Volandri: “Pole Nadal, perché Roma non è Madrid” (Scalia). Panatta: “Tennis, amore e disincanto” (De Bac)

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Kvitova-show: quarto titolo da inizio anno (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Petra Kvitova cala il poker del 2018, e a Madrid batte in tre set dopo una battaglia di quasi tre ore l’olandese Kiki Bertens. La nuova Petra, reduce dall’aggressione che a Natale del 2016 aveva messo seriamente a rischio la sua carriera, ha centrato ieri nella capitale spagnola il quarto titolo dall’inizio del 2018. Prima di Madrid, infatti, Petra si era già portata a casa i trofei di San Pietroburgo (veloce indoor), Doha (cemento) e Praga (terra). E la stagione sull’erba, la preferita come dimostrano i due titoli di Wimbledon, 2011 e 2014, deve ancora arrivare. Con questo successo la 28enne di Bilovec, numero 10 del ranking (che da domani salirà all’ottava posizione), diventa la più vincente del Wta Premier madrileno grazie alle tre vittorie su 10 edizioni totali del torneo. «Sono davvero felice ed emozionata — ha detto la ceca —. Essere qui col trofeo per la terza volta è un grande onore». Non ha nulla da recriminare Kiki Bertens, protagonista di un’ottima settimana in cui si è confermata ottima giocatrice sulla terra rossa. L’olandese, anche lei «sopravvissuta» a un tumore alla tiroide scoperto durante il torneo di Miami nel 2014, è apparsa molto commossa nel discorso di premiazione e così il suo coach. Kiki ha battuto sia la Wozniacki sia la Sharapova questa settimana, ma contro la Kvitova non c’è stato nulla da fare. Resta comunque tra le candidate al titolo degli Internazionali.

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Schiavone, wild card speciale: «Il tennis è come un veleno positivo» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

L’età è solo un numero. Francesca Schiavone si è innamorata di una frase che è il paradigma della sua perenne voglia di tennis guardandola stampigliata su una maglietta di Roger Federer. La Leonessa, dopo un paio di mesi ai box, è pronta a tornare: doveva rientrare a Madrid, e invece l’occasione le è stata regalata dalla Wta, che ne ha premiato una carriera fenomenale con una speciale wild card per Roma, il torneo di casa, dove l’abbraccio del pubblico la travolgerà d’affetto e le dedicherà ancora una volta momenti indimenticabili. Affiancata da un nuovo sponsor tecnico (Tacchini), Francesca scalpita per riassaporare il gusto del campo: «Il tennis per me è un veleno positivo, che mi scorre nelle vene; quindi appena mi avvicino alle competizioni, quando mi ritrovo a seguire partite da spettatrice come è successo nell’ultimo periodo, mi sento ancora parte integrante di questo mondo e mi viene subito voglia di giocare. Sono nata così». Una passione inestinguibile da quel 1998 in cui debuttò nel professionismo, che l’ha portata in trionfo al Roland Garros nel 2010, al numero 4 del mondo, a disputare 69 tornei dello Slam, a conquistare tre Fed Cup e il cuore di milioni di appassionati. Oggi la Schiavone è concentrata sul presente agonistico ma con gli occhi ben piantati verso il dopo, con obiettivi sinceri («Si vive di obiettivi, il prossimo step è tornare a vincere dei match») e la consapevolezza che il tennis, come la quotidianità, è in continua evoluzione: «Secondo me il nostro sport si è livellato, ma non totalmente. Halep e Wozniacki oggi sono meritatamente avanti di un passo rispetto alle altre. Io poi continuo a nutrire una grande passione per Venus Williams, è fantastico vederla giocare così a 38 anni». A Roma, Francesca debuttò nel 1998, nelle qualificazioni, e l’anno dopo entrò nel tabellone principale; nel 2001, partendo sempre dalle qualificazioni, si spinse fino ai quarti, mostrando per la prima volta il suo incredibile talento di giocatrice uguale solo a se stessa, con uno stile elegante e personale, costruito attorno a quei colpi piatti e a quelle soluzioni varie e spettacolari, da fondo e a rete. Altre tre volte la milanese raggiungerà i quarti: nel 2004, nel 2005 (battendo Serena Williams al secondo turno) e nel 2011, garantendo sempre emozioni e spettacolo. La 19^ partecipazione, con il primo turno a incrociare la Cibulkova, è dunque un premio alle cento e cento magie che la Schiavone ha offerto a Roma e al suo torneo, e sostanzialmente l’epilogo scintillante di un’epoca d’oro che si chiude per il tennis femminile italiano: «Non concordo quando si dice che la nostra generazione lascia un’eredità pesante. Io la penso esattamente al contrario, perché quando c’è qualcuno davanti a te, hai voglia di raggiungerlo e superarlo. Quindi per le ragazze più giovani potrebbe essere uno stimolo per fare sempre meglio, per creare qualcosa di meraviglioso». Meraviglie che lei ha dispensato a piene mani e che in un futuro chissà quanto lontano proverà a spremere a qualche pupillo (o pupilla) da allenatrice: «Mi piacerebbe. Sto già cominciando a seguire qualche ragazzo e sono soddisfatta. Soprattutto quando si tratta di spiegare la tecnica, perché la strategia è abbastanza ovvia. Mi piacerebbe molto vincere uno Slam con un giocatore o una giocatrice. Soprattutto, io insegnerò gli angoli. Le ragazze di oggi non sanno usare gli angoli, lo schema fisso va benissimo ma poi bisogna trovare il modo di aprirsi il campo. E migliorare tantissimo a rete». Così parlo Francesca. L’Inimitabile.

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Rafa, difficile che cada di nuovo. E Dimitrov potrebbe ritrovarsi (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Ci vogliono tanto coraggio e molta fantasia nel non indicare in Rafa Nadal il grande favorito di questa edizione degli Internazionali d’talia. Il più forte giocatore di sempre sulla terra battuta sembra, aver aumentato, e non di poco, la distanza che lo separa dagli inseguitori e appare in grado di gestire con autorevolezza e con poco affanno gli assalti degli avversari. Applicato e muscolare come nelle annate migliori, lo spagnolo vanta un bagaglio tecnico in continua evoluzione, una traccia tattica ben visibile e una feroce determinazione al momento impossibili da eguagliare per qualsiasi avversario. Visto lo stato di forma, probabilmente sarà Sascha Zverev a guidare la pattuglia degli altri favoriti. E’ vero che nelle ultime uscite sul rosso contro Nadal il tedesco è uscito con le ossa rotte e la coda tra le gambe, ma è uno dei pochi in possesso della tecnica necessaria per contrastarlo. Più che dal distratto Cilic, in difficoltà sul rosso e alle prese con qualche guaio fisico, meritano uno sguardo attento Dimitrov, Del Potro e Thiem. Il primo è un creatore di gioco dotato di un gesto che prevarica il processo meccanico, il secondo ha trovato il modo di assemblare al meglio l’arsenale balistico con la ferrea concentrazione, mentre il terzo ai fondamentali da dietro non sempre accompagna una corretta visione tattica. Carismatico e dotato di grande personalità, ma indecifrabile da diverso tempo, Nole Djokovic rappresenta il grande punto interrogativo che da questo torneo dovrebbe iniziare a fornire delle risposte se non definitive almeno plausibili. Coric, che sta mostrando interessanti progressi sotto la guida di coach Piatti, il solido Chung, l’estroso Shapovalov e il potente Rublev compongono la valida pattuglia della Next Gen che in questi mesi ha messo in mostra notevoli punte di rendimento. Conscio di avere una buona occasione a portata di mano, il veloce e al tempo stesso resistente Fognini guida la pattuglia degli italiani verso una settimana che speriamo si tinga il più possibile di azzurro.

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Kvitova scatenata, Azarenka sente profumo di “casa” (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Petra, e chi la ferma più? Un anno fa non era ancora pronta per giocare a Roma, si stava preparando per il Roland Garros, il palcoscenico scelto per il rientro. Petra Kvitova era ancora alle prese con il recupero dall’operazione alla mano sinistra. Un intervento necessario per riaggiustarle tendini e nervi recisi dalla coltellata che un ladro le aveva inferto dopo essersi introdotto in casa sua a Prostejov, in Repubblica Ceca dove stava trascorrendo le vacanze di Natale nel 2016. Un miracolo della volontà e un pizzico di fortuna per la ceca che, due anni fa, se non fosse stata tempestivamente soccorsa e operata avrebbe dovuto abbandonare la carriera. La due volte campionessa di Wimbledon, numero 8 Wta da lunedì, è consapevole anche di quanto sia stata fortunata a sopravvivere a quell’attacco. «Ora apprezzo la vita in tutte le sue sfumature — ci aveva raccontato poco prima di Wimbledon —, cerco di godermi ogni gioia e non disperarmi per le cose meno importanti. La vita è il nostro regalo più prezioso». Appena il tempo di festeggiare con il pubblico di Praga per il successo casalingo, e la Kvitova è volata subito a Madrid, per piazzare un altro sigillo, il quarto di questo 2018. Karolina Pliskova a Madrid si è fermata in semifinale proprio per mano della connazionale Kvitova, ma a Roma arriva con la vittoria sul rosso indoor di Stoccarda e in fiducia. A Roma rivedremo anche Vika Azarenka, che finalmente sembra aver risolto i problemi legati alla custodia del figlio Leo che le hanno impedito di viaggiare negli ultimi tempi. La bielorussa ha annunciato che dopo Madrid avrebbe giocato Roma, Parigi, Maiorca (il torneo scelto per il rientro dalla maternità) e infine Wimbledon. «Mi sono allenata negli Stati Uniti su una terra verde orribile, che mi ha fatto apprezzare la terra rossa ancora di più — ha raccontato Azarenka —. Ho scoperto di poter venire in Europa verso fine aprile. Ma ho cercato di rimanere concentrata sull’allenamento molto di più questa volta. Mi sono preparata meglio rispetto a Indian Wells e Miami. Ora sto cercando di trovare più stabilità, devo giocare più partite». Aria di casa dunque per la bielorussa Azarenka: «Respirare l’aria europea fresca, il cibo europeo, tutto mi è mancato. Per ora sono molto felice di essere fuori dall’America, così come Leo, voglio mostrargli tante cose. Quest’anno devo cercare di essere paziente, e in questo essere mamma aiuta».

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Volandri: «Pole Nadal, perché Roma non è Madrid» (Lorenzo Scalia, Corriere dello Sport)

Correvano gli anni del “Po-po-po-po-po-po-poo”. Roba che i The White Stripes avrebbero potuto vivere ricoperti d’oro, se esistesse una cassa nazional popolare dalle royalties. l’anno prima avevamo vissuto le scivolate di Cannavaro, la capocciata di Zidane a Materazzi. Un anno dopo, stesso film: nel 2007 arriva lo schiaffone di Filippo Volandri a sua maestà Roger Federer e la cavalcata fino alla semifinale degli Internazionali. Sottofondo al Centrale? Solo uno: “Po-po-po-po-po-po-poo” Tifo infuocato. Un italiano fino a quel punto mancava dai tempi di Panatta. «E’ stata la settimana più bella della mia carriera – ricorda Volandri – Da piccolo volevo trionfare a Roma, non sognavo Wimbledon o il Roland Garros. Se avessi vinto la semifinale, sarebbe stata dura battere Rafa, in quel periodo era praticamente impossibile. Per me gli Internazionali Bnl d’Italia sono il torneo più importante e bello in assoluto». Nelle dieci edizioni successive nessun tennista azzurro è riuscito a centrare una semifinale. Eppure i nomi di Nadal e Federer restano lassù, nell’Olimpo della racchetta. «Di Federer ne nasce uno ogni non so quanto e ce lo teniamo stretto. Rafa è più giovane di me e Roger. Il ritorno dell’ultimo anno è stato incredibile. Non me lo aspettavo anche perché gioca meglio di prima. Per questo motivo per me resta l’uomo da battere in questa edizione. A Roma le condizioni sono ideali per lui, non si gioca in altura come a Madrid». Volandri ha tanta fiducia in Fognini e Seppi, chiamati a sfidare al primo turno i francesi Monfils e Pouille: «Sono delle buone occasioni questi incroci. Si ritrovano di fronte due ottimi giocatori, ma più di un pensierino sul secondo turno si può fare». Capitolo giovani. Berrettini è entrato con una wild card nel tabellone principale, Sonego invece se l’è sudata nella pre-qualificazioni riservate agli italiani. «Se Berrettini può entrare nei top 50? Fare previsioni è sempre difficile, quello che posso dire è che uno dei talenti più maturi che seguiamo con la Federazione. E’ seguito da Santopadre e poi è un grande lavoratore. Sonego è più acerbo, ma ha una grinta fuori dal comune. Sono felice che sia riuscito a vincere le pre-qualificazioni: si merita questo traguardo». Una volta mollata la racchetta, Volandri è rimasto nel mondo del tennis e ha allargato la sua famiglia perché è nata la piccola Emma. Ora lavora con la Fit e commenta le partite su Sky Sport. «Mi piace da morire questo lavoro in tv. Anche perché riesco a vedere partite con un occhio diverso. Sono già al Foro Italico e ho lasciato Milano. Non vedo l’ora di cominciare».

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Super Baldi (Corriere dello Sport)

L’Italtennis, che si presentava ieri con un battaglione nutrito di dieci elementi equamente divisi tra maschile e femminile, ha rischiato l’imbarcata nel primo giorno delle qualificazioni romane. Pericolo sventato da Filippo Baldi e da Camila Giorgi. Ha i connotati dell’impresa vera il successo di Filippo Baldi contro Marton Fucsovics, e non solo perché il milanese è l’unico dei cinque italiani a passare il primo turno di qualificazioni. Oltre 300 posizioni separano Baldi dall’ungherese, un gap annullato in tre ore e dieci minuti di battaglia durissima, chiusa con un parziale di quattro giochi consecutivi da parte dell’azzurro che trasforma il 3-5 di svantaggio nel 7-5 finale con tanto di match point annullato nel nono game. Il tutto dopo che i primi due set si erano chiusi entrambi al tie-break con l’italiano a vincere il primo e Fucsovics a pareggiare i conti nel secondo. Tra Baldi e il main draw ora c’è soltanto Garcia-Lopez. Grandi rimpianti per Salvatore Caruso che ha sfiorato l’impresa contro Francis Tiafoe. Il siciliano era, difatti, avanti di un set e un break sia nel secondo che nel terzo set prima di arrendersi. Nulla da fare anche per Thomas Fabbiano, battuto in due da Troicki, e Andrea Pellegrino e Liam Caruana, travolti rispettivamente da Zverev e Benneteau. Una vittoria italiana nelle qualificazioni femminili doveva arrivare per forza, visto il derby tra Giorgi e Chiesa, piatto forte sul Pietrangeli. Come da pronostico, la giocatrice marchigiana ha chiuso la partita con un perentorio 6-2 6-3 che sarebbe stato ancor più severo qualora Camila avesse sigillato il match quando ha servito sul 5-1 del secondo set. Cambia la forma ma non la sostanza della partita. Escono di scena le altre tre azzurre con la wild card per le qualificazioni: Trevisan, Di Sarra e Grymalska, tutte perdenti contro avversarie più forti e attrezzate.

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Panatta: «Tennis, amore e disincanto» (Margherita De Bac, Corriere della Sera)

Panatta, stiamo entrando nel vivo degli Internazionali. Lei li seguirà?

Non andrò, è una vita che non assisto a un incontro dal vivo. Che anno era? Boh, ho dimenticato.

Perché tanta ostilità?

Non sono ostile al torneo, ma all’ambiente, alle persone che lo frequentano. Si respira un’altra aria. Ho fatto fatica a varcare quei cancelli quando si è trattato di ricevere l’inutile premio in occasione dei 40 anni dalla vittoria della Coppa Davis in Cile, nel 1976.

Inutile?

Sì, è stata un’iniziativa forzata, non spontanea. Non ne avevano voglia gli organizzatori e si figuri io. Ne avrei fatto volentieri a meno. Neppure volevo partecipare. È stato il presidente del Coni, il mio amico Giovanni Malagò a convincermi. Dai Adriano, fallo per me. Sono arrivato pochi secondi prima e sono andato via subito, il tempo minimo indispensabile per la messinscena.

Come ci è rimasto quando ha visto i cartelloni che annunciano il torneo? Ci sono tutti i grandi campioni tranne lei che è il simbolo degli Internazionali e del tennis italiano.

Non replico, sono miserie che si ritorcono contro chi le ha volute. E non faccio nomi.

Si riferisce al presidente della Federtennis Angelo Binaghi?

Non faccio nomi, ripeto. Intanto il web si è scatenato, la dimenticanza, chiamiamola così, non è sfuggita.

La finale del 1976 contro Guillermo Vilas, giocata nel vecchio campo Centrale, è rimasta nel cuore degli sportivi. E nel suo?

Il mio campo centrale, quello sì lo salvo. Non è l’attuale. Avevo nove anni quando ci sono entrato la prima volta come allievo della scuola tennis. Può immaginare cosa significa per me. Non rinnego il passato. Però non voglio diventare patetico. Detesto i vecchi campioni che ricordano i tempi andati. Ho sempre preso le cose per quello che erano al momento. Non voglio personificare la parte dell’ex.

Parliamo della sua esperienza su Radio 1: con Claudio Sabelli Fioretti, detto il saggio, e Nicoletta Simeone, detta la dolce. Lei nel programma in onda dal lunedì al venerdì dalle 12.30 alle 13 è l’aitante Panatta. Scherzate su amore, sesso e sentimenti con molta ironia e divertimento. Come è nata l’idea?

È stato il saggio a propormi una trasmissione su questo tema. Andiamo a braccio, ogni puntata è un’improvvisazione. Di vero però ci sono le chat inviate dagli ascoltatori. Mi piace molto la radio, più della televisione perché è uno strumento di comunicazione diretto.

Anche quando scambiate battute lei da l’impressione di schivare l’argomento tennis più volte richiamato dai suoi colleghi, quasi non l’amasse. E’ così?

Amo il tennis, invece. E un amore mio personale. La vita però mi ha messo di fronte a delusioni in quell’ambiente e a persone poco gradevoli. Da qui il mio atteggiamento disincantato. Il disincanto è una mia caratteristica. Sabelli Fioretti prova spesso a provocarmi, ma non mi piace parlare di me, non sono un tipo autoreferenziale, non è elegante.

La diverte assistere agli incontri?

Dipende da chi è in campo. Mi piace Roger Federer perché in lui non c’è nulla di scontato. I miei gusti tennistici? Non sono di bocca buona e neppure un aristocratico. Da spettatore mi piace stupirmi, dunque due giocatori quasi uguali non mi stupiscono. Rafa Nadal mi stupisce per forza e coraggio in campo. In generale, resto ammaliato dai colpi che i campioni di oggi riescono a tirar fuori con i loro attrezzi. Noi potevamo fare ben poco con quei pezzi di legno in mano.

Su chi punta?

Nadal. Nessuno ancora sa giocare contro di lui perché corre di più, tira più forte ed è coraggioso. Lo stesso discorso valeva per Borg. Ogni tanto lo svedese perdeva, ma succedeva per caso. Poi la volta successiva ti bastonava.

Si sente un personaggio?

Non mi interessa esserlo. I giovani sanno chi sono e anche se mi scoprissi dimenticato non mi strapperei certo i capelli. Io non rimpiango nulla. E stato bellissimo. Ma la storia è finita trentacinque anni fa.

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