Tsitsipas: «Ho imparato in fretta. E la mia generazione dominerà per 15 anni» (Semeraro). Baby Borg sulle orme di papà: «Vorrei Wimbledon come lui» (La Gazzetta dello Sport)

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Tsitsipas: «Ho imparato in fretta. E la mia generazione dominerà per 15 anni» (Semeraro). Baby Borg sulle orme di papà: «Vorrei Wimbledon come lui» (La Gazzetta dello Sport)

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Tsitsipas: «Ho imparato in fretta. E la mia generazione dominerà per 15 anni» (Stefano Semeraro, La Stampa)

Un anno fa Stefanos Tsitsipas era n° 168 del mondo e, dopo aver perso in un Challenger, guardava in tv Denis Shapovalov battere Rafa Nadal all’Open del Canada. Tre giorni fa ha compiuto 20 anni, oggi è n° 15, e contro Nadal domenica ha perso proprio la finale del Masters 1000 di Toronto.

Cosa è cambiato in un anno?

La preparazione. Sono all’academy di Patrick Mouratoglou e mi segue l’ex preparatore fisico di Serena Williams. Ho un fisioterapista tutto per me, un coach Kerei Akbar che mi segue negli Slam e mio padre Apostolis che lo fa negli altri tornei. Adesso sono un giocatore diverso, molto più forte.

Il suo è un tennis molto bello da vedere, specie il rovescio a una mano: come ha fatto il salto di qualità?

In allenamento ti puoi perfezionare, ma la fiducia a un certo livello è tutto. E io ho grande fiducia nei miei colpi: il diritto, ma anche il rovescio lungolinea e incrociato, e poi il servizio: sono alto, quindi ho sempre tirato forte ma se riesco a giocarmela con i top player è perché ora servo con più continuità. E perché ho imparato a fare meno errori stupidi…

Si aspettava di entrare fra i top-20 quest’anno?

Sapevo che se avessi iniziato bene sarebbe stata una grande annata.

Che impressione le ha fatto Nadal?

Per me già l’anno scorso era stato più continuo di Federer. Può ripetersi e anche superare il record di Slam di Roger.

È vero che suo padre le ha salvato la vita?

Sì, a Creta: c’era mare grosso e non riuscivo a tornare a riva, si buttò in mare e mi salvò. Scampata quella, in campo non ho più paura di nulla.

Non teme neanche le telecamere, anzi, a Milano per le finali Next Gen l’anno scorso intervistava i suoi colleghi…

Quello l’ho preso da mia madre Julia (Julia Apolistolis Salnikova, ex n° 1 dell’Urss e figlia del nazionale di calcio sovietico Salnikov, ndr), che è giornalista e commentatrice tv.

Mai pensato di giocare per la Russia?

Il russo lo parlo bene, ma sono nato e cresciuto in Grecia, come mio padre, e sono più orgoglioso di essere greco.

E’ giunto il momento della Nuova Generazione? In molti avete origini russe…

Sì, l’Atp ha fatto un buon lavoro con noi: a nessuna leva di giovani erano state date tante opportunità. Credo che avrete a che fare con noi per i prossimi 10-15 anni. Sono molto amico di Daniil Medvedev, con lui parlo in russo, non conosco altrettanto bene Khachanov e Rublev. Con Shapovalov parliamo inglese, anche se lui sa il russo e io so che lo sa. Le nostri madri hanno giocato le stesse gare ai tempi dell’Urss.

Con Kyrgios, invece, parlerà in greco…

No, perché non se la cava bene, ma con Kokkinakis sì perché lo ha studiato a scuola. Con loro due e Baghdatis vogliamo organizzare una esibizione in Grecia nel giro di un paio di anni.

Che Slam sogna di vincere?

Wimbledon, ovvio. E poi gli Australian Open: per il calore dei fan, e perché Melbourne è piena di greci.

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Baby Borg sulle orme di papà: «Vorrei Wimbledon come lui» (La Gazzetta dello Sport)

Non è da tutti saper portare sulle spalle il peso dell’eredità di un padre come Bjorn Borg e riuscire nello sport di cui il genitore è stato eccelso (e vincente) interprete. Il figlio 15enne dello svedese di ghiaccio continua la sua scalata verso i vertici del tennis mondiale e, qualche mese dopo la firma con la Fila, il marchio che ha sempre accompagnato le imprese del padre, lo scorso fine settimana ha rivinto i campionati svedesi under 16. «In Leo crediamo molto e lavoreremo per poterlo far crescere ancora», ha dichiarato il suo allenatore Rickard Billing al quotidiano svedese Aftonbladet. L’anno scorso, il figlio dell’ex numero 1 del mondo (6 volte campione al Roland Garros e 5 a Wimbledon) aveva vinto sia in singolare che in doppio nella categoria Under 14. La somiglianza fisica c’è, come si è potuto vedere nel film «Borg-McEnroe» in cui ha recitato nel ruolo del padre, da giovane. Leo è alto e magro, capelli lunghi e biondi, occhi azzurri, e in campo esibisce fascia per i capelli e rovescio a due mani (come potrebbe essere diversamente?). Figlio della terza moglie di Borg, Patricia Ostfeldt, Leo è nato il 15 maggio 2003 e ha cominciato a giocare a 3 anni, ma a portarlo al campo non c’era papà, ma la nonna. Papà non ha voluto interferire, si è affidato a un coach, invece di insegnargli direttamente che cos’era per lui il tennis. «Gli obiettivi? I top-10 della classifica mondiale, un giorno, e, magari, Wimbledon» dichiara Leo, ora n. 576 del mondo della classifica junior, quando gli chiedono che cosa vorrebbe fare da grande. Dice Wilander: «Fisicamente assomiglia a Bjorn, ma il gioco no, è diverso». E papà, che dopo tanti anni intorno al mondo si è fermato a Värmdö, nella contea di Stoccolma, ha spiegato a Le Parisien: «Qualche volta giochiamo insieme, in estate, ma io preferisco non interferire. Ci sono quando mi chiede un consiglio, ma per lui sono un papà, non un super campione. Ama allenarsi, giocare, viaggiare. Io invece, dopo averlo fatto per tanti anni, preferisco stare a casa sul divano: sto invecchiando». Con morale finale: «In tribuna vedo genitori che parlano tutto il tempo, urlano consigli e fanno pressione sui loro figli. Ammetto che a volte mi sorprende. C’erano anche ai nostri tempi, ma non così…». Fuoriclasse, non per caso.

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