US Open: Serena Williams femminista a... "rovescio"

Interviste

US Open: Serena Williams femminista a… “rovescio”

NEW YORK – La conferenza stampa post match di Serena si conclude in modo surreale, con un’incomprensibile accusa a Carlos Ramos di discriminazione sessista

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da New York, la nostra inviata

Serena Williams in mondovisione taccia l’arbitro di essere un ladro, prende un penalty game, perde la finale dell’US Open 2018 e poche manciate di minuti dopo si presenta in conferenza stampa. L’avvio è lento e nel segno del politicamente corretto. Serena sfoggia un sorriso materno mentre racconta le ragioni per le quali ha abbracciato Naomi Osaka sul palco nel corso della premiazione: “Mi è dispiaciuto per lei perché io piangevo, lei piangeva e aveva appena vinto. Non ero sicura fossero lacrime di gioia e ho pensato che non fosse giusto perché io al mio primo Slam non mi ero sentita così. Forse è uscita la mamma che è in me.”

Ma i convenevoli finiscono quando interviene Ubaldo Scanagatta: “Patrick Mouratoglou ha ammesso di averti dato una sorta di suggerimento quando hai ricevuto un warning per “coaching”. Te n’eri accorta?”. Serena non perde la calma, sorride, appare stupita: “Io letteralmente ho saputo di queste parole di Patrick mentre entravo in sala stampa e gli ho mandato un messaggio per chiederne conto. Noi non abbiamo dei segnali predefiniti. Devo chiarirmi con lui per capire di cosa stesse parlando”.

Una collega decide però di tornare sul discorso maternità e chiede a Williams cosa racconterà di questa finale a sua figlia quando sarà grande. Serena sfodera l’orgoglio: “Tra tanti anni se mi chiederà cosa è successo agli US Open 2018 io dovrò sforzarmi per capire quale finale fosse tra le tante giocate!”. Ma il fantasma di Carlos Ramos aleggia sulla sala stampa e Serena ammette di non aver mai avuto problemi con lui prima, di averlo sempre considerato un ottimo arbitro. “Allora perché lo hai chiamato ladro quando ha solamente applicato il regolamento?” le viene chiesto. Serena prova a chiarire le proprie ragioni: “Perché mi ha tolto un punto dicendo che stavo barando quando non era vero. Dopo il primo warning ho avuto una bella conversazione con lui spiegandogli che io non sono abituata a barare, che avevo guardato il mio box, ma nessuno mi aveva dato alcun suggerimento. Mi sembrava avesse capito. Gli ho detto che preferirei perdere piuttosto che barare”.

Un collega fa la domanda che si aspettava fin dall’inizio: “Pensi che abbia cambiato le sorti dell’incontro?”. Serena sorride amaramente: “È  una domanda difficile. Naomi stava giocando molto bene. È difficile da dire perché io lotto sempre fino alla fine, non so se sarei riuscita ad alzare il mio livello come mi è successo altre volte”. Per un attimo si parla di colei che merita solamente applausi per come ha affrontato il torneo e la finale, Naomi Osaka. “Sentivo che stava giocando in modo molto, molto solido. Sentivo che stava giocando benissimo. Era concentrata. Ogni volta che io avevo una palla break, lei piazzava un ace. Onestamente c’è molto che devo imparare da lei e da come ha affrontato questa partita”.

Fin qui tutto bene. L’ultima domanda però fa cadere Serena nella banalità e nell’ipocrisia. “Se potessi tornare indietro nel tempo cambieresti qualcosa di ciò che è accaduto sul campo?” Williams risponde letteralmente: “Non so. Non si può tornare indietro nel tempo. Non posso dire che non avrei voluto dargli del ladro, perché mi ha portato via un game. Io ho visto uomini dire molte cose agli arbitri. Io combatto per i diritti delle donne e per la parità. Il fatto che mi abbia portato via un game perché gli ho dato del ladro mi è sembrato un affronto sessista. Non avrebbe mai dato un penalty game a un uomo. Mi ha fatto perdere la testa. Ma io continuerò a lottare per i diritti delle donne. Cornet doveva poter cambiare la maglia senza problemi (USTA in quel caso diede ragione alla giocatrice francese, ndr). Ho sentito che dovevo essere un esempio per la prossima donna forte che verrà. Forse non ho fatto del bene a me stessa ma l’ho fatto per le donne che verranno dopo”.

Dette questo Serena si è alzata ed è uscita dalla stanza, tra qualche sparuto applauso. Simone de Beauvoir sarebbe inorridita davanti a tali parole. Non c’è nulla di più discriminante che auto discriminarsi per giustificare un comportamento sbagliato. Certo insultare, davanti a tutto il mondo, un arbitro che applica il regolamento e giustificarsi, poi, dicendo di averlo fatto per la parità di diritti tra uomo e donna è un insulto alle lotte femministe. Lo scorso anno Fognini insultò l’arbitro (donna) e venne, giustamente, espulso dal torneo. Le regole vanno rispettate e non rispettarle implica una pena, indipendentemente da etnia, sesso, estrazione sociale. La lotta per la parità deve essere combattuta su fronti reali perché sia efficace, usarla come scusa per giustificarsi equivale a sminuire il lavoro di chi, davvero, ha pagato con la propria vita il prezzo di tale lotta.

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